LA TRATTATIVA
Ma quanto vale davvero il club giallorosso? (Gazzetta dello Sport, 3 Giugno 2020)
di Marco Iaria
Pallotta ha respinto l’ultima offerta di Friedkin: 490 milioni più 85 di ricapitalizzazione. Ma quanto vale davvero la Roma? E il prezzo proposto dal texano è aderente alla realtà? Viene in soccorso la valutazione d’impresa redatta di recente da Kpmg. E la riposta alla seconda domanda è sì. Vediamo perché. Friedkin aveva sottoscritto a dicembre con la cordata di Pallotta, titolare dell’86,6% della Roma attraverso la As Roma Spv Llc, un contratto di esclusiva per l’acquisto della maggioranza. A causa del Covid-19 l’acquirente ha riformulato l’offerta: 575 milioni, di cui 490 come enterprise value e 85 di ricapitalizzazione. A fini del nostro ragionamento, il numero da considerare è quindi 490. L’enterprise value è la valutazione aziendale di una società ed equivale la somma degli apporti di capitale dei soci (equity) e dei debiti. Tenuto conto dei debiti della Roma, pari a circa 300 milioni, il valore “grezzo” attribuito da Friedkin è di 190 milioni. Pallotta ha detto no. Se abbia fatto bene o male non possiamo stabilirlo noi perché il venditore è lui. Possiamo però giudicare l’offerta di Friedkin in linea con i fondamentali economicofinanziari della Roma. Secondo Kpmg la Roma valeva al 1° gennaio di quest’anno 602 milioni. Nel frattempo è scoppiata la pandemia. La stessa Kpmg stima una svalutazione media per i club del 20-25% con un’incidenza maggiore per quelli che dipendono di più dal player trading e che sono più indebitati. Nel caso della Roma, ciò si traduce con una valutazione attuale attorno ai 450 milioni, che potrebbe tendere verso i 500 mettendo nel conto il progetto-stadio. I 490 milioni di Friedkin appaiono in linea con la valutazione aziendale stimata da Kpmg, che utilizza il modello dei multipli del fatturato correggendo il moltiplicatore con un algoritmo che pesa il rapporto stipendi-fatturato, il seguito sui social media, il valore della rosa, la gestione dei diritti tv e la proprietà di impianti. Spiega Andrea Sartori, global head of sports di Kpmg: «Bisogna sempre fare distinzione tra il concetto di valore e quello di prezzo, che spesso differiscono. Se parliamo di valore d’impresa, allora l’ultima offerta di Friedkin così come illustrata dai giornali è a mio avviso una valutazione aderente alla realtà. Ciò che va a impattare molto sul valore finale è il progetto dello stadio: quanto è più alta la probabilità di una sua realizzazione, tanto più è destinato ad aumentare il prezzo di transazione. Ovviamente anche la volontà e l’eventuale necessità di vendere avrà un impatto finale sul prezzo». Già, tutto dipende da Pallotta e dalla cordata che rappresenta. L’offerta di Friedkin è stata rifiutata, tanto che l’advisor Goldman Sachs ha ricominciato a inviare il dossier in tutto il mondo, dall’America (si fa il nome di Joseph DaGrosa, presidente del Bordeaux) ai territori arabi. Un rifiuto, quello pallottiano, strettamente collegato a una valutazione costi-benefici. Finora l’esposizione degli azionisti americani ammonta a circa 330 milioni, tra acquisto delle quote (96 milioni) e versamenti nel club (232). Di fronte all’iniziale offerta di Friedkin si era parlato di una potenziale plusvalenza per Pallotta e soci di 90 milioni. Ora, invece, accettando i 490 milioni del texano, di cui 190 di solo equity, la compagine ci rimetterebbe circa 140-150 milioni, che però sarebbero un centinaio netti perché si risparmierebbero i 41 milioni del residuo dell’aumento di capitale, a quel punto di competenza di Friedkin. Le stesse necessità di cassa della Roma (perdita stimata di 110 milioni al 30 giugno) hanno un loro peso. Da un lato la voglia di rientrare dall’investimento fatto, dall’altro la prospettiva di dover continuare a supportare finanziariamente la Roma in caso di una mancata vendita: è un bel dilemma, quello di Pallotta. Di difficile risoluzione.
