Weinstein

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Re:Weinstein
« Risposta #80 il: 20 Ott 2017, 01:54 »
Mi hai fatto pensare a questo articolo di oggi:
http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/pedofilia_vittima_maestro_karate-3312507.html

e a quante altre volte ho visto questa dinamica terribile che porta la vittima a sentirsi fondamentalmente sola, più in pericolo a denunciare che a tacere, invitata da diversi agenti al quieto vivere.

Online Tarallo

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111509
Re:Weinstein
« Risposta #81 il: 20 Ott 2017, 06:11 »
Carib, è esattamente quello che cercavo di dire. Ma tra un silenzio empatico e lo scranno da emetter un autocompiaciuto giudizio, si sa cosa è più facile scegliere. In particolare pe er popolo der web, pessima Lucarelli inclusa. E dalle donne fa ancora più male, questo me lo hanno detto le vittime.

Offline TomYorke

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11493
Re:Weinstein
« Risposta #82 il: 20 Ott 2017, 08:54 »
Non so se qualcuno di voi ha visto il film Spotlight.
Io non sono un critico cinematografico e quando fui invitato ad assistere all'anteprima per addetti ai lavori (nel senso che mi intendo dell'argomento di cui si parla nel film) mi resi conto che erano almeno cinque anni che non andavo al cinema. La faccio breve. I film americani me li ricordavo mediamente diversi da Spotlight. Vale a dire, pallosi, superficiali, insignificanti, c'è sempre e solo qualcuno che insegue qualcun altro e poi proprio quando il buono sta per soccombere e il cattivo uscire vincitore, ecco che vissero tutti felici e contenti. Spotlight è diverso. Forse perché in fondo non è un film ma un documentario con degli attori bravissimi. La faccio breve (cit.).
Io non so se è stata voluta o meno ma Tom McCarthy è riuscito a spiegare con estrema precisione e sensibilità come, in quale momento e perché la Chiesa Usa fu sconfitta.
E' stato nel momento in cui i giornalisti sono riusciti a vincere la diffidenza delle vittime e a farsi raccontare le loro storie. E sapete come e perché sono riusciti a ottenere la fiducia delle vittime? Si sono rapportati ai loro interlocutori senza mai permettersi di giudicare M O R A L M E N T E, senza mai nemmeno dubitare per un secondo della sofferenza, del tormento, della disperazione altrui. Sintomi che ciascuno presentava in maniera diversa.
Il giudizio morale (dei familiari, degli amici, della società, dell'ambiente, di tutto questo insieme) era stato fino a quel momento il macigno che aveva impedito a quelle povere persone di imboccare la porta di un commissariato - dove cmq sarebbero state rispedite a casa per i motivi di cui sopra (sapiate che in Italia accade ancora oggi).
Il giudizio morale, uno dei capisaldi della cultura dominante a Boston "la più europea delle città Usa", e non solo... è il miglior alleato dei pedofili e di tutti i violentatori di donne.
Perché capovolge la realtà, tramutando le vittime in complici dei loro carnefici.
Questa cosa disintegra - se mai ce ne fossero ancora - gli ultimi residui di vitalità in chi subisce un abuso di qualsiasi tipo. Dopo l'inchiesta di Spotlight migliaia di vittime di pedofili trovarono il coraggio di denunciare. Perché NON ERANO PIU' SOLE. Si sommarono migliaia di singole gocce di vitalità che erano sopravvissute all'oppressione, alla vergogna, ai sensi di colpa ingiustificati. E una decina di anni dopo quell'onda lunga è arrivata anche in Europa (esclusa l'Italia ma questa è un'altra schifosa storia).

Ho conosciuto vittime che hanno impiegato oltre 40 anni per riuscire a parlare, di quello che avevano subito, con un estraneo (quasi sempre uno psicoterapeuta). Persone distrutte, anche se realizzate a livello sociale (pochi, molto pochi sono i "fortunati").

"Non hai raccontato ai tuoi cosa ti aveva fatto quel tizio?". Avete idea di quante volte l'ho chiesto e mi sono sentito rispondere: "Sì lo dissi a mia madre. Mi rispose di non pensarci/mi schiaffeggiò/mi disse che avevo disonorato la famiglia/che lui è un sant'uomo e io una bugiarda".

Quello che è stato detto di Asia Argento - qui sopra, sui social, da alcuni giornalisti che dovrebbero essere radiati dall'ordine e sottoposti a Tso a oltranza in carceri di massima sicurezza - è lo specchio di questa cultura arida, misogina, patriarcale, retriva, reazionaria, impotente mentalmente e sessualmente. Li riconosci subito. Sono come quelli che "non sono razzista ma". Io li chiamo "non sono un violentatore ma". Sono quelli che vorrebbero tornare al '96 e ripristinare in Italia per lo stupro di una donna o di un bambino il delitto contro la morale e la pubblica decenza (1996 eh). Per poter puntare il loro ditino viscido e sentirsi per un attimo ancora vivi. Luridi vermi ma vivi. Come quando accostano, abbassano il finestrino destro e chiedono alla ragazzina che assomiglia a loro figlia: cosa sai fare?
 

