ci sono momenti di storia, quella minima, di ognuno di noi, che hanno senso in quanto inseriti in un contesto più grande, ampio
in un disegno, semmai ce ne sia uno o ce ne sia mai stato uno, che ci vede pulviscolo eruttato nell'aria, gocce di saliva sputate lontano, sangue sparato fino dove non arrivava più da tempo, sudore colato dietro la linea di una schiena mai spezzata ma manco mai piegata
pulviscolo, saliva, sangue e sudore di ognuno di noi che era lì, innescato da una zampata sconnessa non solo dallo stile ma quasi dalla speranza che si affievoliva sempre più
hanno ragione tutti quelli che hanno scritto prima: un urlo simile veniva da talmente dentro di noi da essere quasi dimenticato
un urlo che raccontava la rabbia del sentirsi ancora vivi, ancora una volta
un urlo che partiva dall'estate prima, da quelle prime pagine sparate in faccia ai nostri incubi ed ai sogni di tutti quelli che ci odiavano
non era finita, non poteva e doveva esserlo
ci aspettava un altro, forse più epico episodio, ma che non avrebbe avuto modo di esistere senza quell'urlo e senza il goal di Giuliano Fiorini
anni fa, vuppunto scrisse di quando incontrò Giuliano a Bologna e del suo forza Lazio al quale il bomber rispose con un cenno di assenso, quasi stordito dalla grandezza che ancora dopo venti anni si ripercuoteva su ogni singolo Laziale
non ho avuto modo di incontrarlo, ahimè
gli avrei raccontato di come, al fischio finale, io precipitai in un pianto catatonico seduto con la testa fra le mani mentre i miei amici esultavano ognuno a modo loro
quel pianto arrivava alla fine di una tarda adolescenza tormentata ed era necessario per affogare tutta la merda mangiata finora e per annaffiare la speranza che il domani di ogni Laziale sarebbe stato migliore