lo so che sto facendo una domanda inutile, ma un giornalista davvero indipendente, esiste più?
oggi s'aggiunge anche sto nuovo tizio con un panegirico ridondante, condito da termini spesso anglofoni che dovrebbero alludere al fatto che lui ce capisce più di tutti, anche se nessuno di quelli che prevedibilmente lo leggerà, sarà riuscito ad andare al di là del primo termine astruso e non facente parte del loro ricco vocabolario di 40 parole.
tutto questo per capovolgere il teorema secondo cui il rapporto tra la domanda e l'offerta è biunivoco.
qui in questo arcipelago di scogli linguistici in cui lo iaria conduce volontariamente la nave al fine di confondere la rotta, ci viene spiegato che l'offerta è da ritenersi oggettivamente corretta, e quindi è la domanda che deve adeguarsi.
anche l'eventuale paventata perdita mostruosa da parte degli attuali proprietari (alla fine dell'articolo si parla di un centinaio di milioni), è da considerarsi nell'ambito di una nuova dialettica tra le due entità economiche di base, in cui la domanda deve essere schiava in tutto e per tutto dell'offerta, se questa viene ritenuta universalmente corretta, una volta applicate le formule KPMG sapientemente (mal) illustrate.
è una nuova giustizia cosmica a cui nessuno deve sfuggire, nemmeno Pallotta, che al dilemma di difficile risoluzione potrebbe rispondere in effetti con un'azione prevedibilissima, ovvero se non mi date quanto chiedo ve la prendete nel culo e il rientro lo faccio intanto cedendo gli asset con più valore e introducendo una politica di abbattimento dei costi (la cura Lotito dei primi anni).
come osa? pare la domanda di fondo che sottende a questo articolo?
l'opzione realmente semplice e anche, se non fosse questo del trigoria un mondo al contrario, ragionevole non è proprio contemplata, strano. perché? e qui si torna alla domanda di inizio riflessione.
per quale motivo nessuno di questi personaggi si azzarda minimamente a fare un discorso anche un minimo controcorrente rispetto al ventre molle della tifoseria incazzata? per quale motivo bisogna fare informazione pensando prima di tutto a lisciare il pelo della bestia incattivita?
bisognerebbe forse cominciare col dire loro che se non hanno mai vinto un cazzo in questi 12 anni, facendosi superare dalla Lazio di Lotito (resisti!) quanto a numero di trofei conquistati è anche colpa di una narrazione che vedeva nella filosofia di gestione attuale il modo migliore per conquistare la vetta del calcio mondiale nel più breve tempo possibile. narrazione che da sempre solletica e alimenta la loro predisposizione naturale a farsi prendere per il culo, che da sempre li nutre a pane e sogni di abnorme grandezza, costantemente, regolarmente infranti prima che arrivi maggio.
anni e anni di passi sempre più lunghi della gamba, e sempre applauditi dagli stessi che adesso, per non farsi azzannare le mani dalla bestia, accusano l'attuale dirigenza di aver fatto passi più lunghi della gamba.
quindi da parte loro bisognerebbe prima di tutto ammettere che sì, in tutti questi anni vi abbiamo raccontato cazzate, la roma è una squadra di fascia medio alta a cui non sono concessi sogni di gloria se non sporadicamente, come del resto è sempre stato nella propria esistenza; la roma è una realtà calcistica che per competere stabilmente a certi livelli deve dimensionarsi alla sua reale natura, al suo reale spessore e da lì ipotizzare una crescita sostenibile, mentre la logica dei passi più lunghi della gamba era una merda che ci ha portato sull'orlo della bancarotta, scusateci. abbiamo preso per culo anche lotito, fino al 2013, pensa che imbecilli che siamo. ancora scusate.
invece no: continuano a soffiare sul fuoco che arde proprio vicino alla polveriera di una nave che avrebbe anche diverse falle a bordo, da loro ignorate nel corso di tantissimi anni.
buon naufragio o esplosione, se è questo che volete, se è questo che, allisciando sempre e comunque il pelo della bestia incattivita, alla fine innescherete.