Scusate se mi sono dilungato. L'alternativa era sparare un sintetico bestemmione

Queste sono le cose che vorrei leggere in giro, non le opinioni di tal de tali senza nessuna competenza.
Grazie Caribbone  :luv:

Offline porga

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1600
Re:Weinstein
« Risposta #83 il: 20 Ott 2017, 08:59 »
bravo, anziano netter brizzolato ed azzimato

Offline Buckley

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5307
Re:Weinstein
« Risposta #84 il: 20 Ott 2017, 09:07 »
Non so se qualcuno di voi ha visto il film Spotlight.
Io non sono un critico cinematografico e quando fui invitato ad assistere all'anteprima per addetti ai lavori (nel senso che mi intendo dell'argomento di cui si parla nel film) mi resi conto che erano almeno cinque anni che non andavo al cinema. La faccio breve. I film americani me li ricordavo mediamente diversi da Spotlight. Vale a dire, pallosi, superficiali, insignificanti, c'è sempre e solo qualcuno che insegue qualcun altro e poi proprio quando il buono sta per soccombere e il cattivo uscire vincitore, ecco che vissero tutti felici e contenti. Spotlight è diverso. Forse perché in fondo non è un film ma un documentario con degli attori bravissimi. La faccio breve (cit.).
Io non so se è stata voluta o meno ma Tom McCarthy è riuscito a spiegare con estrema precisione e sensibilità come, in quale momento e perché la Chiesa Usa fu sconfitta.
E' stato nel momento in cui i giornalisti sono riusciti a vincere la diffidenza delle vittime e a farsi raccontare le loro storie. E sapete come e perché sono riusciti a ottenere la fiducia delle vittime? Si sono rapportati ai loro interlocutori senza mai permettersi di giudicare M O R A L M E N T E, senza mai nemmeno dubitare per un secondo della sofferenza, del tormento, della disperazione altrui. Sintomi che ciascuno presentava in maniera diversa.
Il giudizio morale (dei familiari, degli amici, della società, dell'ambiente, di tutto questo insieme) era stato fino a quel momento il macigno che aveva impedito a quelle povere persone di imboccare la porta di un commissariato - dove cmq sarebbero state rispedite a casa per i motivi di cui sopra (sapiate che in Italia accade ancora oggi).
Il giudizio morale, uno dei capisaldi della cultura dominante a Boston "la più europea delle città Usa", e non solo... è il miglior alleato dei pedofili e di tutti i violentatori di donne.
Perché capovolge la realtà, tramutando le vittime in complici dei loro carnefici.
Questa cosa disintegra - se mai ce ne fossero ancora - gli ultimi residui di vitalità in chi subisce un abuso di qualsiasi tipo. Dopo l'inchiesta di Spotlight migliaia di vittime di pedofili trovarono il coraggio di denunciare. Perché NON ERANO PIU' SOLE. Si sommarono migliaia di singole gocce di vitalità che erano sopravvissute all'oppressione, alla vergogna, ai sensi di colpa ingiustificati. E una decina di anni dopo quell'onda lunga è arrivata anche in Europa (esclusa l'Italia ma questa è un'altra schifosa storia).

Ho conosciuto vittime che hanno impiegato oltre 40 anni per riuscire a parlare, di quello che avevano subito, con un estraneo (quasi sempre uno psicoterapeuta). Persone distrutte, anche se realizzate a livello sociale (pochi, molto pochi sono i "fortunati").

"Non hai raccontato ai tuoi cosa ti aveva fatto quel tizio?". Avete idea di quante volte l'ho chiesto e mi sono sentito rispondere: "Sì lo dissi a mia madre. Mi rispose di non pensarci/mi schiaffeggiò/mi disse che avevo disonorato la famiglia/che lui è un sant'uomo e io una bugiarda".

Quello che è stato detto di Asia Argento - qui sopra, sui social, da alcuni giornalisti che dovrebbero essere radiati dall'ordine e sottoposti a Tso a oltranza in carceri di massima sicurezza - è lo specchio di questa cultura arida, misogina, patriarcale, retriva, reazionaria, impotente mentalmente e sessualmente. Li riconosci subito. Sono come quelli che "non sono razzista ma". Io li chiamo "non sono un violentatore ma". Sono quelli che vorrebbero tornare al '96 e ripristinare in Italia per lo stupro di una donna o di un bambino il delitto contro la morale e la pubblica decenza (1996 eh). Per poter puntare il loro ditino viscido e sentirsi per un attimo ancora vivi. Luridi vermi ma vivi. Come quando accostano, abbassano il finestrino destro e chiedono alla ragazzina che assomiglia a loro figlia: cosa sai fare?
 

Scusate se mi sono dilungato. L'alternativa era sparare un sintetico bestemmione
veramente un bell'intervento, quasi alla Lucas Leiva  :beer:

Online vaz

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54625
Re:Weinstein
« Risposta #85 il: 20 Ott 2017, 09:14 »
ottimo carib

Online Tarallo

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Re:Weinstein
« Risposta #86 il: 20 Ott 2017, 09:15 »
Postata da Rose McGowan, forse la prima a capire cosa volesse dire questa poesia.

A Poison Tree

BY WILLIAM BLAKE

I was angry with my friend;
I told my wrath, my wrath did end.
I was angry with my foe:
I told it not, my wrath did grow.

And I waterd it in fears,
Night & morning with my tears:
And I sunned it with smiles,
And with soft deceitful wiles.

And it grew both day and night.
Till it bore an apple bright.
And my foe beheld it shine,
And he knew that it was mine.

And into my garden stole,
When the night had veild the pole;
In the morning glad I see;
My foe outstretched beneath the tree.


(Tentativo di Traduzione)

Un albero avvelenato
 
Ero adirato col mio amico,
Dissi la mia ira, la mia ira finì;
ero adirato col mio nemico,
non la dissi, la mia ira crebbe.
E l’ho bagnata di timori,
notte & giorno con le mie lacrime,
e le ho dato il sole di sorrisi
e dolci ingannevoli astuzie.
 
Ed è cresciuta sia di giorno che di notte,
finché ha portato una mela luminosa;
ed il mio nemico la vide risplendere,
e seppe che era mia.
 
E penetrò nel mio giardino
quando la notte aveva velato il cielo;
nella mattina lieto vedo
il mio nemico steso morto sotto l’albero.

Offline pan

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4583
Re:Weinstein
« Risposta #87 il: 20 Ott 2017, 10:35 »
Carib, è esattamente quello che cercavo di dire. Ma tra un silenzio empatico e lo scranno da emetter un autocompiaciuto giudizio, si sa cosa è più facile scegliere. In particolare pe er popolo der web, pessima Lucarelli inclusa. E dalle donne fa ancora più male, questo me lo hanno detto le vittime.

