Una foto meravigliosa.
Anno 1956, Sebring, Florida, durante le prove della 12 Ore, prima prova del Campionato Mondiale Marche, che all'epoca rivaleggiava per importanza col Mondiale Fomula 1.
Il campionato delle vetture Sport-Prototipo, delle gare di endurance, la 12 Ore di Sebring, la 24 Ore di Le Mans, le 1000 Km di Spa-Francorchamps e del Nürburgring. Ancora esistono oggi, ma adesso corrono in equipaggi di tre (o anche di quattro). Allora si correva in due, senza dormire mai.
Sono Eugenio Castellotti e Juan Manuel Fangio, che quella gara la vinceranno insieme, al volante della Ferrari 860M.
Eugenio Castellotti, di Lodi. Giovane, Italiano, ricco, ricchissimo di famiglia, bello e famoso (notare il tacchetto sopraelevato...). Una vera pop-star, era fidanzato con Delia Scala, che in quegli anni era la numero uno assoluta della rivista e del teatro leggero Italiano (la TV ancora non era diffusissima da noi). Viveva perennemente circondato, inseguito dai fotoreporter e dai cronisti-di-rosa. Era il pilota giovane del team, arrivato nella Scuderia Ferrari da predestinato. Velocissimo, coraggioso fino all'inverosimile, aveva corso in Formula 1 per la Lancia prima di passare alla Ferrari.
Sì, la Lancia, il marchio che Marchionne ha deciso di cancellare, nei primi anni '50 presentò una F1 e una vettura Sport che sbaragliarono il campo. Poi tutto il progetto si bloccò dopo la morte del pilota di riferimento, Alberto Ascari.
Castellotti, in quel 1956 con la Ferrari, riuscì a vincere la Mille Miglia, guidando da solo per 1600 km da Brescia a Roma e ritorno, a oltre 135 di media, e nel Gran Premio di Francia a Reims finì secondo, proprio dietro a Fangio.
Quel signore un po' pienotto, un po' malmesso, dell'apparente età di cinquant'anni (in effetti, nel 1956 ne ha 45), è Juan Manuel Fangio. Argentino, di origini Abruzzesi, il più grande pilota di tutti i tempi. Uno da far impallidire Senna, Prost, Schumacher, Lauda, Mansell, non parliamo dei farfallini di oggi, Vettel, Alonso, Raikkonen... Uno venuto su nelle gare Argentine degli anni 30 e 40, roba del tutto simile per lunghezze e percorsi alla famigeratissima Dakar-Cile-Bolivia di questi tempi. Con la differenza che oggi corrono con le assistenze, i meccanici, i medici, gli elicotteri al seguito, allora correvano con catorci Americani Ford o Chevrolet più o meno legati col fil di ferro, con le carrozzerie smontate per alleggerire, e via andare a 200 sui tratturi della Pampa...
Arriva in Europa Fangio, e esordisce in F1 all'età di 39 anni. Un'età che oggi segna più o meno il ritiro dall'attività agonistica, anche per i piloti...
E non ha avversari. In Formula 1 come nel Mondiale Sport, nessuno riesce a contrastarlo. Un dominio assoluto, qualsiasi macchina si trovi fra le mani, è uno che annienta gli avversari.
All'epoca della foto, nel 1956, di Campionati Mondiali lui ne ha già vinti tre: nel 1951 con l'Alfa Romeo, nel 1954 con la Mercedes e nel 1955, guidando per Maserati e Mercedes (lui correva con tutto, con chi pagava). Rivincerà ancora, proprio in quel 1956 con la Ferrari (un rapporto problematico il loro), e ancora nel 1957, stavolta con la Maserati, prima di decidere di ritirarsi e tornarsene a casa in Argentina dove vivrà tranquillamente, fino all'età di 84 anni. Ma avrebbe potuto dominare ancora a lungo, avesse voluto continuare.
Meno di un anno dopo lo scatto di questa foto, Eugenio Castellotti perderà la vita, provando una Ferrari all'autodromo di Modena. All'epoca era così, morivano come agnellini. Dei 25, 30 che iniziavano una stagione di corse, a fine anno ne risultavano falcidiati almeno una decina. Circuiti inadeguati, macchine velocissime, freni, gomme, sospensioni approssimativi. Motorsport is dangerous.
Nel giro di tre anni, fra il 1955 e il 1958 una intera generazione di piloti, tutti legati alla Ferrari, sparirà: Alberto Ascari, Eugenio Castellotti, Peter Collins, Luigi Musso. E per una tragica ironia, l'Inglese Mike Hawthorn, Campione del Mondo nel 1958 con la Ferrari, che aveva deciso di ritirarsi dopo la morte di tanti suoi amici, morirà anche lui a Gennaio del 1959, in un incidente stradale.
Enzo Ferrari odiava Delia Scala. Diceva che lei non faceva concentrare il suo pilota. Enzo Ferrari era una bestia, la nascita di un figlio di un corridore, lui non l'accoglieva con gioia. No, lui diceva un figlio nella mente di un pilota "vale" due decimi più lento al giro... Figuriamoci i problemi sentimentali... A Marzo del 1957 Eugenio Castellotti era in Versilia dove la sua fidanzata aveva uno spettacolo. Ferrari lo fece chiamare per una prova delle macchine di Formula 1 a Modena. Castellotti non voleva venire, fate provare a Musso, a Collins, a Trintignant, disse abbastanza adirato. Ferrari si impuntò, e gli ordinò di essere tassativamente la mattina dopo a Modena per le prove. Non si discute, non è possibile discutere.
Eugenio assiste allo spettacolo di Delia. Poi la cena, tirano tardi. A notte alta lui si mette in macchina e attraversa l'Appennino, da Firenze a Modena, viaggiando a mille. Alle 8 e mezza è all'autodromo, puntuale. Telefonano a Ferrari e lo avvertono che Castellotti è arrivato. Tuta, casco, parte. Nemmeno due giri, alla fine del rettilineo perde il controllo e sbatte, a 200 e passa all'ora. Non c'è niente da fare.