L'indipendenza della Catalogna

0 Utenti e 14 Visitatori stanno visualizzando questo topic.

Offline FatDanny

*****
36757
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #240 il: 09 Ott 2017, 14:31 »
Ma io non dico affatto che indipendenza = sinistra.
Quella dell'indipendenza è un'istanza che ha dato via ad un processo sociale compiuto e al più grande movimento europeo dopo berlino '89, cosa che di per sé è contraddittoria, mutevole, molteplice.
Detto questo se la sinistra non è in grado di aprire una dialettica con situazioni come questa - dialettica, non spalmarsi o dare ragione incondizionata, dialettica - io non so a che cazzo serve la sinistra.
Anzi, dico proprio che non serve a niente, meglio che sparisca.
Perché il rischio è che diventi un costante "vorrei ma non posso".
Vorrei fare scelte radicali, ma non posso.
Vorrei governare bene, ma non posso.
Vorrei cambiare le cose, ma non posso.
Ma non è che più che altro non vuole?
Questa sinistra capace solo a spiegare perché non può non serve a nulla ed è bene che scelga il suicidio politico quanto prima.

Fat, se però ci vuoi solo dimostrare che i fasci spagnoli sono favorevoli all'unità di Spagna, te rispondo con un sonoro graziarcazzo.com, eh.

No, non voglio dimostrare questo.
Voglio dimostrare che le due manifestazioni unioniste sono state strutturalmente di destra, perché se così fosse chi ha urlato al "leghismo" vedendo le immagini di barcellona e oggi fa il pesce in barile palesa la stella polare che guida il suo ragionamento.

Non c'era uno spezzone progressista visibile a Madrid al fianco di questi ben visibili.
Non c'erano parole d'ordine progressiste, di alcun tipo a differenza delle piazze catalane, se non un vuoto "pace" senza ovviamente indicare alcuna direzione (perché in realtà l'unica strada riconosciuta è quella governativa).
Tanto da essere attraversate ampiamente da pulsioni franchiste e da organizzazioni neofasciste.
Un po' come quando sfilano le destre in italia o il family day.
La composizione era quella, non è che i gruppi neofascisti stanno lì casualmente, ma ce stanno come un pesce in un acquario de 5mila litri. Stavano al posto loro, esattamente come stanno nei cortei della destra nostrana.
E ciò è dimostrabile non solo dalle foto, ma dagli appelli di convocazione, dai soggetti aderenti, dai blocchi sociali mobilitati nonché dalle parole d'ordine.
Direi diversi elementi.

Curioso quindi fare i pesci in barile quando con facilità estrema si è parlato dei catalani come di leghisti senza prendersi la briga minima di un'analisi politica o sociale sulla composizione delle loro piazze.
Senza contare che il campanello d'allarme antifascista in Italia sembra funzionare solo se c'è grillo di mezzo, mentre in altri casi pare non ci sia nulla di cui stupirsi.

Quindi quel che ne desumo io è una pregiudiziale discorsiva sulle vicende catalane, da cui poi deriva una lettura basata su pure impressioni, che prima ancora di parlare di Catalogna ha la necessità di preservare il paradigma politico 1) dell'Unione Europea come superamento progressista dello stato nazione e 2) lo stato nazione come migliore istituzione di rappresentanza degli interessi generali.

Su che basi lo dico?

1)Da chi ha criticato il processo catalano, cosa più che rispettabile di per sé, non è arrivato UN dato statistico, UN'analisi politico-sociale che tentasse di fare il quadro della situazione, UN riscontro fattuale come mi sembra si faccia di solito quando i dati si hanno (il che mi fa pensare che non si hanno).
No. l'indipendentismo è stato definito "leghista", "fascista", "particolarista", "ridicolo", "pagliacciata" sulla base di pure impressioni. Della serie "boh, cioè, io aaa vedo così".

2) Io mica dico "la manifestazione di madrid è di destra perché, boh, io la vedo così" o
"er movimento catalano è de sinistra, è così, fidate der danny"
Dico: vediamo le foto, vediamo gli appelli, vediamo chi ha partecipato in forma organizzata, vediamo gli slogan. Vediamo i blocchi sociali mobilitati, vediamo i posizionamenti, vediamo le parole d'ordine.
E' un approccio ideologico? intollerante? Voglio aver per forza ragione solo perché sottolineo alcuni dati di realtà e vorrei che si commentassero senza fare gli gnorri?
 
A me pare semplicemente che quando si va su alcuni dati di realtà chi viene smentito si innervosisce.
Né più, né meno. Ma mica si innervosisce pe madrid. Si innervosice per l'assenza di argomenti che lo costringe a fare un discorso di principio. Non ancorato a fatti, ma a schemi (Ue meglio degli stati nazione, stati nazioni meglio delle regioni. Ora l'Ue non è perfetta, ma è comunque un progresso rispetto all'alternativa).

3) si continua a girare attorno alla questione, non proprio irrilevante, che tutta la sinistra spagnola si pone in questa vicenda da una parte. TUTTA, mica solo le sinistre indipendentiste che potrei capì, so' interessate.
O sai, dicessimo, che ne so, Podemos è schierata in un modo, IU in un altro, c'è dibattito, lo potrei capì.
Ma se sul "diritto a decidere" e sul processo la sinistra spagnola è d'accordo e lo sostiene (anche se magari contraria sull'indipendenza in sé) diamine, ma ce la vogliamo porre una straccio di domanda in merito oppure anche questa è una notizia da graziearcazzo.com?
No perché potrebbe essere pure, che in Italia la gente di sinistra in larga parte non è di sinistra perché l'ha confusa con lo statalismo non sarebbe manco una novità.