Lucarelli Selvaggia o parli di qualche altra Lucarelli? perché  non mi sembra di norma sia corretta, profonda ed empatica.

Online Tarallo

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111509
Re:Weinstein
« Risposta #88 il: 20 Ott 2017, 10:37 »
Lucarelli Selvaggia o parli di qualche altra Lucarelli? perché  non mi sembra di norma sia corretta, profonda ed empatica.

Lei lei. Non ne conosco l'opera omnia ne' suggerivo che fosse empatica. Rimango pero' sempre sconvolto quando una donna di media intelligenza solleva i se e i ma in casi di abuso di potere sessista. Anche se si tratta di una acchiappaclic.

Offline pan

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4583
Re:Weinstein
« Risposta #89 il: 20 Ott 2017, 10:57 »
non pretendevo che conoscessi l'opera omnia e le sue sensibilità  :)
 siccome hai citato una che ogni due per tre se la prende con chiunque, anzi se sono donne è meglio, ed è stata proprio lei a rendere virale il video di belen minorenne che faceva sesso, non riuscivo a capire perchè proprio la lucarelli, che se ne fotte bellamente,  avrebbe dovuto essere particolarmente vicina alle donne in questa situazione. sì... a volte è arguta nello scrivere. ma evidentemente ciò non basta.
tra l'altro la lucarelli odia asia argento, per ex in comune.
(scusate la deriva gossip)

Online Tarallo

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111509
Re:Weinstein
« Risposta #90 il: 20 Ott 2017, 11:09 »
Ah ecco, evidentemente la conosco poco.
Farò di tutto perché ciò non cambi :)

Offline pan

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4583
Re:Weinstein
« Risposta #91 il: 20 Ott 2017, 11:17 »
ecco, bravo. ;)

Offline arturo

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14742
Re:Weinstein
« Risposta #92 il: 20 Ott 2017, 11:29 »
Non so se qualcuno di voi ha visto il film Spotlight.
Io non sono un critico cinematografico e quando fui invitato ad assistere all'anteprima per addetti ai lavori (nel senso che mi intendo dell'argomento di cui si parla nel film) mi resi conto che erano almeno cinque anni che non andavo al cinema. La faccio breve. I film americani me li ricordavo mediamente diversi da Spotlight. Vale a dire, pallosi, superficiali, insignificanti, c'è sempre e solo qualcuno che insegue qualcun altro e poi proprio quando il buono sta per soccombere e il cattivo uscire vincitore, ecco che vissero tutti felici e contenti. Spotlight è diverso. Forse perché in fondo non è un film ma un documentario con degli attori bravissimi. La faccio breve (cit.).
Io non so se è stata voluta o meno ma Tom McCarthy è riuscito a spiegare con estrema precisione e sensibilità come, in quale momento e perché la Chiesa Usa fu sconfitta.
E' stato nel momento in cui i giornalisti sono riusciti a vincere la diffidenza delle vittime e a farsi raccontare le loro storie. E sapete come e perché sono riusciti a ottenere la fiducia delle vittime? Si sono rapportati ai loro interlocutori senza mai permettersi di giudicare M O R A L M E N T E, senza mai nemmeno dubitare per un secondo della sofferenza, del tormento, della disperazione altrui. Sintomi che ciascuno presentava in maniera diversa.
Il giudizio morale (dei familiari, degli amici, della società, dell'ambiente, di tutto questo insieme) era stato fino a quel momento il macigno che aveva impedito a quelle povere persone di imboccare la porta di un commissariato - dove cmq sarebbero state rispedite a casa per i motivi di cui sopra (sapiate che in Italia accade ancora oggi).
Il giudizio morale, uno dei capisaldi della cultura dominante a Boston "la più europea delle città Usa", e non solo... è il miglior alleato dei pedofili e di tutti i violentatori di donne.
Perché capovolge la realtà, tramutando le vittime in complici dei loro carnefici.
Questa cosa disintegra - se mai ce ne fossero ancora - gli ultimi residui di vitalità in chi subisce un abuso di qualsiasi tipo. Dopo l'inchiesta di Spotlight migliaia di vittime di pedofili trovarono il coraggio di denunciare. Perché NON ERANO PIU' SOLE. Si sommarono migliaia di singole gocce di vitalità che erano sopravvissute all'oppressione, alla vergogna, ai sensi di colpa ingiustificati. E una decina di anni dopo quell'onda lunga è arrivata anche in Europa (esclusa l'Italia ma questa è un'altra schifosa storia).

Ho conosciuto vittime che hanno impiegato oltre 40 anni per riuscire a parlare, di quello che avevano subito, con un estraneo (quasi sempre uno psicoterapeuta). Persone distrutte, anche se realizzate a livello sociale (pochi, molto pochi sono i "fortunati").

"Non hai raccontato ai tuoi cosa ti aveva fatto quel tizio?". Avete idea di quante volte l'ho chiesto e mi sono sentito rispondere: "Sì lo dissi a mia madre. Mi rispose di non pensarci/mi schiaffeggiò/mi disse che avevo disonorato la famiglia/che lui è un sant'uomo e io una bugiarda".

Quello che è stato detto di Asia Argento - qui sopra, sui social, da alcuni giornalisti che dovrebbero essere radiati dall'ordine e sottoposti a Tso a oltranza in carceri di massima sicurezza - è lo specchio di questa cultura arida, misogina, patriarcale, retriva, reazionaria, impotente mentalmente e sessualmente. Li riconosci subito. Sono come quelli che "non sono razzista ma". Io li chiamo "non sono un violentatore ma". Sono quelli che vorrebbero tornare al '96 e ripristinare in Italia per lo stupro di una donna o di un bambino il delitto contro la morale e la pubblica decenza (1996 eh). Per poter puntare il loro ditino viscido e sentirsi per un attimo ancora vivi. Luridi vermi ma vivi. Come quando accostano, abbassano il finestrino destro e chiedono alla ragazzina che assomiglia a loro figlia: cosa sai fare?
 

