Addio 2011, addio... E ritorna in mente quel che rimane, la fede Laziale...

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Offline enrico94

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Addio 2011, addio... E ritorna in mente quel che rimane, la fede Laziale...
« il: 31 Dic 2011, 13:13 »
 Luca Capriotti - Lalaziosiamonoi

Quel che rimane impigliato nella memoria, quel che ritorna in mente di quest'anno di Lazio, di vittorie e sconfitte, delusioni e tremori, robuste soddisfazioni e rabbie, riposa quest'oggi, volgendo al termine. E riposa su qualche certezza, e viene pungolato da qualche spigoloso interrogativo. L'anno che i prepotenti gol di Kozak hanno catapultato nel mondo, doppietta a stendere la Fiorentina, autorete di Zapata provocata, gomitata a Legrottaglie, faccia da bambino ferocia da unno, un solo fisico dominante nell'area di rigore, di professione Killer di una Lazio spuntata. Questo é l'anno dove Zàrate Mauro, di professione numero 10, delizia della curva croce di quasi tutti gli allenatori, si spegneva poco a poco, raffreddato da sostituzioni e lunghe panchine. Senza sorriso, neppure per me: c'eravamo tanto amati. L'anno che lo vedrà poi interista, é l'anno in cui le partite importanti, quelle in cui fatalmente si doveva dimostrare di possedere il guizzo in più per superare le soglie dell'Olimpo Europeo, quelle in cui quel guizzo smagriva, spariva. Più impalpabile di certe prestazioni europee successive, ai limiti del vergognoso, ai limiti del professionismo. Dove non osano neppure gli errori di Bojan sotto porta. L'anno di titani che battono l'Inter 3 a 1, e si fanno superare da Krasic come da Simplicio, da Cavani come da Grossmuller. Artisti, fenomeni che sbarcano a Roma sotto gli occhi increduli dei tifosi, l'anno dello sconosciuto che non vive che di corsa, Lulic e di qualcuno che parte lasciando un enorme vuoto di serpentine e tunnel, gol e palloni non rincorsi, perduti come lo smalto del primo anno. Questo é stato l'anno di Reja fischiato e praticamente quarto, Reja dimissionario e Reja che vince il Derby. L'anno in cui Klose ha fatto in modo che la Storia si fermasse a Formello, e l'anno di morto un caso se ne fa un altro, e arriva Cisse che esplode e si spegne pian piano, destino degli estrosi alla corte di Reja. L'anno degli operai che fanno della corsa il loro unico credo, del sudore il loro mantra, di Brocchi e Gonzalez, e perché no, anche di Lichtsteiner, che ha abbracciato le scintillanti promesse bianconere, e corra pure per un'altra maglia ma rimane sempre quello che in campo si trasforma vedendo giallorosso, scoprendo i denti e i tacchetti. Se non fossi un tifoso, vorrei essere Lichtsteiner ai derby, quasi la stessa cosa. L'anno del Profeta col suo piede divino, e di Mauri prima irresistibile, irritante poi assenza pesante, pesantissima. E poi di corsa qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure, l'amore ai tempi di Klose declinato in un solo gesto tecnico, il gol che chiude la maledizione e libera l'urlo troppo tempo strozzato in gola. Questo é l'anno in cui capitan Rocchi regalava ai nipotini un nuovo racconto in futuro e a sé stesso un ricordo dorato in più, il centesimo con la stessa maglia, quella con l'aquila, quella che è sempre più sua, che è di chi l'ha sempre onorata. È l'anno di Muslera, insicuro e potente, della rivincita profondamente giusta di Marchetti, di giocatori dimenticati come Garrido e Makinwa e riserve, chiamate al momento cruciale, che hanno risposto solo con un cenno del capo, dando tutto: Scaloni, Stendardo, Berni e Diakite che non sa più che vuol dire panchina, da quando viene usato con continuità. L'anno del gol di Pepe quando non ci voleva, della rimonta impazzita del Napoli al San Paolo, del Vietnam che, nonostante tutto, si respirava all'ultima giornata, affaticati e sfranti dopo una lunga corsa, senza il premio meritato tra le dita, condannati dai freddi numeri. L'anno di calcioscommesse e schifezze, di Doni in mutande e qualche partita di troppo della Lazio indagata, di Signori in manette che é una ferita per ogni vero laziale. Nulla può cancellare quel che è stato un campione per la sua gente. Io e i miei occhi scuri siamo diventati grandi insieme in quest'anno, arrabbiati della stessa rabbia di Cisse senza gol, della stessa tristezza di 11 gol di Hernanes che non sono bastati, la stessa sostanza dei sogni di gloria dei tifosi frustrati, ma mai domi. Quel che rimane impigliato nella memoria, il tifoso laziale, cornice marcia e fuoco per la squadra, incastrato e infreddolito sui seggiolini, avvilito da partite infrasettimanali e orari improponibili, tessera del tifoso, senza i tappi delle bottiglie di plastica, imbufalito su radio e per le strade, poi come sempre fervente credente, che nonostante tutto ha tutta la forza di gridare e incoraggiare la squadra. E anche di fischiarla, quando il malumore e la rabbia é cosi grande da nascondere per un attimo l'ardore, senza mai riuscire a cancellarlo, senza neppure scalfirlo. Apro gli occhi e ti penso, Curva Nord. Se fossi stato il telecronista di Sky , o di Mediaset, al gol di Klose nella stracittadina avrei smesso di parlare, per farne sentire a tutti la voce, dicendo piano:"Ecco l'urlo della Nord, ora potete capire tutti, cosa vuol dire Derby. Ecco il calcio". Io cammino per le strade, ed ho in mente te.Mi ritorni in mente Curva Nord, bella come sei, forse ancor di più. E mi torna in mente il tifoso laziale, che quell'attimo di rabbia sa farselo sempre passare, per gridare ancora più forte. Cosa aspettate a battere le mani? Quel che rimane di questo 2011 sono alla fine come sempre i laziali.


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