Offline FatDanny

*****
36757
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #241 il: 10 Ott 2017, 07:59 »
Qualche Video  e info della manifestazione di sabato a barcellona che nessuno ha fatto vedere, diciamo una galleria un attimo più completa di quella di Thorin  ;)


https://www.facebook.com/Jilirio/videos/10155223396529164/

https://www.facebook.com/Jilirio/videos/10155223248234164/

https://www.facebook.com/Jilirio/videos/10155218878299164/

https://www.facebook.com/Jilirio/videos/10155207433119164/

https://www.facebook.com/Jilirio/videos/10155207433729164/



Questo il cartello di forze che ha organizzato il corteo con PP e Ciudadanos:




Questi i profili twitter e come hanno invitato al corteo:




Queste le prime ripercussioni in altre città:

Valencia:
http://www.eldiario.es/cv/Cargas-policiales-agresiones-Valencia-manifestantes_0_695381257.html

Palma de Mallorca:
https://www.facebook.com/Jilirio/videos/10155218836834164/



Davanti ai cortei pacifici dei catalani si è mobilitata la violenta reazione degli unionisti franchisti.
Ovviamente la guardia civil interviene solo per impedire alla gente di votare, non per impedire ai fascisti di pestare.

Questa è la realtà. Ognuno pensi ciò che vuole e prenda posizione come vuole.
Oggi, da quello che mi dicono i miei contatti, verrà proclamata l'indipendenza, in una qualche forma.
I CDR si sono espressi a favore di questa soluzione perché una rottura era già prevedibile dato il percorso referendario.
E' in queste fasi che si riconoscono gli schieramenti (un po' come la prima guerra mondiale e la spaccatura nell'internazionale), gli alleati e gli avversari.
Ed esattamente come allora chi sta con la guerra può fare tutti i discorsi che vuole sul socialismo e la sinistra, ma si pone sul campo della controparte sul piano materiale.
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #242 il: 10 Ott 2017, 08:47 »
...
Ma a me lo stato da da mangiare forse più di quanto la ue faccia lavorare voi, ma non ci penserei mezzo istante a farlo implodere.
...

OT
Sono due cose diverse, Danny: uno stato clientelare che "da da mangiare" ai privilegiati che riescono ad entrarvi (e voglio credere che tu sia entrato per merito fortuna e non per "privilegio", leggasi raccomandazione, giochini vari, etc...) non può vantare, almeno ai miei occhi, alcun credito per "meritarsi" il confronto con una UE che invece, tra mille imperfezioni, consente comunque a milioni di persone di competere sul mercato del lavoro dando, a chi cerca lavoro, non dico tanto, ma quel minimo di garanzie di neutralità che il nostro Paese ha del tutto dimenticato possano esistere.
EOT

Detto questo, sulla questione catalana, mi sono letto tutte o quasi le pubblicazioni che hai postato, ed in effetti inizio a capire il motivo della tua posizione. Poi diciamocelo, non è che il governo spagnolo abbia gestito le sue "ragioni" in modo esemplare, eh...
Ma resto preoccupato che una separazione della Catalogna coincida con un indebolimento della UE, ed in un frangente geopolitico come quello attuale, con Putin e Trump, e con un Brexit questo si originato da posizioni totalmente populiste, la cosa non mi fa dormire affatto sogni tranquilli: la UE ha rappreentato per tutti pace e sviluppo economico.

A molta gente questa cosa non è mai piaciuta: a destra come a sinistra, non piace il fatto che io mi senta più in comunione con un islandese o una ungherese con i quali condivido lavoro duro, stress e risate di cuore, invece che con il mio ex vicino di casa che, con diplomino comprato al tottificio e per privilegi, guadagna 12mila euro al mese portando un bicchier d'acqua ai senatori, tra una pagina della Gazzetta dello Sport e l'altra.

Offline FatDanny

*****
36757
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #243 il: 11 Ott 2017, 21:46 »
La UE consente a milioni di lavoratori di competere?
Ma sai quanti miliardi di euro la ue ha tolto ai lavoratori redistribuendoli sui profitti? Hai la minima idea di quanti miliardi si tratta?

Ora leggete questi due articoli se vi va (presi da repubblica, non da marx21) e poi tornatemi a dire che ho una visione ideologica e non semplicemente realistica della ue.
Il problema è che milioni di progressisti europei dopo essersi illusi per 20 anni su questa unione non riescono in alcun modo ad ammettere di essersi sbagliati, di aver abboccato con tutte le scarpe ad un trick dei capitali mascherato da comunione dei popoli e oggi senza via d'uscita.

http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-dominio-franco-tedesco-e-la-morte-della-democrazia-in-europa/

www.repubblica.it/economia/finanza/2017/10/11/news/la_bce_fa_il_pieno_con_la_crisi_greca_7_8_mld_di_profitti_sui_titoli_ellenici-177981011

Offline FatDanny

*****
36757
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #244 il: 12 Ott 2017, 14:46 »
https://left.it/2017/09/29/un-battitore-libero-si-aggira-per-leuropa/

Altra lettura evidentemente ideologiKa, che per puro caso è perfettamente coerente con i due articoli postati ieri sera. Ma il problema è senza dubbio il leghismo catalano, non la tirannia UE.
Complimenti a Left per l'ottima recensione:

