Michele e la sua lettera d'addio.

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Offline white-blu

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Michele e la sua lettera d'addio.
« il: 08 Feb 2017, 07:45 »
http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2017/02/07/news/non-posso-passare-il-tempo-a-cercare-di-sopravvivere-1.14839837

Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.

Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità.

Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia.

Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile.

A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo.

Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive.

Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione.

Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare.

Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno.

Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie.

Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri.

Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino.

Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene.

Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento.

P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi.

Ho resistito finché ho potuto.





Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #1 il: 08 Feb 2017, 08:35 »
Che vuoi dirgli?
Mi tremano i polsi ma niente è più condivisibile di quello che ha scritto lui, in piena coscienza e, credo, serenamente rassegnato a rinunziare ad una "non esistenza".
Il mio abbraccio va ai suoi genitori, ai suoi cari, a chi gli ha voluto e gli vuole bene.
R.I.P. :S

Offline carib

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Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #2 il: 08 Feb 2017, 09:11 »
Una freddezza mostruosa e agghiacciante
Manierismo, paranoia, delirio. C'è tutto, purtroppo. Perché non è stato curato? Oppure, come mai non sono riusciti a curarlo? Povero ragazzo

I genitori saranno devastati, poveracci anche loro

Offline pentiux

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Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #3 il: 08 Feb 2017, 09:13 »
Massima comprensione e compassione, massimo rispetto per il dolore.
Ma questa roba è folle. E ritengo sbagliato rendere pubblici questi dolori e deliri privati, soprattutto con una motivazione di fondo "politica" e non psicologica. Sociale e non personale.
Non mi permetto di giudicare quindi la parte personale del messaggio, di ipotizzare se chi l'ha scritto e ha compiuto quel gesto sia stato realmente lucido o in stato di depressione. Rientra nell'ambito degli affetti personali. Non giudico neanche la famiglia, che per dare un senso al proprio dolore usa questa lettera come vendetta verso la società che ritene colpevole per la perdita del figlio.
Però se le motivazioni che adduce per il suo gesto estremo potessero realmente giustificare questo giudizio apocalittico sulla realtà e sul futuro, l'umanità si sarebbe dovuta estinguere da millenni.
La stragrande maggioranza della popolazione mondiale vive ed ha vissuto "cercando di sopravvivere", con infiniti meno diritti rispetto ad un trentenne precario del nordest italiano nel 2017. Vive a rischio della propria vita, senza diritti sulla propria salute, sulla propria istruzione, sulla propria libertà, sulla propria sicurezza.
Allora il tema sono le aspettative, personali e sociali, il modello di vita unico proposto, piuttosto che "il precariato" e ciò che "dice Poletti". Un modello imposto di successo, benessere, lusso basato soprattutto sull'insoddisfazione. Citando la lettera "Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione."
Ma la vita può e deve offrire ben altri stimoli, ben altre soddisfazioni, ben altre risposte.
Si può e si deve lottare, a livello sociale, politico e personale, contro il modello di società imposto e non per raggiungerne i vertici. Si può e si deve puntare ad una società più giusta, più equa, più inclusiva, per se stessi e per gli altri, e non per far parte dell'1%.
Si può cercare la felicità in mille momenti, affetti, personali non legati direttamente al benessere consumistico. La gioia è dietro ogni angolo, anche se spesso fugace.
Il precariato non uccide. Uccide l'insoddisfazione, uccide il dolore, uccide la paura.
Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #4 il: 08 Feb 2017, 09:21 »
Notizia che mi ha scosso.
Non riesco ad esprimere un'opinione sul gesto, però la lucidità delle motivazioni fa impressione.

Online FatDanny

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Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #5 il: 08 Feb 2017, 09:29 »
Ma quel che hanno tolto a questa generazione pentiux, e tanti sono gli esempi, è che non ha alcun senso lottare perché è tutto inutile e questo è l'unico mondo possibile.

Che tanta gente al mondo stia peggio è del tutto irrilevante perché la condizione personale è un rapporto col contesto, non un assoluto. E quindi su questo contesto va misurata e non con quello di un ragazzo nato a kartoum.
Ed è questo contesto a portarti a quelle conclusioni.

