Ho smaltito la rabbia (anzi le rabbie) post derby e sono tornato lucido.
Ripenso alle ragioni che mi fanno emozionare, ai motivi profondi di questa
passione. In parte non li so spiegare, ma la parte esprimibile evoca parole
come nobiltà, correttezza, stile, storia, dignità.
Ed allora al di là delle cronache, dei protagonisti e delle miserie che pure
ci sono nel nostro popolo, devo dire che le vittorie della Lazio sono ancora
lì e possiamo esibirle con fierezza.
Abbiamo notizia negli ultimi anni di giocatori che in una partita decisiva
ammettono il fallo di mano, aiutando l'arbitro a correggere la propria
decisione? Le miserie da ultras sono diffuse e trasversali, ma noi abbiamo
una curva che ha citato Dante. E potrei ovviamente continuare.
Non disperdiamo questo patrimonio, non lasciamo che quella sottile differenza
sparisca. Il mondo è pieno di tifosi, di squadre che vincono, di rigori mal fischiati.
Se guardiamo alla nostra storia, ritroveremo le ragioni profonde dell'esser laziali,
sintetizzabili in quel mirabile motto "Vincemmo scegliendo di non esser voi".
E non tanto (e non solo) per il rifiuto di sciogliersi in quella fusione del 1927,
ma perchè nel corso dei decenni ogni nostra storia epica si è intrisa di quella
indefinibile categoria che è la lazialità.
Nei prossimi giorni il corriere mi recapiterà un pacco contenente polo e felpe
con i nostri colori. Ho regalato una polo bianca alla mia fidanzata russa, le ho
mostrato la foto e mi ha risposto: "E' bellissima, molto chic". Dopo le ho confessato
che è la polo della Lazio. E lei mi ha risposto sorridendo: "Beh allora è ancora più
bella."
Teniamo in alto i nostri colori, voliamo alto ricordando che le aquile non
volano a stormi. O per dirla in modo classico "Aquila non capit muscas."