Un battitore libero si aggira per l’Europa

La sera del 15 aprile 2015 il ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis ha un incontro riservato con Lawrence Summers. Nella penombra del bar di un albergo di Washington, davanti a un bicchiere di whisky, l’ex consigliere economico di Obama pone a Varoufakis la seguente alternativa: deve decidere se essere un insider, oppure un outsider. Se sceglie la prima strada, oltre all’accesso alle informazioni rilevanti ha la possibilità di partecipare a importanti decisioni sulle sorti dei popoli. Deve però rispettare una regola fondamentale: non ribellarsi agli altri insider, né denunciare agli outsider quello che gli insider dicono e fanno. Se invece sceglie di essere un outsider, mantiene la libertà di esprimere le proprie opinioni, ma paga questa libertà con l’essere ignorato dagli insider, dunque con l’irrilevanza delle sue posizioni. L’apertura del libro di Varoufakis Adults in the Room, è illuminante. Quello che molti intuiscono, fin dalle prime pagine del volume è raccontato con precisione: il meccanismo di costruzione del potere è costituito da reti e canali d’informazione all’interno dei quali politici ed economisti, ma anche opinionisti e mezzi di comunicazione, sono costretti a coprire la verità, oppure, se scelgono di dirla, pagano questa scelta con l’esclusione dai circuiti informativi e dal potere. L’opacità e la copertura delle informazioni rilevanti, o più semplicemente l’attitudine alla menzogna, sono in sostanza la naturale condizione di ogni insider. Illuminante è però tutto il libro di Varoufakis, il quale nell’occasione risponde a Summers di essere per carattere un outsider, ma che è disposto a comportarsi come un insider se questo può servire ad aiutare il proprio Paese; poi Varoufakis, nell’impossibilità di cambiare il corso degli eventi, racconta nel dettaglio, da outsider, tutto quello che ha visto e sentito nei mesi in cui ha avuto la possibilità di vivere tra gli insider. Unico nel suo genere, il volume ci consente pertanto di comprendere i meccanismi del potere nell’Europa di oggi e il ruolo dei vincoli monetari nel condizionare la sovranità dei Paesi. La lettura del volume è imprescindibile per chiunque voglia seriamente affrontare il tema della democrazia nell’ambito dell’attuale costituzione europea. La prima menzogna che gli insider sono costretti a raccontare, e i media acriticamente a riprendere, riguarda la questione del debito della Grecia e la necessità delle politiche di austerità per ripagarlo.

Nel suo primo incontro con Christine Lagarde, direttrice del Fondo monetario internazionale, Varoufakis spiega che, se è vero che una famiglia indebitata, per restituire un debito, deve ridurre i consumi, la stessa logica non si applica ai governi; la spesa statale, infatti, sostiene l’economia ed è fonte di reddito per i cittadini, perciò le politiche di austerità, indebolendo il sistema economico, riducono le entrate dello Stato e rendono più difficile al governo onorare i propri debiti. La risposta della Lagarde è sconcertante: «Hai ovviamente ragione, Yanis, gli obiettivi su cui i creditori insistono non possono essere raggiunti. Ma devi capire che abbiamo investito troppo in questo programma (di austerità), e dunque non possiamo tornare indietro. La tua credibilità dipende dall’accettare di lavorare all’interno del programma». Il capo del Fondo monetario internazionale dice dunque al ministro delle finanze che le politiche imposte al suo Paese non possono funzionare, ma che non c’è modo di fare altrimenti: la sua “credibilità” – come insider appunto – consiste nel continuare a imporre inutili sofferenze alla popolazione. La ragione è presto detta. Abbiamo a suo tempo ricostruito anche noi su Left il meccanismo del cosiddetto salvataggio della Grecia (“Controstoria delle crisi greca”, Left n.10, 21 marzo 2015), salvataggio che in realtà, lungi dall’aver aiutato il popolo greco, si è risolto in una colossale truffa ai danni di tutti gli europei. Il debito greco nei confronti delle banche (principalmente francesi e tedesche), infatti, è stato trasferito agli Stati, anche a quelli più poveri della stessa Grecia, cosicché un default della Grecia, oggi, rischia di essere destabilizzante per l’intero continente. Scorre dunque nelle pagine del volume il film di una classe dirigente europea intrappolata nelle proprie menzogne e nei doppi giochi: da una parte la realtà di un Paese, la Grecia, che non può uscire dalla sua crisi senza l’abbandono delle politiche seguite finora, dall’altra un messaggio ripetuto all’infinito per il quale, per la Grecia come per gli altri Paesi indebitati, l’austerità e l’adesione ai dogmi del neoliberismo sarebbero l’unica soluzione. Scorrono anche le miserie umane e le doppiezze, in ossequio appunto alla loro posizione di insider, dei vari leader della sinistra socialista e socialdemocratica.

Varoufakis racconta del suo incontro con Michel Sapin, ministro delle finanze del governo Hollande, che in una conversazione privata esprime pieno sostegno alle sue richieste – ristrutturazione del debito, politiche fiscali compatibili con le condizioni del Paese, riforme che colpiscano gli oligarchi, rispetto della sovranità del Paese e dell’esito elettorale – e pochi minuti dopo, in una conferenza stampa pubblica, con durezza richiama il ministro greco al rispetto delle politiche di austerità. «Devi capirlo Yanis, la Francia non è più quella di una volta» gli ricorda Sapin al termine della conferenza stampa: non è più quella di una volta da quando Hollande, eletto nel 2012 con un programma contrario all’austerità, fu informato dal governatore della propria Banca centrale che era impensabile contrastare Berlino perché senza il sostegno della Banca centrale europea, dunque della Germania, il sistema bancario francese sarebbe andato in frantumi. Pertanto, se anche la Francia fu costretta a cedere, cosa potrebbe fare la piccola Grecia? Un’analoga doppiezza Varoufakis la sperimenta tra i tanti con Sigmar Gabriel, Ministro dell’economia tedesco della Spd, e con Pierre Moscovici, presidente della Commissione Europea, umiliato dall’arroganza di Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, vero luogo dove si prendono le principali decisioni sulle sorti dei popoli europei ma che, come si scopre nel volume, è privo di qualsiasi statuto legale. L’asse tra l’olandese Dijsselbloem, il potente ministro delle finanze tedesco Shäuble, e la Merkel, è troppo saldo perché Varoufakis e il governo greco possano aver successo nell’opporsi alla devastazione del Paese.

