Mossa Friedkin
Ricapitalizzare ma con calma (la Repubblica ed. Roma, 13 Novembre 2020)
Fallita l’Opa, il controllo della società prelude all’uscita dalla Borsa: i tempi però si allungano
di Luca Iezzi
Un altro anno in Borsa, o poco meno, per la As Roma. È arrivata l’ufficialità: l’Opa voluta dai Friedkin come primo passo per la riorganizzazione finanziaria del club giallorosso è fallita. I nuovi proprietari offrivano 0,1165 euro ad azione ai piccoli soci, che hanno ritenuto la valutazione troppo bassa come conferma il fatto che in questo mese di Opa il prezzo sul listino è sempre stato superiore a quel valore. Anzi in queste ultime sedute il titolo è volato fino a 0,28 euro. I dati definitivi comunicati dalla stessa società dicono che del 13,4% disponibile sul mercato, solo lo 0,2% è andato ad ingrandire il pacchetto di controllo dei Friedkin per un esborso di circa 160 mila euro. Gli americani salgono così all’ 86,8%, ma puntavano ad arrivare almeno al 90% per poi arrivare attraverso un’altra Opa al vero e proprio delisting.
L’effetto più importante della permanenza sul listino è che i tempi del progetto messo in piedi a luglio si allungano, avere mano libera sulla Roma ( e per questo controllarne il 100% del capitale) è ancora considerato necessario, ma ci si arriverà in altro modo. Probabilmente come effetto dell’aumento di capitale da 210 milioni già previsto e che sarà deliberato ad inizio dicembre (ma che può essere spalmato nel corso di tutto il 2021). A quel punto i rapporti tra azionisti di maggioranza e minoranza si invertiranno: sarà la Roma a chiedere circa 28 milioni di euro ai piccoli soci (la quota parte dell’aumento), pena vedersi diluire nel capitale. Se Friedkin o suoi soci intervenissero per coprire quei 28 milioni non sottoscritti automaticamente arriverebbero al 90% anticamera del delisting.
E sulla base di questa considerazione che probabilmente di fronte alle scarse adesioni il management giallorosso non ha ritoccato il prezzo per invogliare i piccoli soci. Infatti non si è andati oltre qualche appello (caduto nel vuoto) a fare il bene della società facilitando il passaggio. In questo senso i Friedkin vedono svanire l’opportunità di ricomprare le azioni ad un storicamente molto basso, segno che anche quando si parla di questioni primariamente affettive come il tifo per una squadra di calcio si finisce per decidere con il portafoglio. Anche se fonti finanziarie fanno notare che ormai la figura del tifoso-azionista è in via di sparizione e quel 13% in Borsa è in mano a fondi e piccoli trader che ragionano solo in termini di guadagni immediati e arbitraggi.
Naturalmente ha influito la pandemia, e in questo contesto il delisting è sceso in basso nella sequenza delle priorità. La perdita al 30 giugno è di 188 milioni (con debiti arrivati a 300 milioni) alimentata dagli stadi chiusi e dai mesi di lockdown. Metter soldi nel momento sbagliato significa bruciarli velocemente. Anche i 10 milioni di esborso massimo dell’Opa devono essere sembrati eccessivi.
La Roma ora lavora a costruire la squadra dirigenziale e mantenere il buon momento dal punto di vista dei risultati sul campo. A marzo, magari con stadi di nuovo in via di riempimento e la squadra che lotta per un posto Champions, l’aumento di capitale sarà accompagnato da un piano di rilancio più credibile ed appetibile. Anche gli investitori l’accoglierebbero con molto più entusiasmo.