Scusate se mi sono dilungato. L'alternativa era sparare un sintetico bestemmione

 :hail:
Grazie Carib!

Online syrinx

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21619
Re:Weinstein
« Risposta #93 il: 20 Ott 2017, 12:36 »
Non so se qualcuno di voi ha visto il film Spotlight.
Io non sono un critico cinematografico e quando fui invitato ad assistere all'anteprima per addetti ai lavori (nel senso che mi intendo dell'argomento di cui si parla nel film) mi resi conto che erano almeno cinque anni che non andavo al cinema. La faccio breve. I film americani me li ricordavo mediamente diversi da Spotlight. Vale a dire, pallosi, superficiali, insignificanti, c'è sempre e solo qualcuno che insegue qualcun altro e poi proprio quando il buono sta per soccombere e il cattivo uscire vincitore, ecco che vissero tutti felici e contenti. Spotlight è diverso. Forse perché in fondo non è un film ma un documentario con degli attori bravissimi. La faccio breve (cit.).
Io non so se è stata voluta o meno ma Tom McCarthy è riuscito a spiegare con estrema precisione e sensibilità come, in quale momento e perché la Chiesa Usa fu sconfitta.
E' stato nel momento in cui i giornalisti sono riusciti a vincere la diffidenza delle vittime e a farsi raccontare le loro storie. E sapete come e perché sono riusciti a ottenere la fiducia delle vittime? Si sono rapportati ai loro interlocutori senza mai permettersi di giudicare M O R A L M E N T E, senza mai nemmeno dubitare per un secondo della sofferenza, del tormento, della disperazione altrui. Sintomi che ciascuno presentava in maniera diversa.
Il giudizio morale (dei familiari, degli amici, della società, dell'ambiente, di tutto questo insieme) era stato fino a quel momento il macigno che aveva impedito a quelle povere persone di imboccare la porta di un commissariato - dove cmq sarebbero state rispedite a casa per i motivi di cui sopra (sapiate che in Italia accade ancora oggi).
Il giudizio morale, uno dei capisaldi della cultura dominante a Boston "la più europea delle città Usa", e non solo... è il miglior alleato dei pedofili e di tutti i violentatori di donne.
Perché capovolge la realtà, tramutando le vittime in complici dei loro carnefici.
Questa cosa disintegra - se mai ce ne fossero ancora - gli ultimi residui di vitalità in chi subisce un abuso di qualsiasi tipo. Dopo l'inchiesta di Spotlight migliaia di vittime di pedofili trovarono il coraggio di denunciare. Perché NON ERANO PIU' SOLE. Si sommarono migliaia di singole gocce di vitalità che erano sopravvissute all'oppressione, alla vergogna, ai sensi di colpa ingiustificati. E una decina di anni dopo quell'onda lunga è arrivata anche in Europa (esclusa l'Italia ma questa è un'altra schifosa storia).

Ho conosciuto vittime che hanno impiegato oltre 40 anni per riuscire a parlare, di quello che avevano subito, con un estraneo (quasi sempre uno psicoterapeuta). Persone distrutte, anche se realizzate a livello sociale (pochi, molto pochi sono i "fortunati").

"Non hai raccontato ai tuoi cosa ti aveva fatto quel tizio?". Avete idea di quante volte l'ho chiesto e mi sono sentito rispondere: "Sì lo dissi a mia madre. Mi rispose di non pensarci/mi schiaffeggiò/mi disse che avevo disonorato la famiglia/che lui è un sant'uomo e io una bugiarda".

Quello che è stato detto di Asia Argento - qui sopra, sui social, da alcuni giornalisti che dovrebbero essere radiati dall'ordine e sottoposti a Tso a oltranza in carceri di massima sicurezza - è lo specchio di questa cultura arida, misogina, patriarcale, retriva, reazionaria, impotente mentalmente e sessualmente. Li riconosci subito. Sono come quelli che "non sono razzista ma". Io li chiamo "non sono un violentatore ma". Sono quelli che vorrebbero tornare al '96 e ripristinare in Italia per lo stupro di una donna o di un bambino il delitto contro la morale e la pubblica decenza (1996 eh). Per poter puntare il loro ditino viscido e sentirsi per un attimo ancora vivi. Luridi vermi ma vivi. Come quando accostano, abbassano il finestrino destro e chiedono alla ragazzina che assomiglia a loro figlia: cosa sai fare?
 

Scusate se mi sono dilungato. L'alternativa era sparare un sintetico bestemmione

Grazie, Carib.

Offline carib

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30356
Re:Weinstein
« Risposta #94 il: 20 Ott 2017, 13:02 »
 :oops:

Offline Thorin

*
3078
Re:Weinstein
« Risposta #95 il: 20 Ott 2017, 14:02 »
Ah ecco, evidentemente la conosco poco.
Farò di tutto perché ciò non cambi :)