Il volume di memorie di Varoufakis ci consente anche di seguire tutte le fasi di quella vera e propria guerra mediatica ed economica attivata per piegare il governo greco alle politiche di austerità. In conformità al mandato ricevuto dagli elettori il 25 gennaio 2015, il governo greco cerca di uscire dalla logica dei cosiddetti “salvataggi”: chiede pertanto una ristrutturazione del proprio debito, l’abbandono delle politiche di austerità, il recupero della sovranità fiscale per colpire gli oligarchi e l’evasione (il ministro delle finanze è privo di controllo sui suoi uffici fiscali, affidati invece ai creditori), il varo d’iniziative per far fronte all’emergenza umanitaria del paese. All’interno del governo, Varoufakis sostiene fermamente che la Grecia non debba abbandonare la moneta unica, ma ritiene anche che sarebbe inutile entrare in una trattativa con le più potenti istituzioni del mondo senza un piano da attivare nell’eventualità che non si giunga ad un compromesso onorevole. Egli pensa quindi che il governo debba dotarsi di alcuni deterrenti da far valere nella trattativa: la minaccia di default sui titoli di stato detenuti dalla BCE, la predisposizione di una moneta fiscale, una proposta di legge che riporti la Banca centrale sotto il controllo del governo. Questi deterrenti, se usati con accortezza, a suo avviso possono servire per indicare che il governo greco, pur non volendolo, piuttosto che abdicare alla propria sovranità è disposto a uscire dalla moneta unica, innescando una crisi di enormi proporzioni negli assetti dell’Europa.

Sul piano economico i margini per un accordo erano ampi. Vi è sempre, infatti, un interesse comune tra i creditori e i debitori affinché i debiti impossibili da esigere siano cancellati (o formulati diversamente), lasciando quelli che il debitore può realisticamente onorare riprendendo a produrre. Le proposte tecniche di Varoufakis trovavano pertanto apprezzamento in una parte del mondo finanziario e dell’Amministrazione americana, come anche in think-tank liberisti quali l’Adam Smith Institute che, ricorda con ironia l’autore del volume, rappresentava tutto quello che egli aveva combattuto nella sua vita accademica. Sul piano politico, invece, un successo del nuovo governo greco costituiva un incubo per le istituzioni europee: altri popoli e altri governi sarebbero stati indotti a perseguire quella stessa strada, rendendo non più praticabili in Europa le politiche di austerità. Nell’opinione del potente ministro tedesco Shauble, inoltre, se ciascuno dei diciannove paesi della moneta unica avesse il diritto di rivedere gli accordi ogni volta che elegge un nuovo governo, l’Europa diventerebbe ingovernabile. Dunque o austerità o democrazia, dunque ogni arma fu impiegata per piegare il paese.

L’arma principale fu la vera e propria azione eversiva esercitata dalla Banca Centrale Europea di Mario Draghi, che, riducendo la liquidità alle banche greche, le costrinse alla chiusura. I dettagli e i tempi della manovra sono illustrati nel volume. Non solo, ma Draghi si rifiuta anche di versare al governo greco 1,9 miliardi di profitti ottenuti su operazioni di compravendita compiute dalla BCE. Le ripetute richieste di Varoufakis che la BCE rispetti i suoi obblighi, consentendo alla Grecia di saldare a sua volta una rata del proprio debito verso il FMI per un importo analogo, cadono regolarmente nel vuoto.

Accanto al ricatto economico e al blocco delle trattative, Varoufakis subisce anche un pesante linciaggio mediatico: inconcludente, dilettante, narcisista, privo d’idee e di proposte concrete, i mezzi di comunicazione travisano e alterano i fatti, rendendo invece acritici omaggi alla concretezza, al realismo e alla buona volontà dei negoziatori europei. Nel volume troviamo invece un resoconto completo degli scontri e i colloqui intercorsi, finora privi di smentita, che ci mostrano piuttosto come tutte le sue proposte, anche le più moderate, cadessero nel vuoto.

Nel corso dei mesi le divergenze tra lui e i membri del partito aumentano, cosicché la sua posizione si indebolisce. Il capo del governo e segretario del partito Alexis Tsipras, con cui egli aveva concordato la linea da seguire prima di accettare l’incarico ministeriale, confidava nell’appoggio della sinistra europea, degli Stati Uniti, della Cina e della Russia. Presto realizza invece di essere completamente isolato. Lentamente, secondo quanto ricostriusce Varoufakis, Tsipras finisce per confidare nelle promesse della Merkel, che appare in effetti come l’unica persona che avrebbe potuto favorire un esito positivo delle trattative. Varoufakis confida anch’egli nella Merkel, ma ritiene che solo se il governo greco si mostra unito e determinato nell’attivare i suoi deterrenti, essa interverrà per favorire un accordo. Mentre proseguono lo stallo e il logoramento del paese, Varoufakis comincia invece a essere anche visto, anche all’interno del governo, come un ostacolo per un esito positivo delle trattative. Così, infine, per sbloccare una situazione sempre più insostenibile, Tsipras decide per la convocazione del referendum del 5 luglio: il popolo greco è chiamato a esprimersi con un Sì o con un No all’accordo nei termini posti dai creditori. Tutte le previsioni sono che il paese, stremato dalla crisi, si pronunci per il Sì, ma il No vince con un largo 61,3%. Varoufakis però è l’unico a festeggiare: gli altri membri del governo invece, nonostante fossero ufficialmente schierati per il No, si attendevano un Sì che potesse legittimare la loro capitolazione.

