e questo ci porta a una riflessione molto attuale, quella sul km 0.
Io non sono un sostenitore del km 0 a tutti i costi, semplicemente perché non ha senso.
Un salmone allevato nell'adriatico fa schifo.
Così come un tartufo prodotto in terreni poco calcarei o acidi.
Altro discorso è invece sulla varietà: il maiale che faccio allevare per me è di cinta senese perché per una produzione propria poco importa che si perdano quei 100 kg rispetto al large white.
Quel che perdi in quantità (che potresti recuperare parzialmente con un incrocio senese-duroc) ne guadagni in sapore.
Allo stesso tempo però un maiale che vive SOLO al pascolo diventa troppo magro, il muscolo è troppo tonico e quindi non è buono per ragioni opposte. Almeno tre settimane prima va chiuso e ingrassato.
(mi è venuto in mente perché proprio in queste settimane sto finendo la lavorazione
)
Quindi la quesitone riguarda più gli effetti della produzione intensiva che le semplici provenienze.
E pensare che il suo semplice opposto porti a risultati ottimi è una semplificazione.
La produzione intensiva tende ad omogeneizzare i prodotti, puntando alla massimizzazione delle quantità.
Una cucina di qualità conosce e sfrutta invece le proprietà delle varie qualità (geografiche, organolettiche, le modalità di allevamento/produzione). Se sai ste cose stai venti passi avanti. Magari il piatto non sembra un'opera d'arte, ma se non fai grosse cazzate risulterà buonissimo.
Ha senso una cucina che sfrutta il proprio territorio ma non ha senso ridurre LA cucina al proprio territorio.