Ti fai un gran favore!  :)
Re:Weinstein
« Risposta #96 il: 20 Ott 2017, 16:23 »
Non so se qualcuno di voi ha visto il film Spotlight.
Io non sono un critico cinematografico e quando fui invitato ad assistere all'anteprima per addetti ai lavori (nel senso che mi intendo dell'argomento di cui si parla nel film) mi resi conto che erano almeno cinque anni che non andavo al cinema. La faccio breve. I film americani me li ricordavo mediamente diversi da Spotlight. Vale a dire, pallosi, superficiali, insignificanti, c'è sempre e solo qualcuno che insegue qualcun altro e poi proprio quando il buono sta per soccombere e il cattivo uscire vincitore, ecco che vissero tutti felici e contenti. Spotlight è diverso. Forse perché in fondo non è un film ma un documentario con degli attori bravissimi. La faccio breve (cit.).
Io non so se è stata voluta o meno ma Tom McCarthy è riuscito a spiegare con estrema precisione e sensibilità come, in quale momento e perché la Chiesa Usa fu sconfitta.
E' stato nel momento in cui i giornalisti sono riusciti a vincere la diffidenza delle vittime e a farsi raccontare le loro storie. E sapete come e perché sono riusciti a ottenere la fiducia delle vittime? Si sono rapportati ai loro interlocutori senza mai permettersi di giudicare M O R A L M E N T E, senza mai nemmeno dubitare per un secondo della sofferenza, del tormento, della disperazione altrui. Sintomi che ciascuno presentava in maniera diversa.
Il giudizio morale (dei familiari, degli amici, della società, dell'ambiente, di tutto questo insieme) era stato fino a quel momento il macigno che aveva impedito a quelle povere persone di imboccare la porta di un commissariato - dove cmq sarebbero state rispedite a casa per i motivi di cui sopra (sapiate che in Italia accade ancora oggi).
Il giudizio morale, uno dei capisaldi della cultura dominante a Boston "la più europea delle città Usa", e non solo... è il miglior alleato dei pedofili e di tutti i violentatori di donne.
Perché capovolge la realtà, tramutando le vittime in complici dei loro carnefici.
Questa cosa disintegra - se mai ce ne fossero ancora - gli ultimi residui di vitalità in chi subisce un abuso di qualsiasi tipo. Dopo l'inchiesta di Spotlight migliaia di vittime di pedofili trovarono il coraggio di denunciare. Perché NON ERANO PIU' SOLE. Si sommarono migliaia di singole gocce di vitalità che erano sopravvissute all'oppressione, alla vergogna, ai sensi di colpa ingiustificati. E una decina di anni dopo quell'onda lunga è arrivata anche in Europa (esclusa l'Italia ma questa è un'altra schifosa storia).

Ho conosciuto vittime che hanno impiegato oltre 40 anni per riuscire a parlare, di quello che avevano subito, con un estraneo (quasi sempre uno psicoterapeuta). Persone distrutte, anche se realizzate a livello sociale (pochi, molto pochi sono i "fortunati").

"Non hai raccontato ai tuoi cosa ti aveva fatto quel tizio?". Avete idea di quante volte l'ho chiesto e mi sono sentito rispondere: "Sì lo dissi a mia madre. Mi rispose di non pensarci/mi schiaffeggiò/mi disse che avevo disonorato la famiglia/che lui è un sant'uomo e io una bugiarda".

Quello che è stato detto di Asia Argento - qui sopra, sui social, da alcuni giornalisti che dovrebbero essere radiati dall'ordine e sottoposti a Tso a oltranza in carceri di massima sicurezza - è lo specchio di questa cultura arida, misogina, patriarcale, retriva, reazionaria, impotente mentalmente e sessualmente. Li riconosci subito. Sono come quelli che "non sono razzista ma". Io li chiamo "non sono un violentatore ma". Sono quelli che vorrebbero tornare al '96 e ripristinare in Italia per lo stupro di una donna o di un bambino il delitto contro la morale e la pubblica decenza (1996 eh). Per poter puntare il loro ditino viscido e sentirsi per un attimo ancora vivi. Luridi vermi ma vivi. Come quando accostano, abbassano il finestrino destro e chiedono alla ragazzina che assomiglia a loro figlia: cosa sai fare?
 

