Da semplice appassionato di automobilismo, e poi quando l'ho seguito da professionista, ho vissuto, moltiplicate per cento queste sensazioni ogni volta che un incidente mortale avveniva in corsa. In un'epoca dove non si correva a Istambul o a Sepang dove vie di fuga kilometriche e spazi ampissimi impediscono praticamente di andare a sbattere. Ma a Spa-Francorchamps, il vecchio circuito stradale con case, muretti, filo spinato, ponticelli e file infinite di alberi lungo strada, o al Nurburgring o a Reims o al Montjuich di Barcelona.
Dove se uscivi non potevi non farti male. In anni in cui dei 25 che partivano a inizio stagione, a Dicembre ne arrivavano la metà.
Ecco, e ogni volta ogni volta, immancabili i soloni, i moralizzatori, le articolesse urlate contro questo sport crudele, lo spettacolo della morte e via cinciando. A Enzo Ferrari lo chiamarono "Il moderno Saturno che divora i suoi figli"...
Alla stessa stregua dei pezzi scritti oggi per questo povero ragazzo belga. Che faceva, alla fine, come tutti quelli a cui ho fatto cenno, da Achille Varzi a Villeneuve, da Ascari a Ayrton Senna, da Casartelli a Saarinen e Pasolini, quello che più amava al mondo.