Gli ultimi colloqui tra Tsipras e Varoufakis, riportati ampiamente nel volume, illustrano bene il dramma della democrazia greca (ed europea). Tsipras, con le banche chiuse e la campagna referendaria in corso, chiede al suo ministro quali possibilità ha il governo di raggiungere un accordo con i creditori perseguendo nella linea del rifiuto dell’austerità. Sebbene Varoufakis nel testo esprima spesso la convinzione che, ove il governo fosse rimasto compatto e abbia predisposto i suoi deterrenti, un accordo sarebbe stato raggiunto, ci racconta che in quell’occasione fornisce una risposta diversa: se avessimo di fronte dei creditori che pensano ai propri interessi, un accordo sarebbe certo; ma siccome le classi dirigenti agiscono spesso in modo autodistruttivo, la probabilità che si giunga a un esito disastroso per tutti è del cinquanta per cento.

Tsipras, logorato da mesi di pressioni umanamente insostenibili, sfiduciato e isolato in campo internazionale, con una compagine governativa debole e incerta, si trova di fronte a una scelta drammatica: proseguire nella linea del rifiuto rischiando di condurre il paese fuori dalla moneta unica, oppure capitolare alle richieste delle cosiddette istituzioni. Messo anche in allarme sui presunti preparativi di un colpo di stato dal Presidente della Repubblica, dal governatore della Banca centrale, dai servizi segreti e da membri del governo, nonostante l’esito del referendum decide per la capitolazione. Varoufakis, in disaccordo, si dimette. Nelle settimane successive la Grecia firma tutte le condizioni imposte dai creditori, senza ottenere nulla in cambio.

Offline galafro

*
2610
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #245 il: 12 Ott 2017, 15:23 »
Ma che vogliono questi Greci. Lì abbiamo liberati dalla dittatura dei colonnelli, che li buttava in galera.
Adesso sono liberi... liberi di morire di fame grazie alla grande democrazia europea degli strozzini.

Offline Kappa

*
2749
http://space.tin.it/scienza/decos
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #246 il: 12 Ott 2017, 15:30 »
Sì, vabbè allora la EU è sporca è cattiva e fa parte di un disegno capitalista plutocratico delle multinazionali.
Il fatto che i politici locali siano pessimi, che la Grecia abbia falsificato i bilanci e che ammetta una quota di evasione elevatissima è sempre colpa della EU.

Nessuno che faccia mai autocritica, nessuno che vuole sentirsi dire che i mali dell'Italia sono provocati dagli italiani, nessuno che voglia mai rendersi conto che la ricchezza del mondo è una grandezza finita, se un maggior numero di popoli vi accede, ce ne è di meno per ognuno. Tutti che si sentono "defraudati" di qualcosa, tutti che sentono di poter diventare ricchi, e quando ci rendiamo conto che non ci muoviamo da un millimetro da una realtà piccolo-borghese (o anche meno), ce la prendiamo con tutti.

Per questo il movimento catalano mi lascia perplesso: sembra una istanza democratica e di libertà, contro l'autoritarismo centrale (e la cosa non mi dispiace), ma poi prende connotati localistici ed egoistici, e rimango perplesso... boh, è un gran casino

Offline FatDanny

*****
36757
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #247 il: 12 Ott 2017, 15:53 »
Kappa è abbastanza chiaro come sono andate le cose e come vanno tutt'ora per il sud europa
E purtroppo c'entra ben poco la mentalità piccolo borghese.

Poi ripeto, capisco il rifiuto ad ammettere di essersi sbagliato dopo vent'anni di fiducia nel processo europeo.
Dopodiché mi sembra davvero piuttosto chiaro come stanno le cose.

Offline anderz

*
8271
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #248 il: 13 Ott 2017, 07:35 »
Io sono il primo critico dell'austerità UE e del modo in cui è stata utilizzata per devastare il welfare greco e non solo.

Ma tutto ciò che c'entra con la Catalogna indipendente? Credo assolutamente nulla.

Offline FatDanny

*****
36757
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #249 il: 13 Ott 2017, 08:17 »
Io sono il primo critico dell'austerità UE e del modo in cui è stata utilizzata per devastare il welfare greco e non solo.

Ma tutto ciò che c'entra con la Catalogna indipendente? Credo assolutamente nulla.

c'entra perchè stiamo discutendo di quali dinamiche (e assetti) istituzionali possano essere progressive o regressive.
E che non è assolutamente scontato - come alcuni credono - che estendere i confini sia un processo progressivo o il contrario sia regressivo.
Si può vedere la stessa dinamica da un'ottica rovesciata: l'estensione dei confini decisionali può essere un allontanamento del potere e della democrazia (esempio UE) e la sua restrizione un aumento di democrazia (ipotesi repubblica plurinazionale ispanica).

Offline Kappa

*
2749
http://space.tin.it/scienza/decos
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #250 il: 13 Ott 2017, 11:27 »
Kappa è abbastanza chiaro come sono andate le cose e come vanno tutt'ora per il sud europa
E purtroppo c'entra ben poco la mentalità piccolo borghese.

Poi ripeto, capisco il rifiuto ad ammettere di essersi sbagliato dopo vent'anni di fiducia nel processo europeo.
Dopodiché mi sembra davvero piuttosto chiaro come stanno le cose.
Non mi sottovalutare, l'ammettere di essersi sbagliati è simbolo di intelligenza, e non avrei problemi a farlo nei confronti dell'EU.
Ma non sono convinto che l'EU sia quel moloch mostruoso finanziar-plutocratico che si vuole dipingere, o, almeno non è solo questo: nel mio piccolo, mi ha permesso di lavorare in Danimarca edi far lavorare mia moglie in UK sentendosi parte della stessa comunità. Con la Brexit, tutti i miei semi-compatrioti polacchi stanno andando tutti via, e quindi, dovendo scegliere, preferisco questa EU, anche  con tutte le sue storture.
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #251 il: 13 Ott 2017, 15:36 »
Non mi sottovalutare, l'ammettere di essersi sbagliati è simbolo di intelligenza, e non avrei problemi a farlo nei confronti dell'EU.
Ma non sono convinto che l'EU sia quel moloch mostruoso finanziar-plutocratico che si vuole dipingere, o, almeno non è solo questo: nel mio piccolo, mi ha permesso di lavorare in Danimarca edi far lavorare mia moglie in UK sentendosi parte della stessa comunità. Con la Brexit, tutti i miei semi-compatrioti polacchi stanno andando tutti via, e quindi, dovendo scegliere, preferisco questa EU, anche  con tutte le sue storture.

