http://www.lalaziosiamonoi.it/in-evidenza/esclusiva-radiosei-stefano-lovati-ricorda-il-grande-bob-aeoeuna-figura-come-lui-servirebbe-alla-lazio-di-oggi-ci-sara-il-12-maggioae-42673ESCLUSIVA Radiosei - Stefano Lovati ricorda il grande Bob: “Una figura come lui servirebbe alla Lazio di oggi. Ci sarò il 12 maggio!”Il 30 marzo 2011 non può che essere ricordato come uno dei giorni più tristi nella storia della S.S. Lazio. Domani saranno infatti tre anni dall’addio all’immenso Bob Lovati, la più grande icona del primo club della Capitale, con cui ha ricoperto praticamente ogni ruolo. Alla vigilia della ricorrenza, ai microfoni di Radiosei è intervenuto il figlio dell’indimenticato Bob, il Dottor Stefano Lovati. “E’ stato sempre molto ironico con se stesso e quindi anche con il mondo che lo circondava, aveva sempre una buona parola per tutti - ricorda in apertura -. Io ho vissuto solo in parte la sua vita sportiva, da cui spesso mi teneva fuori, facendo muro tra quello che era l’universo familiare e il mondo che l’ha visto da sempre primeggiare, prima come calciatore, poi come dirigente e infine semplicemente come persona amata, non solo nel panorama biancoceleste: anche tra tutti i romanisti che mi capita di incontrare oggi ritrovo un ricordo molto dolce di papà”.
DAL CAMPO ALLA SCRIVANIA - C’è spazio per i ricordi, che cominciano inevitabilmente dalle sue esperienze in giacca e cravatta: “Di papà giocatore non ricordo praticamente nulla, se non attraverso foto e filmati, visto che lui ha smesso quando ancora dovevo nascere. Di papà dirigente invece ricordo perfettamente tutto, avendo vissuto al suo fianco tutta la sua esperienza più importante, a partire da quando era il secondo di Maestrelli fino all’era Cragnotti, con cui aveva un rapporto molto bello. Professionalmente ci siamo un po’ persi quando io sono entrato nella Lazio attuale, quella del presidente Lotito, visto che lui era ai margini della situazione societaria. Ogni tanto parlavamo di Lazio, ultimamente sempre meno visto che lui si era molto disamorato…”.
L’appuntamento ‘Di padre in figlio’ del 12 maggio vedrà protagonista anche lui sul prato dell’Olimpico, in una serata che si preannuncia carichissima di lazialità: “Ho sentito ultimamente Oddi, Pulici e Wilson, mi hanno invitato a questa iniziativa a cui chiaramente parteciperò…dalla panchina! Sarà una bellissima serata, mi emozionerò a ritrovare volti cari che hanno segnato la mia vita adolescenziale e non solo”.L’ULTIMO BOB - Nessun dubbio quando gli viene chiesto se una figura alla Bob Lovati potrebbe servire anche oggi a questa Lazio: “Credo che sarebbe servito anche prima di questa situazione - confessa Stefano -, senza entrare troppo nel merito delle vicende odierne visto che sono parte in causa. Per unire la società e la tifoseria servirebbe un grosso esperto di calcio in grado di dispensare consigli di grande valore, come faceva mio padre con allenatori e presidenti, per mitigare determinate situazioni e stemperarne altre con diplomazia. Oggi servirebbe davvero una figura come la sua”. Bob ha trascorso gli ultimi anni della sua vita fuori dal mondo Lazio, a tal proposito Stefano precisa: “Ci tengo a dire che Lotito non l’ha mai cacciato: le porte erano aperte per lui sia a Formello che allo stadio, nonostante se ne siano sentite di tutti i colori. E’ chiaro che quando una dirigenza compie delle scelte aziendali ognuno può pensarla a modo proprio. Lui non esternava particolarmente né le gioie né le sofferenze, si faceva scivolare molto addosso e cercava sempre di sdrammatizzare ironicamente. Ci rimase male? Lui non esternò mai questo disagio, ma in cuor mio secondo me sì. Alla Lazio sarebbe rimasto anche gratuitamente per dare il proprio contributo. Questa però è una mia sensazione, a me non ha mai detto nulla in merito”.
BIRMINGHAM - Tra tutti i successi dell'interminabile carriera laziale di Bob, Stefano ne indica uno particolarmente inaspettato: “La finale di Coppa delle Coppe vinta a Birmingham: io ho delle foto che immortalano lui e Vieri visibilmente ubriachi mentre si abbracciano e bevono champagne dentro la Coppa! I giocatori lo vollero fortemente portare in questa trasferta. Sicuramente la prima Coppa Italia, quella del 1958, rimase qualcosa di unico, ma quello io non lo posso raccontare”. Condividere l’affetto verso il padre con tutto il popolo laziale è prassi quotidiana: “C’è ormai una dicotomia in me: da una parte io che lo ricordo come padre, educatore e nonno dei miei figli, dall’altra parte i miei pazienti che mi ricordano tutti i giorni di chi sono figlio. Proprio ieri uno di loro mi ha portato una vecchia foto, inedita, di papà con Franco Janich. Sono felicissimi di omaggiarmi con questi pensieri e anch’io lo sono nel pensare che a lasciare un segno nella memoria di tutti i tifosi sia stato sia lo sportivo che l’uomo Bob Lovati. Papà ha dimostrato che per essere ricordati bisogna lasciare un’impronta concreta nella vita, cosa che a lui è riuscita senza alcun dubbio”.
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