Tor di Valle, un'altra frenata La Regione: manca l'accordo (Il Messaggero, Cronaca di Roma, 28 Ottobre 2020)
LA POLEMICA
«Nessun accordo» con il Campidoglio sul nuovo stadio della Roma. Virginia Raggi incassa lo stop della Regione, che smentisce le parole della sindaca sul progetto di Tor di Valle, per il quale in mattinata aveva parlato di «modifiche interamente concordate» con la giunta di Nicola Zingaretti sui testi delle delibere necessarie a sbloccare l'iter. Dichiarazioni che l'inquilina di Palazzo Senatorio ha pronunciato durante la presentazione del piano di conservazione dello stadio Flaminio: seicento pagine divise in sei capitoli per raccontare storicamente e architettonicamente il passato, il presente e il futuro dell'impianto ideato e realizzato da Pier Luigi e Antonio Nervi. «Ma non ci sono fondi né piani di lavoro», attacca Carlo Calenda.
BOTTA E RISPOSTA
Raggi ha frenato sull'ipotesi di un ulteriore slittamento del voto decisivo in assemblea capitolina, sul progetto di Tor di Valle, dovuto a possibili carenze nelle delibere propedeutiche al via libera alla convenzione urbanistica. «Rispetto alla Città metropolitana gli atti sono pronti e li firmerò a breve - sostiene la sindaca - Per quanto riguarda la Regione il progetto e le modifiche sono state interamente concordate, quindi adesso aspettiamo la firma da parte della Regione». Da via Cristoforo Colombo, però, a stretto giro arriva una secca smentita: la Regione, «come da corrispondenza fra gli Uffici di Roma Capitale e le strutture regionali competenti datata 5 agosto 2020, ha sottolineato come non sussistessero ancora le condizioni per arrivare ad un accordo che potesse essere votato dalla giunta regionale e che ci fosse la necessità di approfondimenti tecnici da elaborare in sede congiunta». Alla richiesta di agosto, sottolineano dalla Regione, «non è mai seguita una risposta ufficiale» del Campidoglio. In particolare, mancherebbero alcuni atti tecnici propedeutici, come quelli che riguardano le criticità ancora del progetto, a partire dal nodo dei trasporti. Insomma ancora niente da fare per il travagliato stadio della Roma, che probabilmente vedrà passi in avanti molto più in là del previsto. Anche perché, dopo la conclusione dell'iter amministrativo, servirà comunque altro tempo (almeno un paio di mesi) per l'aggiornamento tecnico del progetto, che dovrà essere eseguito dalla società giallorossa.
IL DOSSIER
Il piano di conservazione del Flaminio, presentato ieri, è accompagnato da un modello Hbim: uno strumento operativo che documenta lo stato di fatto e la storia degli interventi subiti nel tempo dalla struttura, utilizzabile sia come supporto agli interventi di restauro che per la gestione del programma di manutenzione dello stadio. «Un lavoro rigoroso e complesso che ha preso questa opera, l'ha studiata, e ha provato a fare dei ragionamenti su come, nella preservazione dei suoi elementi identitari e caratteristici, possa essere inserita in un contesto contemporaneo: rifunzionalizzata, ma senza perdere la propria identità», sottolinea Raggi. Lo studio è stato condotto dalla'università Sapienza, da Do.co.mo.mo. Italia e dalla Pier Luigi Nervi Project Association, grazie ad un contributo erogato dalla Getty Foundation. Con un limite, però, importante: dopo anni di annunci sul recupero dell'opera, costruita per le Olimpiadi del 1960, a pochi mesi dalla fine della consiliatura l'amministrazione presenta uno studio con tanti possibili sviluppi ma nessun progetto concreto. Tanto che lo stesso assessore capitolino allo sport, Daniele Frongia, immagina una forbice molto ampia, «tra i 20 e i 40 milioni», dei costi per ristrutturare l'impianto, a seconda dell'intervento. Il Flaminio, peraltro, è stato inserito anche nei progetti per i quali il Campidoglio chiede il Recovery Fund, con una richiesta di 80 milioni di euro. Il candidato sindaco di Azione, Carlo Calenda, che ieri ha iniziato un percorso di ascolto nelle periferie (prime tappe: San Basilio e Casal Bruciato) attacca: «Questa non è neanche la politica degli annunci, è la politica che pretende di prendere per fessi i cittadini».
Fabio Rossi