Uno squarcio di luce

Online vaz

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54625
Re:Weinstein
« Risposta #97 il: 20 Ott 2017, 19:15 »
da quando LuckyLuciano lo ha convertito, 'sto cazzo de carib non ne sbaja una
Re:Weinstein
« Risposta #98 il: 24 Ott 2017, 08:18 »
Re:Weinstein
« Risposta #99 il: 07 Nov 2017, 13:11 »
https://pasionaria.it/molestie-desiderio-e-cultura-del-consenso-la-riflessione-di-laurie-penny/
La prima cosa da capire quando si parla di consenso è che il consenso non è, in senso stretto, una cosa.  Il consenso è uno stato dell’essere.
Dare a qualcuno il tuo consenso – sessualmente, politicamente, socialmente – è un po’ come dare la tua attenzione. È un processo continuo. È un’interazione tra due creature umane.
Credo che un gran numero di uomini e ragazzi non riesca a comprenderlo bene. Credo che la mancanza di comprensione stia causando traumi indicibili a donne, uomini e a chiunque sia stufo di quanto la sessualità umana faccia ancora male.
Dobbiamo parlare di cosa significa veramente consenso e del perché conta di più, e non di meno, adesso, in un momento in cui i diritti fondamentali delle donne di scegliere del proprio corpo sono sotto attacco in tutto il pianeta. Intendiamo ancora il consenso nel modo sbagliato.
Per spiegarvi tutto questo, dovrò raccontarvi alcune storie. Sono storie vere, e alcune sono un po’ scomode, e ve le sto dicendo ora perché il resto di questo viaggio potrebbe diventare spiacevole e voglio che siate preparat*.
Dunque, ho questo amico con un passato oscuro. È una persona intelligente e coscienziosa, cresciuta nel patriarcato, e sa di aver fatto cose che, pur non essendo state criminali, hanno ferito alcune persone, e per persone intende donne. Il mio amico ha ferito delle donne e ora non sa cosa fare a riguardo, e ogni tanto ne parliamo. È così che è successo che, un po’ di settimane fa, nel bel mezzo di una esuberante confessione in un caffè, le seguenti parole sono uscite dalla sua bocca: “Tecnicamente, non ho violentato nessuna“. Tecnicamente.
Tecnicamente, il mio amico non pensa di essere uno stupratore. Quel tecnicamente mi ha perseguitata per giorni. Non perché non ci credo, ma perché ci credo. Non è la prima volta che sento una frase del genere, uscire dalla bocca di amici maschi ben intenzionati che freneticamente riesaminano la loro storia sessuale alla luce del fatto scomodo che la vergogna non è più sufficiente a impedire alle donne di nominare i loro molestatori.
“Tecnicamente, non ho stuprato nessuna”. Che cosa intendeva con tecnicamente? Il mio amico ha continuato poi a descrivere come, ripensando agli anni passati a bere e scopare in giro prima di decidere di ripulirsi, consideri fortuna più che orgoglio il fatto che, per quanto gli risulti, non abbia mai commesso gravi aggressioni sessuali.
Come quella di qualsiasi uomo cresciuto nell’ultima decade, la sua concezione di consenso è a dir poco grezza: il sesso inteso come qualcosa che persuadevi le donne a lasciarti fare loro, e se non erano in uno stato incosciente, non ti stavano dicendo di no o non cercavano di cacciarti via, probabilmente era tutto a posto.
Durante tutta la strada di ritorno dal caffè ho pensato al consenso e al perché il concetto reale sia così spaventoso per chiunque si impegni a non eludere la moralità moderna. Ho pensato a tutte le situazioni in cui mi sono imbattuta dove no, tecnicamente nessuno aveva commesso un crimine, e sì, tecnicamente ciò che accadeva era consensuale. Magari qualcuno aveva comunque forzato un limite fino al punto di rottura. Magari semplicemente qualcuna si era lasciata fare cose perché non era stata in grado, per qualche ragione, di dire di no.
Impariamo, così come lo fanno gli uomini, che il nostro istinto rispetto a ciò che sentiamo e viviamo non è affidabile.
Impariamo che il nostro desiderio è pericoloso e così lo soffochiamo fino a che non siamo più in grado di riconoscere la differenza tra il volere e l’essere volute.
Impariamo che la nostra sessualità è deplorevole e così la reprimiamo; diventiamo alienate dai nostri stessi corpi.
Ho detto a me stessa in passato che tecnicamente, questa o quella persona non aveva commesso nessun crimine, quindi tecnicamente non avevo alcuna ragione per sentirmi usata come sputacchiera umana, quindi tecnicamente, non mi sarei dovuta aspettare niente di diverso, e tecnicamente l’ho invitato a casa mia, quindi tecnicamente, non c’è alcun motivo per essere arrabbiate e sconvolte, perché, effettivamente, cos’è la sessualità femminile se non una serie di tecnicismi da superare?
Il problema è che tecnicamente non è abbastanza. “Beh almeno non ho assalito nessuna” non è una riferimento valido per una moralità sessuale, e non lo è mai stato. Ovviamente bisogna iniziare da qualche parte e “prova a non stuprare nessuna” è un punto di partenza come un altro, ma non ci si può fermare qui. I nostri standard per un comportamento sociale e sessuale dignitoso non dovrebbero essere definiti semplicemente da ciò che ci umilia pubblicamente o può condurci in prigione, perché non siamo dei lattanti e possiamo fare di meglio.
Questo è quello che significa cultura del consenso.
Significa aspettarsi di più – pretendere di più. Significa trattarsi reciprocamente come esseri umani complessi con facoltà di azione e desiderio, non solo una volta ogni tanto, ma continuamente. Significa adattare le nostre idee di relazione e sessualità andando oltre il processo di tirar fuori un riluttante sì da un altro essere umano.
Idealmente voi vorreste che ve lo dicessero ancora e ancora e che lo intendessero ogni volta. Non solo perché è più sexy in questo modo (anche se lo è) – il consenso non dovrebbe essere sexy per essere di fondamentale importanza – ma perché alla fine dei conti la sessualità non dovrebbe ridursi a come farla franca e definire comunque quel rapporto consensuale.
Quando la metti su questo piano, la questione è semplice. Semplice da capire. Ma ci sono moltissime idee semplici che ci hanno insegnato a non capire e molte altre che scegliamo di non capire, soprattutto quando la nostra parvenza di esseri umani dignitosi è a rischio; e questo è il punto in cui molti uomini e ragazzi che conosco sono adesso. Sono frastornati. A disagio.
Parliamo ora del farla franca. Parliamo di cosa succede in una società in cui i corpi delle donne sono merce contesa dagli uomini. Parliamo di cultura dello stupro.
Nominare e degradare la cultura dello stupro è stato uno degli interventi femministi più importanti degli ultimi tempi, ma anche uno dei più controversi e fraintesi. “Cultura dello stupro” non implica semplicemente una società in cui lo stupro è routine, sebbene rimanga inconsapevolmente comune.
La cultura dello stupro descrive un processo in cui lo stupro e la molestia sessuale vengono normalizzati e scusati.
Un processo in cui l’agire sessuale delle donne viene costantemente negato e dove ci si aspetta che donne e ragazze vivano spaventate cercando di proteggersi dagli stupri. Un processo in cui si suppone che gli uomini abbiano l’autocontrollo erotico di un gibbone con un barattolo pieno di Viagra in mano, creature applaudite perché riescono a non lanciare escrementi ovunque, anziché incoraggiate ad usare il pensiero critico.
Non bisogna essere vittime di stupro per risentire della cultura dello stupro. Non bisogna essere uno stupratore seriale per perpetuare la cultura dello stupro. Non bisogna essere un convinto misogino per beneficiare della cultura dello stupro.
Credo sinceramente che una spaventosa quantità di uomini etero e bisessuali stia ragionando con supposizioni radicate sul sesso e la sessualità che non hanno mai pienamente analizzato. Supposizioni rispetto a come sono le donne, rispetto a quello che fanno e a cosa hanno la capacità di volere. Supposizioni come: gli uomini vogliono sesso e le donne sono sesso. Gli uomini prendono, e le donne hanno bisogno di essere persuase a dare. Gli uomini scopano le donne; le donne permettono loro di essere scopate.
Le donne sono responsabili per aver costruito questi limiti, e se gli uomini li oltrepassano, non è colpa loro: in fondo sono ragazzi!
Quello che confonde molti uomini, inclusi uomini realizzati, di successo e sensibili, è che le donne possono e dovrebbero meritare fiducia nel fare le loro scelte. Ora come ora, uno dei principi fondamentali operanti, raramente articolato ma costantemente difeso, della cultura dello stupro è questo: il diritto degli uomini ai rapporti sessuali è importante tanto, se non di più, della libertà di scelta delle donne sui loro corpi.

