Storia del tifo del roma

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Offline bak

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20168
Storia del tifo del roma
« il: 22 Dic 2016, 09:12 »
Andrea Vitone, 15 anni, è un tifoso del ****. Quella domenica del 21 marzo 1982 segue la squadra in trasferta a Bologna, insieme al fratello più grande Giuseppe, ultras militante della curva Sud. La tragedia avviene durante il viaggio di ritorno: verso le 22 circa, il treno che riporta a casa i tifosi giallorossi prende improvvisamente fuoco. Il corpo senza vita di Andrea, morto per ingestione di ossido di carbonio, viene ritrovato dai vigili del fuoco. La vicenda si tingerà poi di giallo: quattro ultras romatristi vengono iscritti nel registro degli indagati, accusati di aver causato l'incendio, due di loro scompariranno nel nulla, uccisi, secondo una sorta di leggenda metropolitana, dalla furia vendicativa del fratello di Andrea.

Questo non vuole essere un post di dileggio ma solo un excursus sulle tristi vicende della tifoseria reumanista.


Offline bak

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20168
Re:Storia del tifo del roma
« Risposta #1 il: 22 Dic 2016, 09:15 »
Nel 1986 ancora un incendio, ancora una carrozza di un treno che diventa una bara per Paolo Saroli, 17 anni, romanista. Di ritorno dalla trasferta di Pisa, le fiamme avvolgono i vagoni, il ragazzo muore carbonizzato. A lanciare il fumogeno incriminato Paolo Zappavigna*, storico capo ultras della curva della Roma: imputato per incendio doloso e omicidio doloso, vedrà il processo contro di lui annullato per un vizio di forma. Morirà nel 2005, in un incidente stradale.

* al suo funerale, nella chiesa di Casalbertone, il mio quartiere, parteciparono anche molti ultras laziali.

Offline bak

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20168
Re:Storia del tifo del roma
« Risposta #2 il: 22 Dic 2016, 09:18 »
Ciro Esposito, l'agguato fu azione premeditata

«De Santis aveva elaborato un piano preordinato che prevedeva la provocazione contro un pullman di tifosi napoletani inermi». Lo scrivono i giudici della corte d'assise di Roma che il 24 maggio scorso hanno condannato a 26 anni di reclusione Daniele De Santis per l'omicidio del tifoso del Napoli Ciro Esposito, avvenuto in occasione della finale di coppa Italia tra la squadra partenopea e la Fiorentina, il 3 maggio 2014.
I giudici, sempre nelle motivazioni della sentenza, ricordano la testimonianza del cugino di Ciro, Domenico Pinto, che ha spiegato in udienza come «ad un certo punto, prima ancora di scappare, il De Santis si rivolge ai tifosi napoletani, cioè a Ciro Esposito, incitandoli a raggiungerlo, evidentemente per realizzare il piano già predisposto che, nel progetto folle, doveva concludersi con il pestaggio dei tifosi napoletani che erano corsi ad inseguirlo dentro il vialetto, là dove sarebbe stato spalleggiato da almeno sei individui non identificati che ovviamente, alla vista della moltitudine dei tifosi napoletani accorrenti, non hanno potuto fare altro che scappare».
Sulla dinamica dei fatti lo stesso Pinto ha aggiunto: «Appena De Santis è entrato nella stradina, dopo qualche metro, Ciro Esposito lo ha raggiunto, c'è stata una brevissima colluttazione, forse Ciro è riuscito a dargli uno schiaffo, forse un pugno, comunque c'è  stata una brevissima colluttazione e, subito dopo, De Santis ha estratto la pistola e ha sparato». De Santis, «secondo la dinamica dei fatti ritenuta dalla Corte preordina, in concorso con altri soggetti, un vero e proprio agguato e non solo si premunisce di bombe carta, ma anche di una pistola che porta appresso carica e con il colpo in canna, perchè lo sviluppo e la progressione dell’agguato progettato è tale per cui egli prevede che possa determinarsi una situazione per cui debba sparare», si legge nelle motivazioni.
I giudici hanno ricostruito quei momenti. Tutto ha inizio con il lancio di bombe carta contro il pullman dei tifosi giunti da Napoli. Poi il romanista, di fede neofascista, «cerca di attrarli nell’agguato, percorre alla velocità che gli è consentita dalla sua mole un tratto della stradina, i suoi spalleggiatori cominciano il lancio di bombe carta ed altri oggetti ma, resisi conto che i tifosi del Napoli, inizialmente nascosti alla loro vista dal pullman, si stavano riversando in numero soverchiante e minacciosi in direzione della stradina, si defilano. A quel punto De Santis, raggiunto da Ciro Esposito e dagli altri, rimane solo, estrae la pistola e spara quattro colpi ad altezza d’uomo e smette di sparare soltanto quando questa ha esaurito i colpi nel caricatore. Quando spara ha di fronte a sè un gruppo di inseguitori, che gli sono addosso».
Secondo la tesi dall'accusa, accolta dalla corte, erano «almeno sei gli individui non identificati» che avrebbero dovuto spalleggiare Daniele De Santis nel pestaggio dei tifosi napoletani. Per i giudici, i «soggetti nascosti alla vista dei tifosi partenopei erano con ragionevole certezza ultras romanisti, convocati (da De Santis) per organizzare un vero e proprio agguato contro l’invisa tifoseria partenopea, agguato cessato immediatamente quando, al termine della sparatoria, i tifosi napoletani accorrevano in numero soverchiante». La notte precedente agli scontri e all'omicidio, De Santis aveva «assunto abbondantemente cocaina, è fatto notorio che detto narcotico produce nell’assuntore un senso di onnipotenza associato a una correlativa incapacità critica di razionale valutazione di fatti, azioni e circostanze. Entrambi questi fattori hanno, con tutta evidenza, indotto l’imputato nella sua azione di prevaricazione a sottovalutare il grave pericolo, scaturente dalla reazione voluta e sollecitata dei napoletani presenti in numero esorbitante in viale Tor di Quinto e a sopravvalutare la sua scellerata scelta di operare la provocazione con una pistola n tasca e con il colpo in canna».
«Una sentenza esemplare, che conferma, come da sempre da noi denunciato ed emerso dalle indagini difensive, essersi trattato di un agguato premeditato. Nulla potrà restituire Ciro alla sua famiglia o risarcire quanto accaduto ma giuridicamente quella della corte d’Assise di Roma su Daniele De Santis è una condanna equilibrata che si deve non solo alla stessa famiglia di Ciro, anche per il grande esempio di valori e civiltà dato da Scampia e Napoli a tutti, ma a quel mondo ancora sano del calcio italiano non inquinato da violenze e speculazioni». È il commento degli avvocati della famiglia Esposito, Angelo e Sergio Pisani.
Re:Storia del tifo del roma
« Risposta #3 il: 29 Dic 2016, 14:37 »
funerale, nella chiesa di Casalbertone, il mio quartiere, parteciparono anche molti ultras laziali.

Strano... Chissà perché  :S
 

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