Io avrei concluso il collegamento facendogli ricalciare il rigore, da solo nello stadio vuoto, come rivincita simbolica.
Mi permetto di elaborare il tuo commento di puro genio
Sono per una volta serio.
Nessuno ne ha parlato, ma ieri il post partita della Roma è stata una delle immagini più toccanti e contemporaneamente suggestive della storia della televisione.
Olimpico vuoto, clamorosamente silenzioso, prato lievemente inzuppato dalla pioggia, profumi vaghi di maglie sudate e brina, sensazioni di acidità al gusto di Borghetti, la notte che oscurava tutto, anche i sogni più disperati.
A centro campo un uomo solo, microfono in mano, lievemente ingobbito, gli occhi lucidi di imbarazzo e rabbia, parlantina isterica e sgraziata, idioma più vicino a un suono gutturale che alle rabberciate frasi di un cro magnon.
Lui, Ciccio Graziani.
Avvolto dal rumore irreale di un clima di pacatezza assorta, dopo settimane di schiamazzi, come se in quel momento fosse una retorica figura tracciata dalla isterica penna del Montale.
Intorno a lui solamente pigri gabbiani, che spesso gli rubavano la scena cacando svogliati sul manto erboso, rischiando più volte di colpirlo con le loro liquide deiezioni madreperlacee.
Ecco. Io lo avrei fatto. Io, in mezzo a quell’immagine inquieta, grottesca ma al tempo stesso velata di stolida malinconia che profumava di pallida solitudine lo avrei fatto.
Nel vuoto dello stadio, avrei concluso il collegamento facendogli ricalciare il rigore, da solo, con la sua rincorsa dinoccolata e sgraziata.
Una rivincita simbolica, come mantra metafora di una vita spesso [...].
Io lo avrei fatto.