Qualcuno pensa, e io non sono lontano, che malgrado le 3 sconfitte si stia assistendo al più bel 6 nazioni giocato dalla nazionale italiana. Se è vero che nel 2013 vincemmo due partite nel torneo è anche vero che quelle vittorie furono il risultato di situazioni contingenti e casuali, la fine della prima grande generazione irlandese e una francia molto dimessa offrirono all'Italia la loro testa in maniera sacrificale. Facemmo il giusto per vincere e vincemmo ma anche quell'Italia era a fine corsa, con la bella generazione dei Parisse, Masi, Canale, Castrogiovanni, i fratelli Bergamasco che aveva già passato i trenta. Non sottovaluto né denigro quel percorso, ma era un'Italia il cui futuro era più alle spalle che davanti.
Stavolta no.
Stavolta cazzo stiamo assistendo a partite in cui la nostra nazionale, la cui età media è tra le più basse, mostra un rugby spettacolare di fronte a corazzate ovali come Irlanda e Francia, che oggi sono probabilmente le due squadre più forti al mondo. E lo fa per 80 minuti.
Si, sono 3 sconfitte, ma il calendario quest'anno non poteva proporci 3 partite più complicate. Francia e Irlanda venivano da una lunga serie di vittorie contro ovunque al mondo e un'Inghilterra ferita a Twickenham. E l'Italia è rimasta in piedi e ha fatto tremare i suoi avversari fino al fischio finale per tutte le 3 partite. Mai accaduto prima d'ora.
Sabato pomeriggio, per la prima volta, il vero spettacolo di rugby si è giocato all'Olimpico e non a Cardiff, tra Galles e Inghilterra, dove il confronto di qualità nel gioco proposto era impietoso rispetto a quello offerto, soprattutto dagli azzurri, solo pochi minuti prima a Roma.
A pochi mesi dal mondiale, è stata l'Italia a mettere dei dubbi sui volti degli allenatori di Francia e Irlanda, tra le superfavorite per la vittoria finale. Il ghigno di Andy Farrell, alla fine della partita, non era il solito. Quando all'ultimo minuto continuava a urlare, a bordo campo, ai suoi giocatori "keep playing" era una forma di profondo rispetto per una nazionale che aveva messo dubbi nella sua testa che neanche la Francia quindici giorni fa.
80 minuti di piacere che l'Italia del rugby ha offerto ai suoi tifosi. A chi ama questo sport e quella maglia. Con un gioco spettacolare che, a mia memoria, mai è stato offerto dalla nostra nazionale. Con una terza di livello mondiale (Negri sta giocando un torneo stellare) e una seconda che offre, oltre alla stazza, una serie di skills mai visti in una seconda linea italiana. Ruzza, oggi, è il miglior saltatore del torneo, molte squadre di alto livello hanno già messo gli occhi su di lui. A questa stiamo associando una disciplina mostruosa di fronte a una tradizione che ci vede spesso in coda. Manca poco. E il tempo sta dalla nostra parte. I Menoncello, i Garbisi, i Varney, i Cannone, i Zuliani, i Capuozzo c'hanno poco più di vent'anni, i vecchi della squadra ne hanno, al massimo 28 o 29.
L'anno prossimo si aggiungerà anche una gran bella generazione di ragazzini che sta facendo più che bene nel torneo di categoria (François Mey che aldilà del nome è italianissimo è uno che diventerà grande).
Forse vent'anni dopo il nostro ingresso nel torneo più vecchio del mondo, un'alba azzurra sta nascendo.
A fari spenti un cazzo.