Pertanto, nonostante sia compito delle donne regolare i confini della sessualità e controllarsi quando agli uomini non è richiesto farlo, esse non possono e non devono meritare fiducia per qualunque scelta che potrebbe ostacolare la possibilità degli uomini di infilarlo dove vogliono e continuare a pensare di essere delle persone decenti, anche col senno di poi.
L’agire delle donne, le loro scelte, i loro desideri potrebbero importare, ma importano molto meno, e sarà sempre così.
Il fatto è che, se accetti l’idea che una donna ha diritto assoluto di scelta nella sfera sessuale, devi anche lottare con la prospettiva che lei potrebbe non fare la scelta che vuoi tu. Se lei è veramente libera di dire no, anche se prima ha detto sì, anche se è nuda nel tuo letto, anche se siete sposati da vent’anni – potrebbe essere che non te la scopi. E questa è la causa fondamentale per cui combattere, che purtroppo troppi ragazzi scambiano per superiorità morale.
Alcune persone, perlopiù uomini, sono confuse dal fatto che le donne si sconvolgano per avances ricevute da potenziali investitori o perché devono cacciare dal loro appartamento viscidi individui con cui pensavano di fare un semplice incontro di lavoro. Del resto, quasi nessuna di queste accuse implica una penetrazione violenta da parte di uno sconosciuto.
 Le lamentele riguardano le porcate di tutti i giorni e le stronzate che sono state tollerate per decenni di dominazione maschile: palpeggiamenti, commenti osceni, capi-ufficio che ti infastidiscono per del sesso, l’onnipresente e taciuta idea che le donne sono in primo luogo, e soprattutto, oggetto di desiderio, e non individui con propri desideri – sessuali e professionali – .
Siamo così circondat* da immagini inerenti la sessualità che è facile pensarsi liberat*. Ma la liberazione, per definizione, deve riguardare tutt*. Invece, il messaggio che ci bombardano dal marketing, dalla cultura pop e dalla pornografia mainstream insiste sul fatto che l’unico desiderio accettabile va in una unica direzione: dall’uomo verso la donna.
Si tratta di un’omogenea e disumanizzante visione del sesso eterosessuale, una semplice storia dove solo gli uomini agiscono e dove le donne sono dei punti passivi in uno spettro di “scopabilità”. Questa è licenza sessuale, non liberazione.
La libertà sessuale di oggi è piuttosto come il libero mercato di oggi, che sostanzialmente implica la libertà per le persone di potere di dettare i termini e la libertà per tutti gli altri di tacere e sorridere. Siamo arrivat* ad accettare, come in altri ambiti della nostra vita, una visione della libertà dove l’illusione della scelta è solo un errore di modestia che permette un’indicibile violenza quotidiana.
Il motivo per cui la nozione di un reale, continuo ed entusiasta consenso sessuale è così oltraggiosa, è che l’agire sessuale femminile – inteso come desiderio attivo di per sé – è ancora spaventoso.
Molto prima di essere grandi abbastanza da iniziare a pensare di farlo, le ragazze vengono già allenate a immaginare il sesso come qualcosa che subiranno, piuttosto che qualcosa che potrebbero dare loro piacere.
Cresciamo con l’ammonimento che la sessualità in generale e l’eterosessualità in particolare sono qualcosa di violento e pericoloso; il sesso è qualcosa che dobbiamo evitare, piuttosto che fare. Se siamo in grado di riconoscere che lo desideriamo, ci dicono che siamo persone deviate, sporche e strane.
La legione di animali da tastiera che affollano discussioni misogine sul web, chiedendosi come mai è per loro così difficile scopare, perché le donne non si approcciano mai o perché usano il sesso come strategia di scambio, dovrebbero ricordarsi che non sono state le donne a inventarsi quelle regole.
La maggior parte di noi è esperta nel soffocare i propri desideri, perché trattenere la sessualità è l’unico potere sociale che ci è permesso – e anche questo permesso viene dato con riluttanza da una cultura che ci chiama troie, stronze e puttane quando non diciamo di no, ma che non è affidabile nel crederci quando lo facciamo.
Anche questa è cultura dello stupro.
La cultura dello stupro non è demonizzazione degli uomini. È controllo della sessualità femminile. È contro il sesso e contro il piacere. Ci insegna a negare i nostri desideri come strategia di adattamento per sopravvivere in un mondo sessista.
 Le ragazze per bene sanno che il consenso sessuale è merce di scambio e che non dobbiamo essere troppo libere nelle nostre preferenze per non svalutare la moneta collettiva con la quale viene misurato il nostro valore sociale.
Se diamo l’impressione che potrebbe piacerci il sesso, o che preferiamo decidere noi stesse chi, come e quando scopare, diventiamo delle disgustose troie che alla fine se la meritano tutta la violenza che subiscono.
È il tipo di muffa invadente, ipocrita e sconnessa che cresce soltanto con l’ossigeno di cui la nutri, ed è per questo che le modalità di coinvolgimento devono cambiare. Questo è il motivo per cui è necessario parlare – ora più che mai – di agire, di consenso, e sì, di desiderio.
Ecco la seconda storia scomoda che vi promettevo. Un paio di settimane fa ero a letto con un amico, e dopo che le cose erano progredite e si erano concluse, lui ha articolato un pigro apprezzamento rispetto a quanto gli era parso godessi durante l’atto. “Ti è veramente piaciuto tutto questo – disse – godevi davvero!”. Era veramente sorpreso. Io ero sorpresa che lui fosse sorpreso, anche se non era nulla di nuovo per me.
Questo apprezzamento si interscambia spesso con il disgusto – del resto, ci viene ancora insegnato che le donne che desiderano scopare sono in qualche modo sporche, inutili e meno preziose. È sicuramente quello che ho imparato io.
