Se resterà ancora fuori dalla competizione europea la Roma sarà obbligata a riconsiderare le proprie ambizioni
SENZA LA CHAMPIONS TOP PLAYER A RISCHIO (Corriere dello Sport, 17 Maggio 2020)
Pellegrini e Zaniolo i giocatori da blindare, ma sono i più appetibili sul mercato: il club prova a resistere
di Roberto Maida
ROMA
Il problema della verità è che non arriva quasi mai puntuale. Viene anticipata con paura, oppure emerge in ritardo con le sue inesorabili sentenze. E così rileggere le parole che in tempi non sospetti, per la precisione il 3 aprile 2019, un importante dirigente della Roma pronunciò durante un evento universitario spiega il guaio in cui la società si è cacciata: «Una società come la nostra può sopportare un anno senza la Champions League. L’importante è che sia un anno e non una costante» sentenziò Francesco Calvo, ingaggiato nell’estate 2018 da Pallotta su consiglio del Ceo Guido Fienga per migliorare il comparto gestionale-finanziario. Purtroppo adesso l’ipotesi più drammatica è lì, dietro l’angolo: la Roma ha saltato già una stagione di Champions, con ricadute visibili sulle perdite della semestrale (-87 milioni), e rischia di mancare anche il prossimo treno, con la conseguenza di un ridimensionamento delle ambizioni.
RISTAGNO. La verità a posteriori è appunto il bilancio, che certifica quanto ogni osservatore obiettivo aveva compreso in diretta: la Roma è un club gestito in maniera molto spregiudicata, per non dire dissennata, ed essendo appesa quasi solo al risultato sportivo vive un forte affanno dopo una serie di errori strategici commessi. Quando la cordata di Pallotta ha rilevato la Roma dalla famiglia Sensi, nel 2011, il patrimonio tecnico e il fatturato erano a livelli molto più bassi, anche perché erano minori i premi Uefa, ma era relativamente bassa anche la cifra dell’indebitamento (anche se il gruppo Sensi era esposto con le banche per cifre decisamente superiori e per questo fu obbligato a cedere): circa 110 milioni, contro i 278,5 documentati dalla trimestrale appena pubblicata. Con questo non stiamo affermando che “si stava meglio quando si stava peggio”, perché il valore di mercato della Roma prima del Covid era salito a 710 milioni lordi, come da accordo natalizio con Friedkin, senza contare i vari record di ricavi. Ma il paragone serve a comprendere il senso delle ultime operazioni di Pallotta: risanare la società sarà il modo più semplice per venderla.
ASSET. E così, salvo recupero della zona Champions nell’aleatorio finale di stagione, non basteranno il recente Decreto Liquidità e la sospensione del fair play finanziario a incoraggiare nuovi investimenti. Pallotta e i suoi soci dovranno ricorrere agli asset più redditizi, cioè i calciatori, per aumentare i ricavi nel breve periodo. Con plusvalenze e non solo. Nel momento in cui manca il denaro anche per pagare gli stipendi, può essere consigliabile un piccolo minus pur di garantirsi liquidità. Detto che la Roma ha intenzione di difendere in tutti i modi i talenti che ne rappresentano presente e futuro, dunque Zaniolo e Pellegrini, non è più scontato che il mercato le permetta di trattenerli. Due anni fa, dopo la semifinale di Champions League, mentre Pallotta e Monchi promettevano pubblicamente la conferma di Alisson, un dirigente della Roma raccontava off records che «noi non vogliamo venderlo, ma lo compreranno». Non era un paradosso ma la normalità. A certe cifre tutto si può trattare. E Alisson andò al Liverpool per una settantina di milioni. In questo caso però è anche peggio, perché la pandemia ha fatto crollare i prezzi e aggravato le condizioni finanziarie della società. Pellegrini, se dovesse andar via, potrebbe fruttare al massimo i 30 milioni della clausola. Zaniolo poi, dopo un serio infortunio, verrebbe pagato meno del dovuto. Eppure gli obblighi sono stringenti per la continuità aziendale. Come nel 2009, a malincuore, Rosella Sensi si privò di un rampollo come Alberto Aquilani, pure lui finito al Liverpool, anche Guido Fienga dovrà confrontarsi con le necessità impellenti.
SPERANZA. Non che non esistano strade alternative. Ed è su quelle che si sta concentrando il direttore sportivo Petrachi, sotto lo sguardo vigile e interessato di Fonseca. Tre le direttrici imboccate: a) taglio del monte stipendi di almeno il 25 per cento, con la collaborazione dei calciatori che potrebbero accettare dilazioni e spalmature. Dzeko in testa; b) cessione di calciatori intriganti ma non decisivi, da Ünder a Kluivert, da Cristante a Spinazzola, oltre ai giovani tipo Riccardi, che è ammirato lontano da Trigoria e meno a Trigoria; c) sistemazione dei giocatori attualmente in prestito. Il più importante è Patrik Schick che ha cominciato male la seconda parte della Bundesliga nonostante il tweet di sostegno della Roma: partito dalla panchina con il Lipsia, ha ciccato al minuto 88 il pallone della possibile vittoria contro il Friburgo. I 25 milioni previsti dalla sua partenza sono un’iniezione di fondi su cui Fienga conta per ripartire. Ma non basteranno, da soli: devono incastrarsi diversi elementi positivi per non tirare in ballo i cognomi Zaniolo e Pellegrini.