Massimo rispetto non solo per il dolore, ma anche per la scelta.
Non è la mia oggi, ma la comprendo dalla prima all'ultima parola.
Non ci vedo assolutamente nulla di paranoico o folle, anzi mi sembra drammaticamente lucido.

E ti posso assicurare che quella lettera la stanno condividendo tanti, tantissimi miei coetanei. Anche tra chi non smette un giorno solo di fare quel che dici.

massimizzare la durata della propria vita a mio avviso è il delirio folle (e paranoico) dell'essere umano occidentale.
Abbiamo un problema serio con la morte al punto tale da ritenere augurabile trascinare la vita fino a oltre 100 anni e tutto questo per non arrenderci alla nostra compiutezza... Mah.

La vita va vissuta finché merita e dire che merita sempre è una cazzata buonista.
Il mio grido di dolore non va alla scelta individuale, perché se smetti di vedere la cosa con certe convinzioni ferree che abbiamo, vedrai che ci sarebbe stato più dolore nella vita che nella sua interruzione.
E allora è per me comprensibile farla finita.
Non uso la parola giusto perché la ritengo sbagliata quanto sbagliato.
È semplicemente comprensibile.
È un bilancio quotidiano che mi pongo pure io e "accontentarsi" delle "piccole cose" che hai attorno è proprio quel che NON VOGLIO fare, seppur possibile.

Ma allora questo è il punto: il mio grido va alle cause di quel dolore di vita e non alla scelta di morte.

La vita è anche altro? Quel che è la vita e il suo significato, non me lo dice lo stato, né la patria, né la famiglia e nemmeno iddio.
Il senso della mia vita lo decido io. E con esso anche quando cessa di sussistere.
Mi deprime anche il solo pensiero di trovare nel sorriso dei miei cari negli affetti o in qualche zuccherino quotidiano l'unica motivazione.




Ciao fratello mio, che la terra ti sia lieve più di quanto non lo sia stato questa società immonda.

Offline Thorin

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Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #6 il: 08 Feb 2017, 09:45 »
Ieri sera non ho potuto fare a meno di litigare con un troglodita su facebook che, sotto questa notizia, non aveva altro da fare che criticare i "ggiovani d'oggi che non gli va di fare sacrifici", sarà stata pure la giornata (ero uscito da casa alle 7:30 e sono tornato alle 20:00, per lavoro), ma mi ci ha trovato.
Tra l'altro voi vi immaginate il classico coatto imbecille, ma era un sessantenne laureato in economia.

Non condivido il suicidio nè come fuga nè come forma di lotta, ma posso capire questo ragazzo perchè un periodo (di 5 anni) così l'ho vissuto anche io... mi sembrava, nonostante tutti i sacrifici (e ne ho fatti tanti) e gli sforzi, di fare un passo avanti e due indietro... e anzi che rispetto a tanti miei amici ero anche fortunato...
Purtroppo poi so bene come viene considerato chi fa grafica (in italia), praticamente uno che non ha un lavoro, ma un hobby, quindi deve lavorare gratis, anzi, tanti clienti pretendono di pagarti in visibilità, "Questo volantino va in mano a 5000 persone, c'è il logo tuo è tutta pubblicità".

Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #7 il: 08 Feb 2017, 09:59 »
Massima comprensione e compassione, massimo rispetto per il dolore.
Ma questa roba è folle. E ritengo sbagliato rendere pubblici questi dolori e deliri privati, soprattutto con una motivazione di fondo "politica" e non psicologica. Sociale e non personale.
Non mi permetto di giudicare quindi la parte personale del messaggio, di ipotizzare se chi l'ha scritto e ha compiuto quel gesto sia stato realmente lucido o in stato di depressione. Rientra nell'ambito degli affetti personali. Non giudico neanche la famiglia, che per dare un senso al proprio dolore usa questa lettera come vendetta verso la società che ritene colpevole per la perdita del figlio.
Però se le motivazioni che adduce per il suo gesto estremo potessero realmente giustificare questo giudizio apocalittico sulla realtà e sul futuro, l'umanità si sarebbe dovuta estinguere da millenni.
La stragrande maggioranza della popolazione mondiale vive ed ha vissuto "cercando di sopravvivere", con infiniti meno diritti rispetto ad un trentenne precario del nordest italiano nel 2017. Vive a rischio della propria vita, senza diritti sulla propria salute, sulla propria istruzione, sulla propria libertà, sulla propria sicurezza.
Allora il tema sono le aspettative, personali e sociali, il modello di vita unico proposto, piuttosto che "il precariato" e ciò che "dice Poletti". Un modello imposto di successo, benessere, lusso basato soprattutto sull'insoddisfazione. Citando la lettera "Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione."
Ma la vita può e deve offrire ben altri stimoli, ben altre soddisfazioni, ben altre risposte.
Si può e si deve lottare, a livello sociale, politico e personale, contro il modello di società imposto e non per raggiungerne i vertici. Si può e si deve puntare ad una società più giusta, più equa, più inclusiva, per se stessi e per gli altri, e non per far parte dell'1%.
Si può cercare la felicità in mille momenti, affetti, personali non legati direttamente al benessere consumistico. La gioia è dietro ogni angolo, anche se spesso fugace.
Il precariato non uccide. Uccide l'insoddisfazione, uccide il dolore, uccide la paura.

Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #8 il: 08 Feb 2017, 10:03 »
100% Pentiux.

Nel metodo e nel merito un post IMHO perfetto.

Offline pan

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Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #9 il: 08 Feb 2017, 11:17 »
Pentiux, perfetto. anche a me il discorso sul minimo/massimo mi aveva colpito.

Online genesis

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Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #10 il: 08 Feb 2017, 11:30 »
Pentiux, perfetto. anche a me il discorso sul minimo/massimo mi aveva colpito.

Concordo, ma c'è anche da aggiungere che il sistema capitalistico tende a distruggere le persone nel profondo, bisogna essere forti, resistere, non tutti ce la fanno.

Offline vaz

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Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #11 il: 08 Feb 2017, 11:35 »
Massima comprensione e compassione, massimo rispetto per il dolore.
Ma questa roba è folle. E ritengo sbagliato rendere pubblici questi dolori e deliri privati, soprattutto con una motivazione di fondo "politica" e non psicologica. Sociale e non personale.
Non mi permetto di giudicare quindi la parte personale del messaggio, di ipotizzare se chi l'ha scritto e ha compiuto quel gesto sia stato realmente lucido o in stato di depressione. Rientra nell'ambito degli affetti personali. Non giudico neanche la famiglia, che per dare un senso al proprio dolore usa questa lettera come vendetta verso la società che ritene colpevole per la perdita del figlio.
Però se le motivazioni che adduce per il suo gesto estremo potessero realmente giustificare questo giudizio apocalittico sulla realtà e sul futuro, l'umanità si sarebbe dovuta estinguere da millenni.
La stragrande maggioranza della popolazione mondiale vive ed ha vissuto "cercando di sopravvivere", con infiniti meno diritti rispetto ad un trentenne precario del nordest italiano nel 2017. Vive a rischio della propria vita, senza diritti sulla propria salute, sulla propria istruzione, sulla propria libertà, sulla propria sicurezza.
Allora il tema sono le aspettative, personali e sociali, il modello di vita unico proposto, piuttosto che "il precariato" e ciò che "dice Poletti". Un modello imposto di successo, benessere, lusso basato soprattutto sull'insoddisfazione. Citando la lettera "Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione."
Ma la vita può e deve offrire ben altri stimoli, ben altre soddisfazioni, ben altre risposte.
Si può e si deve lottare, a livello sociale, politico e personale, contro il modello di società imposto e non per raggiungerne i vertici. Si può e si deve puntare ad una società più giusta, più equa, più inclusiva, per se stessi e per gli altri, e non per far parte dell'1%.
Si può cercare la felicità in mille momenti, affetti, personali non legati direttamente al benessere consumistico. La gioia è dietro ogni angolo, anche se spesso fugace.
Il precariato non uccide. Uccide l'insoddisfazione, uccide il dolore, uccide la paura.

sono d'accordo su ogni singola parola

Offline laziAle82

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11715
Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #12 il: 08 Feb 2017, 11:41 »
Una depressione lucida che sciocca davvero.
Per il resto Pent su tutta la linea.

