L’analisi - Dentro i bilanci della società giallorossa
Alla Roma serve una nuova ricapitalizzazione aspettando altri investitori o un acquirente (Corriere dello Sport, 22 Aprile 2020)
I conti del club sono in grave perdita: tocca agli azionisti intervenire con ulteriore liquidità
di Marcel Vulpis*
Stallo alla messicana. Il magnate texano Dan Friedkin (importatore della Toyota in cinque stati americani) sarebbe ancora interessato al brand AS Roma, ma le condizioni di mercato non sono più le stesse di pochi mesi fa.
Ad aver “raffreddato” l’interesse del fondatore di Gulf States Toyota Distributors è soprattutto l’impatto devastante dell’emergenza Coronavirus, prima sul mercato italiano (con effetti collaterali sull’intero sistema calcio), poi sull’economia del Paese (nei prossimi 12 mesi il prodotto interno lordo perderà non meno di 10 punti percentuali). Anche Friedkin, impegnato su diversi fronti imprenditoriali (inclusi la cinematografia e i luxury & adventure resort), ha scelto di stare alla finestra per rivedere la strategia di sviluppo dei suo business. Solo la ripartenza del campionato, in tempi brevi, può riaccelerare la trattativa, che ripartirà, però, da una base nettamente inferiore (da quantificare in una nuova attività di due diligence).
IL RIPOSIZIONAMENTO. I conti della AS Roma necessitano di una iniezione fresca di liquidità. Una robusta ricapitalizzazione (più di 150 milioni di euro) per risanare e riequilibrare il bilancio aziendale. Pallotta, per la cronaca, nell’ultimo semestre, è intervenuto con un primo acconto di 79 milioni di euro, ma adesso serve una nuova tranche, sempre che, nel frattempo, anche per gli effetti del Coronavirus, non si debba operare un intervento più vigoroso. L’obiettivo è duplice: riportare il patrimonio in territorio positivo dotando di mezzi propri la società. Secondo molti analisti la ricapitalizzazione, per impattare positivamente su progetti futuri, dovrebbe superare i 200 milioni di euro.
I conti giallorossi parlano chiaro: i ricavi, al netto delle plusvalenze, non superano i 100 milioni di euro (per la precisione 96,6), mentre i costi del personale (tra tesserati, dirigenti e impiegati) hanno toccato il tetto degli 83,7 milioni di euro. La dirigenza capitolina, in questa fase di grave emergenza, ha introdotto la cassa integrazione a rotazione per oltre 75 dipendenti, ma questa è solo una soluzione tampone che non risolve definitivamente il problema. I dati del 1° semestre della stagione in corso (1° luglio-31 dicembre 2019) sono preoccupanti: il “rosso” della Roma ha toccato quota -86,97 milioni di euro.
Serve quindi una exit strategy o un vero e proprio riposizionamento da parte dei vertici del club. L’ipotesi cessione risolverebbe i problemi economico-finanziari e porterebbe denaro fresco nelle casse giallorosse, ma se ciò non dovesse avvenire, per una serie di ragioni tecniche (collegate a filo doppio all’emergenza Covid-19), non è da escludere che la Roma, fuori anche dalla Champions (attualmente è quinta in classifica a tre punti dall’Atalanta), possa finire nel mirino degli ispettori Uefa (per il mancato rispetto del fair play finanziario).
James Pallotta si troverebbe costretto, tramontata (eventualmente) l’ipotesi Friedkin, ad una serie di scelte obbligate: procedere, in tempi brevi, alla ricapitalizzazione o allargare la compagine societaria a nuovi investitori (in attesa di una nuova trattativa di spessore).
La strada più suggestiva, infine, potrebbe essere la trasformazione del club in una società ad azionariato diffuso (aperta ai tifosi come il Barcellona, il Real Madrid o il Bayern Monaco), trasformando, di fatto, l’AS Roma nella prima public company del calcio tricolore. Un progetto che lascerebbe un segno tangibile nella storia del club capitolino.
* direttore agenzia Sporteconomy.it