La mia personale esperienza è che gli uomini che si sorprendono di più del vostro entusiasmo sessuale sono i primi a trovarlo sgradevole, a scomparire quando qualcuna si rivela essere una donna che ha gestito la propria sessualità abbastanza da esprimerla.
La maggior parte degli uomini che si sono sorpresi del mio desiderio velocemente si sono ritrovati con il loro interesse diminuito. Se non dovevano inseguirmi, se non mi fingevo riluttante, se mi annoiava il gioco di tenerli sospesi al terzo appuntamento perché sono arrapata, impegnata e gli appuntamenti sono strani e preferisco semplicemente andare a letto e scoprire se i nostri corpi si piacciono… beh, automaticamente vincevo un accesso diretto alla friendzone, spesso con un breve discorso di commiato su quanto sono figa e diversa da tutte le altre.
Ovviamente, il consenso significa anche questo. Nessuno deve continuare una relazione amorosa se non vuole, per nessuna ragione. Infatti, nessuna ragione è richiesta: “Non voglio” è abbastanza. E non sto mica criticando la friendzone; è un posto eccitante da visitare, nessuno si aspetta che tu indossi biancheria particolare e tutti i giri sono gratis.
È però recentemente successo che la mia personale esperienza sia stata costellata di uomini che si sono chiamati fuori non appena hanno realizzato che non si trattava della tradizionale relazione predatore/preda. Non appena rendevo chiaro che li volevo anche io. Dichiarare apertamente cosa volevo, al di là che l’abbia ottenuto o meno, era per loro intimidatorio, come se mi fossi messa improvvisamente una maschera da clown o avessi impugnato una frusta mostrando un’espressione speranzosa.
Mi capita di essere convenzionale in maniera imbarazzante, ma pure io so che il consenso non è una perversione. Come possiamo discutere di consenso quando il desiderio femminile attivo fa passare la voglia all’uomo?
L’idea che una donna possa effettivamente volere e godere di sesso eterosessuale ci sta mettendo ancora tempo a (ahem!) penetrare. Anche le donne crescono imparando che il loro stesso desiderio è sporco e pericoloso. Lo comprimiamo ed estirpiamo, anche in quei momenti. Impariamo che per essere rispettate, anche su un livello intimo, a tu-per-tu, dobbiamo a volte fingere riluttanza, lasciarci inseguire e convincere, e questo ovviamente complica un situazione già complessa.
Se vi è stato detto che le donne attraenti spesso agiscono come se non volessero scoparvi, come potete rispettare i desideri di quelle che veramente non vogliono fare sesso con voi?
Se avete erotizzato l’esitazione femminile, come potete improvvisamente passare a una cultura di reale consenso, dove la cosa giusta da fare quando qualcuna ti respinge è lasciarla andare?
Lo chiedo retoricamente, perché ovviamente potete fraintendere il consenso come farebbe un essere umano decente, ma questo non significa non sia complicato. Il disastro di una moderna eterosessualità che ancora ci insegna che la sincerità e l’onesta ammazzano un’erezione e che “le cose sono meglio con un po’ di mistero”, lascia non poche di noi così vinte dai nostri complessi e problemi che non riusciamo a nominare l’abuso per quello che è, e ancora meno il consenso.
E questo succede perché qualsiasi dimostrazione attiva di desiderio femminile ha ancora il potere di sconvolgere su un livello politico e spaventare su un livello personale.
L’orgasmo femminile è ora riconosciuto, quasi atteso, benché stia al suo posto, donato per il beneficio e la gloria dei nostri partner, e non per noi – da qui l’ansia riguardo alla possibilità o meno che la donna possa raggiungerlo e la pressione a fingere piuttosto che offendere l’orgoglio dell’altro.
Quando si tratta di soddisfazione maschile, anche il piacere dell’altra persona è troppo spesso dato per scontato essere parte del servizio.
Molte di noi potrebbero essere tentate di calmarsi, visto che non sono state forzate a mettere al mondo un essere umano contro il loro volere perché incapaci di ottenere il permesso dal padre di terminare la gravidanza.
È difficile pensare agli orizzonti del desiderio quanto la metà inferiore del tuo corpo sta soffrendo per la spirale che ti sei appena inserita, sperando che avrà vita più lunga del neo-fascismo anche se la tua salute di sicuro non la avrà.
Sarebbe allettante zittire il desiderio, il piacere e la continenza sessuale femminile, circondate come già siamo da insidiosi patriarchi e parsimoniosi uomini anziani che si arrogano il diritto di nascita di afferrare l’intero mondo per la vagina.
Ma se non parliamo di desiderio, di azione, di consenso, allora combattiamo questa battaglia in ritirata.
È impossibile “vincere” il sesso. L’erotismo fascista dei bambini-uomini frustrati di oggi immagina la sessualità come una battaglia combattuta sui corpi delle donne, come un atto di dominazione e di conquista da cui un giorno emergeranno come re. Ma così come il consenso non è una cosa, la sessualità in sé non è il tipo di battaglia che qualcuno può vincere o perdere.
L’idea di una battaglia dei sessi, combattuta nelle camere da letto e nelle cucine, attorno ai tavoli dei ristoranti in giro per il mondo, nasconde la verità che, o tutti vincono o nessuno vince.
Se vogliamo mutare radicalmente questa battaglia, dobbiamo ripensare alla nostra concezione del consenso. Dobbiamo fare i conti con l’idea del consenso come qualcosa di continuo e negoziabile, piuttosto che del consenso come un oggetto, un contratto temporaneo che può essere falsificato e discusso in corte. Molti di noi si sono mossi oltre l’analisi dell’idea che puoi effettivamente dire di no, anche se hai detto di sì in passato. Ma il consenso è molto di più dell’assenza di un no. E’ la possibilità di un sì vero. È la presenza di un agire umano. È l’orizzonte del desiderio.
 

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