Online genesis

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23777
Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #13 il: 08 Feb 2017, 11:43 »
Cito un netter che su FB scrive:
Ma c’è un aspetto della lettera di Michele che mi ha colpito e che non va trattato separatamente rispetto a tutto il resto: quello sentimentale. Pure la difficoltà in questo tipo di rapporti emerge più nascostamente, ma è scritto, deriva dal fatto che è impossibile costruirsi un legame duraturo, senza una minima prospettiva. E io ripenso a tutte le manfrine che stanno facendo i media mainstream sull’allargamento dei diritti civili che senza che crescano le opportunità sociali non significano nulla. Adesso le ricche coppie gay possono sposarsi e avere figli, ma i poveri sempre froci e lesbiche rimangono. Adesso si può dare anche il cognome della madre che però dovrà smettere di lavorare se i figli, come è probabile, non trovano posto al nido o alla materna comunali.

Offline laziAle82

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11715
Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #14 il: 08 Feb 2017, 11:46 »
Lo trovo di una banalità sconcertante.

Online FatDanny

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Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #15 il: 08 Feb 2017, 11:58 »
A mio avviso si da a quel minimo/massimo un significato troppo legato ai consumi.
Non è questo, io non ci leggo questo.

Io ci leggo il minimo o massimo potere. Il minimo o massimo poter fare.
Essere relegati al minimo potere, quello della propria riproduzione come forza lavoro.
Il mondo è anche altro? Magari. Forse. Potrei dire che siete voi ad illudervi che QUESTO mondo sia altro attraverso le mille consolazioni quotidiane.
O forse potrei dirvi che non vi rendete conto della RASSEGNAZIONE che hanno legato al collo alla mia generazione e che chi ha visto altre epoche non può capire, perché ha visto anche altro.
Che poi manco è vero, perché sfondarsi di eroina una volta svanito l'assalto al cielo non è poi così diverso, cambiano solo i tempi in cui ti uccidi.

Davanti a questa rassegnazione si salva solo chi trova il suo posto al sole (o quello che ritiene tale).

Per gli altri c'è la vuota sopravvivenza.

L'umanità allora sarebbe dovuta estinguersi millenni fa?
Assolutamente no. Questo livello di controllo soffocante, di assenza di alternative, di totale dominio dell'esistente non era presente nemmeno negli anni più bui del medioevo.
Dove sicuramente C' erano problemi materiali maggiori e diritti infinitamente minori.

Ma di vie di fuga quante ne volevi.
Il controllo forzoso e costante, l'assenza di alternative al dato non ha paragoni in nessuna epoca precedente della storia, occidentale e non solo.
Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #16 il: 08 Feb 2017, 11:59 »
Pur nel più profondo rispetto umano ho pochissima indulgenza in questi casi.
Il rispetto della sua scelta non esclude che le motivazioni lasciate sulla sua lettera siano più da analisi medica che sociale. Ognuno ci pesca ciò che vuole. Ce n'é per tutti. Contro tutti.
A me lasciano molto più che perplesso alcuni passaggi che sono una chiave importante, molto più importante del risvolto socialpolitico.
Ad esempio questa frase :
Citazione
Da questa realtà [...] non si può pretendere di essere amati,

No, non si puo' pretendere di essere amati. Per fortuna.

Offline Zoppo

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Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #17 il: 08 Feb 2017, 12:09 »
Io concordo con Fat.

Tutte quelle cose scritte da pentiux sinceramente non ce le leggo nella lettera...

Poi sinceramente non ho tutte le informazioni per dare un parere minimamente decente.
Personalmente ci sono stati momenti nella mia vita in cui ho pensato alcune cose che Michele ha scritto in quella lettera.

A prescindere da come la si pensi, la trovo una lettera ben fin troppo lucida se si pensa a quello che sta per fare...

Online FatDanny

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36766
Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #18 il: 08 Feb 2017, 12:16 »
Mettiamola così: se "vogliamo tutto" (in senso lato e non rigidamente politico) è divenuta una malattia da cui guarire, io vi dico no grazie e che preferisco restare malato e farla finita il giorno che lo riterró il momento.

Offline syrinx

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Re:Michele e la sua lettera d'addio.
« Risposta #19 il: 08 Feb 2017, 12:31 »
100% Pent.
 

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