(Da "La Nuova Sardegna del 15.06.2010)
DINAMO IN A
Benvenuti in paradiso ma Mele è già alle prese con l’inferno dei conti
Dopo la vittoria in gara4 su Veroli e la promozione nella Lega A è tempo di formalizzare l'iscrizione.
L'onere finanziario è una fideiussione di 250.000 euro, da integrare con altri 250.000
(di Mario Carta)
SASSARI. Il giorno dopo l’impresa è ancora presto e insieme è troppo tardi. Troppo fresche la vittoria in gara4 su Veroli e la promozione nella Lega A di basket per poter parlare della nuova squadra, eppure contemporaneamente c’è il tempo che stringe per la formalizzazione dell’iscrizione, con relativo onore finanziario: una fideiussione di 250.000 euro, da integrare con altri 250.000. E ancora non si gioca. Il presidente Luciano Mele ha chiuso gli occhi lunedì mattina alle 5, e appena sveglio non ha fatto altro che rispondere al telefono. La sbornia emotiva della città non è stata ancora smaltita e sarà anche presto per programmare ma non è mai troppo tardi per parlare e discutere, in primo luogo di sponsorizzazioni.
- Presidente, è irrintracciabile. Quasi.
«Tra messaggi e telefonate è un continuo, non posso mettere giù che squilla di nuovo. Prometto che farò notte ma risponderò a tutti».
- Con il sorriso sulle labbra.
«Certo, ma anche con una smorfia di dolore. Marcelus Kemp nell’euforia della vittoria mi ha abbracciato troppo forte e avevo la penna nel taschino della giacca. Devo essermi incrinato una costola, per una volta chiederò al nostro Fabio Ziranu di curare me, e non i giocatori».
- Una telefonata su tutte.
«Quella del presidente della Lega A Valentino Renzi, dobbiamo risentirci oggi perchè per la caparra dell’iscrizione ci sono tempi immediati».
- Ma almeno gli auguri glieli ha fatti?
«Certo, e con cordialità, come il presidente della LegaDue Bonamico, che si è detto dispiaciuto di perderci».
- Gli avrà detto che avete intenzione di rincontrarlo il più tardi possibile...
«Sì, adesso dobbiamo parlare fra di noi, durante i playoff non ci siamo voluti fare distrarre».
- I problemi economici li chiamate distrazioni?
«Mi ha chiamato il presidente dell’Alghero calcio, Corrado Sanna, per farmi partecipe dei problemi che la Finanziaria potrebbe causare ai professionisti, che la Regione non potrebbe più sponsorizzare. Va chiarito».
- Da parte delle istituzioni avete massime garanzie. A parole.
«Sia venerdì che domenica al palazzetto c’erano Nanni Campus e il direttore generale regione, la dottoressa Massidda, con la famiglia. Erano entusiasti e mi ha fatto doppiamente piacere. La Regione ci è vicina».
- Anche il sindaco Ganau del centrosinistra. Lei non ne fa un caso politico.
«Non guardo destra e sinistra, giudico una persona per quello che è e non per il colore. Non faccio politica, sono un imprenditore».
- E ha compiuto una bella impresa. Quanto costa la Lega A?
«Quanto costa? Non faccio un discorso diverso tra A1 e A2, il principio è la mentalità. Non è che a 75 anni posso pensare di cambiare mentalità, quindi insisto: sin dal primo giorno ho detto che non rileverei mai un’azienda sapendo in partenza che deve fallire. E noi non stavamo fallendo neanche quando, per mancanza di prospettive, stavamo per cedere a Capo d’Orlando una società senza un euro di debiti. Farò una squadra che non debba soffrire».
- Ma si è fatto un’idea di quanto costerà questa impresa?
«Una buona A1 costa il doppio di una buona A2. Dai 4,5 ai 5 milioni. Se la volessi farla da spendere meno, non farei il bene mio né dei tifosi».
- I contributi pubblici?
«I rapporti con la Regione sono ottimi, se siamo in A1 è grazie al presidente Cappellacci. Ma è chiaro che parlando di A1 parliamo di un altro pianeta».
- Parli di sponsor, allora.
«Non nascondo che se non fossi stato a capo della mia azienda, della quale sono orgoglioso, ma di una multinazionale, non avrei avuto dubbi nel sponsorizzare la Dinamo, per il ritorno e per il bene del territorio».
- Un discorso da fare al Banco di Sardegna.
«Anche alla E.On: al posto loro non mi farei sfuggire l’o ccasione della A1, dove gioca un Brindisi che è stato cercato dall’E nel, e non viceversa. E sarebbe bello pensare alla Bper».
- Col Banco che rapporti avete? C’è una clausola promozione?
«No, zero. Il contratto è scaduto e ci siamo già cercati. Ho bisogno di sapere entro oggi cosa vogliono fare, e la priorità devono averla loro».
- Ma c’è già qualcun altro interessato a voi, si dice.
«No, non c’è nessuno, altrimenti sarei stato più sereno».
- Questo territorio non riesce proprio a esprimere e concretizzare un aiuto?
«No, abbiamo battuto tutte le strade. Non faccio nomi ma abbiamo difficoltà enormi per incassare anche piccole quote di pubblicitarie. Gli sponsor nella stragrande maggioranza sono stati puntualissimi e voglio ringraziarli, anche i tantissimi minori hanno contribuito a questo successo».
- Si riparla di azionariato popolare.
«Al Comitato che ci ha sostenuti bisogna fare un monumento, ma non è la strada».
- La sua è sempre di più la Dinamo di tutta la Sardegna.
«Lo penso a voce alta, se non l’avessi pensato non lo avrei detto. Ne sono convinto, ed è chiaro che adesso lo è ancora di più, a questi livelli».
- La Dinamo ha portato il grande sport a Sassari: diventate un contrappeso rispetto a Cagliari e al Cagliari?
«Quando parlo di Dinamo dico sempre «siamo», uso il plurale. Rappresentiamo il territorio ma non dobbiamo riequilibrarci con nessuno. Siamo Sassari e insieme tutta la Sardegna. Con tutto questo, sono un tifoso sfegatato del Cagliari non solo perché è di Cagliari, è la squadra della Sardegna. Come la Dinamo». - Tecnico e squadra. Ne avete parlato?
«Non si è discusso di nulla ma Meo Sacchetti ha vinto il campionato e non voglio neanche sentire parlare di un altro tecnico, che piaccia o meno. E’ una questione di correttezza, perderlo sarebbe un dispiacere più grande della soddisfazione per la vittoria del campionato».
- E i giocatori?
«Vorrei tenerli tutti e tredici, ma non ho mai messo becco in questi discorsi, li lascio a Pinuccio e all’allenatore senza interferire, poi quando sarà il momento di decidere dirò la mia».
- Un pensiero speciale dopo la promozione.
«Per l’avvocato Dino Milia. Se oggi parliamo di A1 è solo perché lui ha retto la Dinamo per tanti anni. Quando ero ancora un sostenitori esterno una volta a pranzo Dino Milia disse al figlio, indicandomi, che io sarei stato il futuro presidente della Dinamo e io gli risposi di non scherzare, al che lui aggiunse che io la Dinamo l’avrei portata in A1. Sembrava fantascienza, aveva ragione».
- E adesso ci siete.
«Ci siamo e il discorso resta lo stesso. Ci siamo comprati un’auto di Formula 1 ma non voglio guidarla su una pista bagnata e macchiata d’olio. Altrimenti la Ferrari la lascio in garage, non voglio correre per ammazzarmi».