Quello che io trovo di vero è che l'integralismo culinario sia una cosa abbastanza recente.
A cosa sia dovuto, non lo so, ma io ricordo (non sono vecchissimo) che nella mia infanzia la maggior parte dei ristoranti (buoni o meno) proponevano un'astratta cucina panitaliana.
L'attenzione al prodotto locale è molto, molto più recente. Io credo che di vero c'è che, passato il boom dell'industrializzazione e della standardizzazione dei prodotti (una sola varietà di mela perché più bella a vedersi, magari trentina etc) si sia cominciato a scavare all'indietro sia per il recupero di alcune colture che stavano soccombendo alla standardizzazione gastronomica perché non facilmente replicabili o reperibili, sia perché si cercava di dare nobiltà alla cucina stessa.
Quindi se da un lato si recuperava, dall'altro si inventava di sana pianta o si cercava di rendere un piatto tradizionale quello che era solo per la festa o le occasioni molto speciali. Con tutte le micro differenze che ogni cucina d'Italia aveva da una frazione all'altra.
Però sono non so se riesco ad essere daccot con lo storico del cibo Grandi quando dice che è la fase di cucina standard panitaliana ad essere la "tradizione" dalla quale abbiamo inventato poi le ricette tradizionali (salvo alcuni esempi davvero inventati dopo la seconda guerra) e non invece che sia stata quella fase ad essere "eccezionale" per la tensione alla standardizzazione delle colture e l'industrializzazione dei processi che hanno, invece, interrotto una tradizionale culinaria che, adesso, riprendiamo anche inventandola in alcune parti.