100% Kappa. FatDanny, pensa quel che ti pare, ma l'unica cosa ovvia è che il tuo voler essere alternativo a tutti i costi ti sta di fatto appaiando a quelli di forzanuova. Te lo dico bonariamente: stai schizofrenicamente difendendo gli stati nazionali (salvo la Spagna: li sei federalista alla Salvini) mentre non ti accorgi che la UE ha rappresentato per tutti noi europei un'ancora di salvezza. Le crisi del sud Europa (e per quel che conta, anche del nord Europa, dove non è oro tutto ciò che luccica) è ESCLUSIVAMENTE responsabilità di classi politiche nazionali indecorose ed inette, alla quali abbiamo concesso alibi su alibi quando avremmo dovuto invece scendere in piazza ed altro che M5S, i forconi avremmo dovuto prendere!
Dopodiche, se il problema tuo è l'UE invece che l'Italia, accomodati pure, insieme a Salvini, forzanuova e una sinistra masochista oltre l'inverosimile: Trump, Putin e i cinesi stanno aspettandovi a braccia (e chiusura lampo) aperte.

Offline FatDanny

*****
36757
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #252 il: 13 Ott 2017, 16:04 »
Ma vi rendete conto che discutete di sistemi sociali che coinvolgono milioni di persone partendo dalla prospettiva singolare e dai vostri interessi specifici?

Sarebbe come se analizzassimo il capitalismo dalla prospettiva di Steve jobs o di zuckemberg, dicendo "perché dite che il capitalismo sfrutta le persone? A me ha fatto divenire miliardario!"

Scusami polipo, ma sui grandi numeri basta vedere le statistiche degli ultimi 20 anni per rendersi conto che il discorso che fate voi vale per un numero esiguo di professionalità, mentre la gran parte dei lavoratori, milioni, ha subito la sorte di cui parlo io.

E se oggi forza nuova ha vigore è perché sfrutta lo iato aperto da un'Europa che giustifica il proprio insuccesso con emergenze inventate come quella migranti.
Cosa su cui l'estrema destra in tutta Europa riesce a produrre discorso politico. E non a caso cresce in tutta Europa e non solo in italia.
Quello che dico io non C' entra assolutamente con fn, ma proprio zero. Né c'è alcuna schizofrenia o esaltazione degli stati nazionali.
Qualsiasi processo istituzionale progressivo passa per la demolizione dell'Unione europea e un avvicinamento del potere ai cittadini. Qualsiasi.
Questo coincide con gli stati nazione novecenteschi? No. La storia non si ripete mai uguale a se stessa. Ma le cose di cui sono sicuro sono le due appena dette: la cosa si da in antitesi alla UE e produce istituzioni locali in grado di riaffermare la democrazia ormai perduta in tutta Europa.
Se la Catalogna va in questa direzione ben venga. È un bene non un male.
E infatti TUTTA la sinistra spagnola appoggia il processo non l'indipendenza nazionale.
E infatti TUTTA l'estrema destra spagnola, catalani compresi, attacca la Catalogna.

Vogliamo chiederci il perché?

Offline anderz

*
8271
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #253 il: 13 Ott 2017, 19:21 »
Ma vi rendete conto che discutete di sistemi sociali che coinvolgono milioni di persone partendo dalla prospettiva singolare e dai vostri interessi specifici?

Sarebbe come se analizzassimo il capitalismo dalla prospettiva di Steve jobs o di zuckemberg, dicendo "perché dite che il capitalismo sfrutta le persone? A me ha fatto divenire miliardario!"

Scusami polipo, ma sui grandi numeri basta vedere le statistiche degli ultimi 20 anni per rendersi conto che il discorso che fate voi vale per un numero esiguo di professionalità, mentre la gran parte dei lavoratori, milioni, ha subito la sorte di cui parlo io.

E se oggi forza nuova ha vigore è perché sfrutta lo iato aperto da un'Europa che giustifica il proprio insuccesso con emergenze inventate come quella migranti.
Cosa su cui l'estrema destra in tutta Europa riesce a produrre discorso politico. E non a caso cresce in tutta Europa e non solo in italia.
Quello che dico io non C' entra assolutamente con fn, ma proprio zero. Né c'è alcuna schizofrenia o esaltazione degli stati nazionali.
Qualsiasi processo istituzionale progressivo passa per la demolizione dell'Unione europea e un avvicinamento del potere ai cittadini. Qualsiasi.
Questo coincide con gli stati nazione novecenteschi? No. La storia non si ripete mai uguale a se stessa. Ma le cose di cui sono sicuro sono le due appena dette: la cosa si da in antitesi alla UE e produce istituzioni locali in grado di riaffermare la democrazia ormai perduta in tutta Europa.
Se la Catalogna va in questa direzione ben venga. È un bene non un male.
E infatti TUTTA la sinistra spagnola appoggia il processo non l'indipendenza nazionale.
E infatti TUTTA l'estrema destra spagnola, catalani compresi, attacca la Catalogna.

Vogliamo chiederci il perché?

