Dopo una spasmodica attesa composta di loop temporali quantistici di 48 ore — una riedizione tutta biancoceleste di quel che si temeva potesse essere un nuovo
En attendant Godot — e trattative misteriose e travagliate quali nemmeno la penna di un Edgar Allan Poe o del più talentoso autore di libri gialli avrebbe saputo concepire, è finalmente arrivata la firma di Maurizio Sarri, che è da oggi ufficialmente il nuovo tecnico della SS Lazio.
Come c'era da aspettarsi, l'attesa è stata corredata da mille voci roboanti e fantascientifiche messe in circolazione da gufi vari – in pieno stile "
si diceva che avesse segnato anche Zoff" – che hanno tentato di destabilizzare l'ambiente biancoceleste, mettendo a dura prova i nostri nervi. Alla fine, però, ai gufi non è rimasto altro che accettare il verdetto del loro destino: prendersela in quel posto.
Abbiamo sofferto — com'è scritto nel nostro destino e com'è ben stampato nel nostro DNA — palpitando per l'arrivo dell'annuncio ufficiale da parte della società. Speravamo che quest'ultimo potesse arrivare il 7 giugno, anniversario dell'approdo al nido delle aquile di Tommaso Maestrelli, indimenticabile artefice di quella che è probabilmente l'impresa più bella della storia del calcio, realizzata alla guida di una banda di pazzi: sarebbe stato senz'altro un segno di buon augurio, ma forse è stato bene così, perché il Maestro rimane un'icona unica e i paragoni sono sempre molto scomodi. Ognuno ha le sue peculiarità, la Storia — contrariamente a quanto si è soliti pensare — non si ripete mai uguale a se stessa.
Sofferenza, dicevo. C'è stato un momento iperbolico in cui sembrava che i cavilli burocratici ci avessero trascinato a un ingresso forzoso nel Castello di Kafka. "
Continuò dunque il cammino, ma era un cammino assai lungo. La strada infatti, cioè la strada principale del paese, non conduceva alla collina del Castello, ma soltanto nelle vicinanze; poi, come deliberatamente, descriveva una curva e sebbene non si allontanasse dal Castello non gli si avvicinava neppure", scriveva il grande scrittore ceco.
Ma penare tanto è valso la pena: per quanto possa suonare come un'esagerazione, l'arrivo del Capitano rappresenta un'autentica svolta nella storia della Lazio. Vediamone i motivi.
1. Il duo Lotito-Tare — sempre sotto l'accetta dei critici, in buona o in malafede, a torto o a ragione, non ci importa più — ce l'ha messa davvero tutta ed è riuscito a portare a casa un gran colpo, superando anche parametri economici prima impensabili e dando garanzie tecniche che manifestano un'intenzione seria.
2. È stata finalmente esorcizzata la maledizione Bielsa-Silva-Inzaghi, che induceva a pensare paranoicamente che il tanto desiderato salto di livello ci schifasse guardandoci dall'alto.
3. Si è data in questo modo una seria risposta al tifo dell'altra parte del Tevere, che dopo aver ingaggiato un presunto profeta portoghese si trova adesso a fare i conti, sull'altra sponda, con un tecnico di primissimo livello.
4. È una bella rivincita nei confronti di un certo tecnico lazialissimo (vedi sopra) che ha pensato – contento lui — di andare ad allenare una gloriosa società in svendita. E che non sa cosa sia l'atavico valore di una stretta di mano e delle cose dette in faccia o delle pugnalate date di fronte, non alle spalle. Buona fortuna, grandissimo stratega.
5. Sarri è vincente. E ha vinto non solo in Italia, ma anche all'estero. Ha un curriculum di tutto rispetto che parla per lui, ben più rilevante rispetto a tutti gli altri tecnici — alcuni dei quali hanno pur fatto bene — della Lazio dell'era Lotito.
6. Sarri propone un gioco brillante, tatticamente sapiente. E per poter continuare a farlo ha chiesto ovviamente garanzie. Buon segno: vuol dire che le garanzie ci sono. Non chiede grandi nomi, ma nemmeno si accontenta di chicchessia. Evidentemente la nostra rosa è molto più quotata di quanto noi stessi (mi ci metto io per primo) siamo abituati a pensare e, dopo un doveroso filtro di giocatori decisamente meno quotati (ne abbiamo, come ne hanno tutte le squadre), ne arriveranno altri all'altezza.
7.
Last but not least,
Sarri alza l'asticella e definisce chiaramente i traguardi della Lazio: almeno un piazzamento stabile in Champions League. Una vittoria contro il sestopostismo, come ho letto in un intelligente post nel topic sul nuovo tecnico.
Tutto questo il tifo laziale lo ha percepito sin dall'inizio, magari inconsciamente, ed è per questo che i lunghi giorni che hanno preceduto l'arrivo del Comandante sono stati pregni di aspettative e ansie così intense come raramente se ne vedono: si sentiva il dolce aroma del cambio epocale, dell'ingresso in una nuova era.
Ma c'è di più: è anche un profilo poco "convenzionale", il tecnico toscano. C'è chi l'ha visto inappropriato per l'ingessato tifo laziale; c'è persino chi ha cercato di buttarla in politica (tanto per cambiare). Eppure, se facciamo un passo indietro nel passato, risalendo alla sua esperienza inglese, non dobbiamo scordare che in terra d'Albione era diventato un cult, con la sua tuta o la sua t-shirt e le cicche di sigarette in bocca per stemperare i nervi. Già, poi però il suo inglese — di altro livello rispetto al balbuziente "The cat is on the table" di altri allenatori nostrani — sorprendeva in conferenza stampa.
A dirla tutta, il Comandante non viene dal mondo del calcio. Non ha mai calcato il prato verde, non ha attraversato la trafila tradizionale: proviene infatti da un impiego in banca e si è tolto giacca e cravatta passando dai grafici della borsa agli schemi tattici, conservando però la meticolosità che la sua professione originaria esigeva. Emana probabilmente anche da questo l'incantesimo del suo look operaio. Un paradosso estetico che non poteva non avere nel suo destino la squadra più paradossale e piena di contraddizioni del panorama calcistico: la Lazio.
Benvenuto, Comandante. Ci togliamo tutti la giacca e la cravatta e indossiamo la tuta, accendendo una sigaretta vintage, politicamente scorrettissima, come noi. Andiamo – per l'appunto — a comandare.
Forza Lazio sempre.