Se i candidati anticapitalisti sono quelli delle frammentate organizzazioni post-comuniste la ragione mi pare scontata.
L'anticapitalismo in sé non risponde ai temi della povertà, dell'emarginazione e dell'insicurezza sociale, quelli su cui guadagna terreno il populismo.
Spiega chi li produce ma ad oggi non propone un'alternativa di società (se non un afflato più che perdente del socialismo novecentesco).
Le persone sono contrarie agli effetti del capitalismo globalizzato, contro di essi scagliano rancore e voglia di mutamento, non attraverso pamplhet di economia politica.
Cosa serve:
- andare contro tali effetti e avere un programma sociale in controtendenza con essi
- l'anticapitalismo in tal senso può servire solo come barra teorica, per essere consapevoli qual'è il meccanismo strutturale responsabile delle storture.
Utile ad orientarsi per non fare la fine degli incauti grillini, non per guadagnare voti
- essere conseguenti alle proprie scelte e dunque disposti a rompere gli equilibri politici transnazionali
Tra un Trump o un Salvini che rompono gli equilibri sulle barriere ai confini e un leader spregiudicato di sinistra che rompe sul pareggio di bilancio o la spesa sociale serve urgentemente il secondo.
Poteva essere Tsipras ma è stato massacrato sull'altare dell'austerity, con minacce e ricatti inauditi.
Pensare di uscire da questo pantano compatibilmente con l'esistente è pura utopia.
Pensare di farlo riproponendo un passato ormai identificato con la sconfitta idem.
Più Podemos, meno felci e mirtillo.