L'estrema destra di oggi attacca anche l'Unione europea e l'ultracapitalismo, però. Più o meno per le stesse ragioni, tra l'altro.

Che poi l'estrema destra spagnola sia a favore dell'unità nazionale, voglio di', lo ha chiarito bene pentiux; è proprio una base der mestiere.

Offline Kappa

*
2749
http://space.tin.it/scienza/decos
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #254 il: 13 Ott 2017, 20:11 »
Ma vi rendete conto che discutete di sistemi sociali che coinvolgono milioni di persone partendo dalla prospettiva singolare e dai vostri interessi specifici?

Sarebbe come se analizzassimo il capitalismo dalla prospettiva di Steve jobs o di zuckemberg, dicendo "perché dite che il capitalismo sfrutta le persone? A me ha fatto divenire miliardario!"


FD, scusa eh, ma a parte il sentito dire, i dati macroeconomici, quello che dicono in TV, io misuro l'EU su come ha impattato sulla mia vita, di sicuro è una valutazione più affidabile di tutti i "sentito dire".

Considerando che mia moglie faceva lavoretti in UK, non la grande manager, ed io la birra in Danimarca, non mi sembra che si stiano facendo discorsi mentre si mangia caviale e ci si lucida il monocolo.

Quello che mi lascia perplesso di tutto il tuo discorso, e che tu sei SICURO. L'indipendenza della Catalogna, è di sinistra, quindi bene, la difesa dello stato unitario spagnolo è di destra, quindi male.

Io tutta questa sicurezza non ce l'ho. A pelle, qualsiasi barriera, separazione, discriminazione aggiungi, per me è male. Come ha detto qualcuno qui dentro, i confini sono anacronistici, io sento questo dentro di me. Vedo i miei amici polacchi, vedo i miei amici italiani, quelli tedeschi, quelli indiani, quelli tanzanioti e quelli sudafricani. Sono molte più le cose che ci uniscono che quelle che ci dividono.

I romanisti no, quelli me fanno schifo ar cazzo
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #255 il: 14 Ott 2017, 15:20 »
Come ha detto qualcuno qui dentro, i confini sono anacronistici, io sento questo dentro di me. (cit.) .

Quindi la sentenza Thyssen dovrebbe avere valore univoco in tutta europa .

Io non conosco il futuro della Catalogna , se sara' di sinistra o ultradestra .

Ma vedo questa europa e mi fa schifo .

Pero' andiamo avanti ed indietro da qualsiasi capitale europea con 30 euro .

E lavorare a Berlino o Parigi e' facile come lavorare a Roma o Milano .

A me sembra come quelli che fanno l'elogio di Jobs (Stay hungry stay foolish) e poi scendono in piazza contro lo sfruttamento minorile e dei paesi sottosviluppati .

C'e' un mondo escluso . A cui non glene frega un catso a nessuno .

Forse la Catalogna non sara' la risposta , ma altri non si fanno neanche domande 
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #256 il: 14 Ott 2017, 15:41 »
ho capito che questa europa vi fa schifo ma gli indipendentisti catalani hanno detto di volerci restare in europa, non di voler uscire. tenere tutti i vostri discorsi assieme mi pare che richieda una serie acrobazie logiche mica da ridere, roba da politici consumati. io gnaa faccio.
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #257 il: 14 Ott 2017, 20:57 »
Ci resteranno . Alle loro condizioni .

Altrimenti fanno come gli inglesi .

Offline Kappa

*
2749
http://space.tin.it/scienza/decos
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #258 il: 14 Ott 2017, 22:45 »
Come ha detto qualcuno qui dentro, i confini sono anacronistici, io sento questo dentro di me. (cit.) .

Quindi la sentenza Thyssen dovrebbe avere valore univoco in tutta europa .

Io non conosco il futuro della Catalogna , se sara' di sinistra o ultradestra .

Ma vedo questa europa e mi fa schifo .

Pero' andiamo avanti ed indietro da qualsiasi capitale europea con 30 euro .

E lavorare a Berlino o Parigi e' facile come lavorare a Roma o Milano .

A me sembra come quelli che fanno l'elogio di Jobs (Stay hungry stay foolish) e poi scendono in piazza contro lo sfruttamento minorile e dei paesi sottosviluppati .

C'e' un mondo escluso . A cui non glene frega un catso a nessuno .

Forse la Catalogna non sara' la risposta , ma altri non si fanno neanche domande
bel minestrone che hai fatto, ora sembra quasi che "il mondo escluso" sia colpa dell'unione europea, e che i Catalani sono dei poveretti che si ribellano a questo. Secondo me non c'entra una mazza, molti di loro non si sono mai sentiti spagnoli, gli sta sulle balle il re di spagna, pensano di stare meglio senza il resto della Spagna e non dimentichiamo che sono ancora tutte le scorie della guerra civile spagnola con cui i conti non si sono fatti fino in fondo. Tutte le intepretazioni pro-contro EU, c'entrano poco.

Offline FatDanny

*****
36757
Re:L'indipendenza della Catalogna
« Risposta #259 il: 16 Ott 2017, 14:57 »
L'estrema destra di oggi attacca anche l'Unione europea e l'ultracapitalismo, però. Più o meno per le stesse ragioni, tra l'altro.

Che poi l'estrema destra spagnola sia a favore dell'unità nazionale, voglio di', lo ha chiarito bene pentiux; è proprio una base der mestiere.

L'estrema destra attacca l'UE e l'ultracapitalismo ma niente affatto per le stesse ragioni.
La loro linea politica è volta alla purezza dell'identità europea e alla sua difesa attraverso la chiusura.
Niente di tutto questo ho sentito in Catalogna e la ragione la dici tu stesso, è la base del mestiere.
Ma anche a livello di proposte economiche non c'è alcuna alternativa a destra con cui sostituire il capitalismo se non uno stato paternalista a corollario. D'altronde fascismo, nazismo e franchismo hanno dimostrato come la critica del capitalismo dei rispettivi regimi fosse fuffa rispetto alla materialità della loro azione capitalista. Con intervento statale, ma capitalista.

