Condivido molte cose lette qui, spesso anche scritte da persone con pensieri contrapposti, perché conosco e vivo la situazione da entrambi i lati della barricata e ci sono molte verità.
Michele sicuramente non si è suicidato per il lavoro in se, come non si è suicidato per nessuna ragione singola specifica, perché la depressione non funziona così.
Io sinceramente credo che solo chi è stato depresso (ma sul serio però) possa capire cosa significhi, quanto il mondo cambi, quanto ogni singola cosa diventi inaccettabile, ma soprattutto priva di valore. Un no, l'ennesimo magari, diventa un macigno sulle tue gambe, ti incastra, è un ulteriore pezzo delle macerie che ostruisce l'uscita del tunnel in cui strisci. La depressione è come essere nell'arena con una forchetta di plastica, le mani legate ed i tacchi a spillo, mentre si è circondati da enormi mostri neri che ti circondano.
Ci si toglie la vita perché il futuro non esiste, la cosa peggiore della depressione è proprio questa, ti toglie il futuro; capisco che è difficile da immaginare, ma è come se non esistesse più. Rimane esclusivamente il momento presente, rimane solo il dolore lancinante, insostenibile, ma al contempo grigio, fermo, privo di picchi o alti e bassi, semplicemente piatto (capisco che sembra un controsenso).
A mio avviso, il lavoro è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, è stato per michele l'ultimo fallimento. A 30anni si riesce ad accettare (in qualche modo, con qualche metodo) la mancanza di amore, di affettività, di apprezzamento si fa, conosco alcune persone che hanno ufficialmente rinunciato, ma nel momento in cui non hai neanche il lavoro, davvero non hai nulla.
Perché il lavoro, soprattutto se sei cresciuto indottrinato in un certo modo, sei tu. Ti identifica, è una parte fondamentale della tua vita, nessuno pensa di poter vivere senza lavorare no? "Cosa fai nella vita?" "Cosa sei?" RIsposte ad effetto o filosofiche a parte, come rispondereste se non aveste una professione?
Io ho cambiato tanti lavori, e ad essere onesto ho sempre avuto difficoltà a rispondere a questa domanda fin quando non ho fatto il lavoro che ritenevo all'altezza dell'opinione che ho di me. Secondo me michele, probabilmente, intendeva questo, quando parlava di certe cose.
Io, e so di scrivere una cosa sbagliata, pericolosa (questa lettera è pericolosa, potrebbe portare ragazzi instabili a pensare che il suicidio sia viable), michele lo capisco. Lo capisco davvero, lo capisco perché ci sono passato, lo capisco perché ho passato del tempo con persone depresse e con tendenze suicide come lui e lo capisco perché alcune delle cose che dice sono fondamentalmente vere.
Ultimamente mi sono trovato a dover parlare con persone con patologie potenzialmente letali, con persone che stavano per perdere cari (non nonni 90enni purtroppo), con persone che avevano appena perso una persona cara, e l'unico pensiero che mi è venuto in mente è che il tempo non può avere un valore intrinseco.
Non so bene da dove guardare. Michele andava curato, andava aiutato, andava aiutata la famiglia oltre che lui (le famiglie perfette coi figli depressi non esistono) ma ha anche ragione in tanti passaggi che ha scritto. Il dover ingoiare qualunque merda per sopravvivere è un concetto che mi ha sempre lasciato perplesso.
Io non ho minimamente la preparazione professionale di Carib (o di atri) o la cultura di FD, non posso usare le terminologie giuste o esprimere i concetti con precisione, quindi please bear with me, voglio solo dare un punto di vista vicino.