Ciao!..ho letto la tua domanda, io sono un Avvocato, ma mi occupo esclusivamente di diritto penale. Ad ogni modo, ti rispondo per le mie conoscenze.
Se la casa è in comunione a seguito di eredità, la divisione può essere raggiunta mediante un accordo privato tra i coeredi (che mi sembra non esserci nel caso proposto), oppure, se non c’è accordo, ricorrendo al Giudice (dal marzo 2011 anche questa materia é sottoposta a mediazione obbligatoria - ovvero l'ultimo tentativo per ricomporre la questione - con aggravio di spese).
Poiché ciascun coerede ha diritto a uscire dalla comproprietà della casa, se gli altri eredi non vogliono acquistare la sua quota, né vogliono vendere l’immobile, allora egli può rivolgersi al Tribunale, dopo aver esperito la mediazione. Qualsiasi coerede, anche uno soltanto, se è maggiorenne, può domandare in ogni tempo lo scioglimento della comunione (non c’è prescrizione). Una volta instaurato il giudizio divisorio tutti i coeredi devono prendervi parte.
Ovviamente, per uscire dalla comproprietà della casa, l'ideale sarebbe trovare un accordo con gli altri comproprietari evitando le spese di mediazione e giudizio, magari con un contratto firmato davanti al notaio, in forza del quale si attribuiscono reciprocamente una porzione di beni che compongono l’asse ereditario dal valore proporzionale alle rispettive quote (apporzionamento).
Se ciò non é possibile, si possono verificare due ipotesi: o il singolo coerede vuole dividere la comproprietà sulla casa per venderla e intascare il ricavato della propria quota e gli altri non lo vogliono ed in tal caso si parla di divisione giudiziale ordinaria (che é proponibile da ciascun coerede, anche singolarmente); oppure tutti i coeredi concordano sul dividere la comproprietà ma non si accordano sulle quote: in tal caso si parla di divisione a domanda congiunta (è un procedimento alternativo e semplificato rispetto al primo e consente di passare direttamente alla formazione dei lotti destinati a essere assegnati, in proprietà esclusiva, a ciascun coerede).
In entrambi i casi, il giudice dirige le operazioni di divisione della casa, che possono essere anche delegate a un notaio, a un avvocato o a un commercialista - i quali si impegnano a predisporre un progetto di divisione per arrivare a una definizione pacifica del giudizio. Generalmente ogni coerede può chiedere la sua parte in denaro dei beni mobili e immobili dell’eredità. Se invece l’immobile non può essere diviso in natura e le parti non si accordano, il giudice o il professionista delegato ne dispongono la vendita all’asta stabilendo le relative condizioni. Infine, a norma dell'art. 732 c.c., il coerede, che vuol alienare a un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione. Questo diritto deve essere esercitato nel termine di due mesi dall'ultima delle notificazioni. In mancanza della notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall'acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria [1501 ss. c.c.].
In caso di vendita all'asta, che presuppone l'assenza di accordi, nessuna prelazione.
Spero di esserti stato d'aiuto!!
Un abbraccio e forza Lazio!