Detto questo vorrei affrontare più approfonditamente la questione "base" sull'estrema destra spagnola nazionalista, perché io credo che si dica graziearcazzo.com ma poi non se ne deduca nulla.

L'estrema destra nella penisola iberica assume tratti ispano-nazionalisti per ragioni storiche (GAC).
Questo porta quindi quell'articolazione politica a darsi in queste determinate caratteristiche.
La destra post-franchista in Spagna è nazionalista e esercita egemonia in merito.

Esattamente per questa stessa ragione l'articolazione politica indipendentista NON PUO' darsi con caratteristiche analoghe (uno dei motivi per cui paragone con Lega non regge), si divide quindi in due sotto-articolazioni: una liberale rappresentata dalla Generalitat e dalle associazioni catalane che vi gravitano attorno, una anticapitalista.
Questo perché le articolazioni politiche storicamente tendono a colmare i vuoti ed in questo modo rendono universali questioni particolari (che si parli di Catalogna o della riforma agraria) sussumendo altre questioni particolari nella propria parola d'ordine.

Se non fossimo consapevoli di questo dovremmo dire che i contadini nella Francia del '600 che appoggiavano il Re e il suo tendente assolutismo erano dei mentecatti reazionari. Quando invece si difendevano tramite la tassazione reale dalla miriade di gabelle imposte dalla nobiltà fondiaria.
Era nei loro interessi farlo. In Ungheria nello stesso periodo la situazione appariva in forma rovesciata.

Occorre considerare le articolazioni storiche e il loro rapporto reciproco altrimenti dei contesti ci si capisce davvero poco.
Ora, se si dice che la destra, in particolare quella estrema, in spagna è nazionalista per contingenze storiche, occorre protrarre questo giusto metodo a più lungimiranti conseguenze.

Quali traiettorie può prendere quindi l'articolazione indipendentista a partire dalla propria contingenza storica? Verso una costituente repubblicana, in opposizione alla monarchia e con due possibili direzioni, una filo-UE e una democratico-radicale.

Per questo DJ leggi come contraddizione il sostenere il processo catalano contro l'UE quando la generalitat vuole entrare nell'UE.
Ma la generalitat, i suoi rappresentati paraculi così come il suo blocco sociale, è parte di questa articolazione, non il tutto.
Ora, a bocce ferme la parte liberale-paracula è senza alcun dubbio quella egemone e ci sono varie prove a dimostrazione.
Tuttavia, ed è un TUTTAVIA grosso quanto Barcellona, dal 20 settembre e in particolare dal 1 ottobre i rapporti di forza interni all'articolazione indipendentista sono mutati. Il movimento dispiegato ha portato Puidgemont in difficoltà, tra due fuochi uno interno e uno esterno, e le forze democratico-radicali nella possibilità di conquistare un'egemonia crescente.
Come sempre accade nei movimenti dispiegati (da Solidarnosc a Berlino, dal '68 alla Pantera) l'irruzione delle masse comporta un terremoto interno che può, PUO', modificare fortemente l'articolazione osservata.
Non a caso, cosa che risulta inspiegabile se non si assume un approccio di questo tipo, la Generalitat ora tentenna e balbetta sull'indipendenza, non sa che fare, mentre la parte più radicale (sinistra anticapitalista) spinge affinché ci sia la rottura immediatamente.

E' sicuro che questo cambio d'egemonia avverrà? NO.
Siamo diretti verso il socialismo? NO.
Ma di sicuro questo è l'unico terreno su cui si può costruire un'opzione di sinistra, perché l'articolazione avversa e la sotto-articolazione liberale sono sterili da un punto di vista progressivo radicale.
Di conseguenza la sinistra deve capire come costruire quella sottoarticolazione funzionale ai suoi obiettivi facendo leva sulla partecipazione e sul movimento.

Se la sinistra rinuncia a far questo di principio perché sulla base di astrazioni non sa entrare in dialettica con movimenti come questo non ha alcun senso di esistere, fa prima a ritirarsi a vita privata perché significa che non sa fare politica, ma al massimo sa presentarsi alle elezioni e racimolare il voto d'opinione.
Esattamente per la stessa ragione in Italia la Sinistra avrebbe dovuto aprire una dialettica sull'antipolitica in stile Podemos invece che gridare al "mostro Grillo" e quel che vediamo oggi è anche frutto della sua incapacità di farlo.
O la Sinistra fa politica e nei processi materiali sa dove infilarsi e aprire contraddizioni o è chiaro che fissa imbambolata il contesto dato e con tono poco sveglio ripete per anni "non si può fare".

Questa per me è politica e analisi materialista dei processi (in forma molto semplificata e schematica perché altrimenti ce vogliono 50mila battute, per un'analisi veramente compiuta), altrimenti stiamo al posizionamento dovuto al tifo.
Me piacciono più i colori X vado a destra, me piacciono più i colori Y vado a sinistra.

Kappa: ma i dati macroeconomici non so' sentito dire.
Se poi vuoi sostenere che per valutare l'UE dobbiamo affidarci più ai nostri vissuti che ai dati economici, sociali e politici di cui disponiamo io alzo le mani perché semplicemente diventa impossibile qualsiasi discorso, semo centinaia di milioni!
Io non ho detto che la UE ha favorito solo gli ultraricchi, ma che i settori di lavoratori avvantaggiati dagli accordi economici europei sono fortemente minoritari (ma fortemente eh) rispetto a quelli svantaggiati.








 

Powered by SMFPacks Alerts Pro Mod