Nel calcio conta infinitamente più il gruppo della qualità dei singoli che lo compongono.
Sono d'accordo. Il gruppo però deve essere sano. Diamo per scontato che quello della Lazio lo sia, io ho dei dubbi.
Prendo spunto dal tuo intervento per scrivere una riflessione che ho dentro da un po' e non è rivolta a te nello specifico ma a chi ha voglia di leggere o eventualmente al dimenticatoio.
Mi riferisco al gruppo della Lazio degli ultimi anni.
Un gruppo che funziona è un gruppo che accoglie, per essere più forte. Un gruppo che se un anno fa un buon lavoro, il successivo lo vuole fare meglio, e non pensa ai risultati acquisiti, vedi il posto da titolare.
Ho sentito dire che alcuni dei nostri giocatori è meglio non abbiano concorrenza, perché in quel caso avrebbero un rendimento peggiore. Potrebbe essere vero, dipende dal carattere delle persone, comunque nulla impedisce all'allenatore e allo staff o a chiunque lavori per la società di aiutare il giocatore in questione ad affrontare le sue fragilità e, perché no, magari a farlo diventare un giocatore migliore.
Esempio: Immobile. Sarebbe stato un rischio comprare un attaccante forte, ma la vita
è un rischio.
Poi qui neanche parliamo della vita ma di un gioco.
I giocatori della Lazio l'anno scorso si sono impegnati tantissimo. E dire che l'anno ancora precedente non sono mai riusciti a essere una squadra di pallone, in campo ognuno pensava a sé. Più o meno erano gli stessi. Sì, c'era Candreva, ma mi sembra poco serio imputare a una persona sola una stagione indecente. Lo stesso Candreva che la stagione prima aveva dato molto alla squadra, così come gli altri compagni.
Dove voglio arrivare: a dire che forse per interrompere la sequenza anno buono-anno cattivo, la priorità non è liberarsi dei giocatori più problematici, ma creare nel gruppo le motivazioni per fare meglio, tanto più se escludendo i Keita o i Candreva o Zarate togliamo anche giocatori di qualità.
Anzi io imputerei le annate negative più ai bravi ragazzi che ai rompiscatole (e non c'è dubbio che i tre citati lo siano). Non so cosa succeda in allenamento, ma ho visto gli effetti sul campo. Un gruppo solido, che funziona, non si lascia condizionare dal cretinotto di turno. A volte è necessario mandarlo via, ma più spesso è indice di debolezza.
Io, che non sono nessuno, quando gioco tra amici sono disposto a correre di più o a fare un lavoro sporco e poco appariscente perché so che chi corre di meno magari ha delle qualità che io non ho, il tiro in porta, la giocata. Non siamo tutti uguali. Chi è nato per fare il mediano lo faccia e stia zitto. Un mediano invidioso della primadonna non può giocare a pallone. Il gruppo della Lazio dov'era la seconda stagione di Pioli o di Petkovic?
Tornando a Keita, va bene mandarlo via se non c'è più niente da fare. La tempistica non mi convince, e pazienza. Però poi andato via lo scemo si rilanci (dando per buono che ce lo possiamo permettere): sarebbe opportuno prendere un paio di buoni giocatori e intendo potenziali titolari, per dare qualche stimolo alla squadra, un po' di freschezza, di slancio vitale.