Per me nel settore giovanile sì. Una società che si autofinanzia dovrebbe investire molto nel settore giovanile e tirare fuori ogni 2-3 anni un Portanova (=giocatore di serie A).
Che ci fai? Ci abbassi le spese per gli Escalante e Fares.
La Primavera dovrebbe essere in mano a Bianchessi per me e il budget dovrebbe essere molto più sostanzioso. Tare dovrebbe avere lo spazio per portare ogni anno 1 giocatore esterno da aggregare usando il budget mercato della prima squadra.
Per me.
Dati economici 2019/2020, la prima stagione afflitta dalla pandemia: rispetto al 2018/2019 (ultima dell'era pre-Covid) i ricavi erano decisamente in ribasso seppur non alla stessa velocità dei costi, più rigidi. Quello che interessa comunque sono le proporzioni, a cui ancora oggi è possibile fare riferimento.
La Serie A ricavava circa 2Mrd di euro: la Premier circa 5Mrd, la Bundesliga 3Mrd, la Liga sempre 3Mrd, la Ligue1 1,6Mrd. Ricavi medi Serie A per singolo club, al netto delle plusvalenze: 103M (Lazio circa 105M, pur con tutte le possibili osservazioni da fare in merito agli effetti della pandemia sul bilancio). Ricavi medi Premier per singolo club 257M, Bundesliga 178M, Liga 156M, Ligue1 80M.
Le società affiliate alla Figc spendevano circa 655M di euro sul calciomercato: in Inghilterra 1,4Mrd di euro, in Spagna 558M, in Germania 509M, la in 488M. Per avere un'idea dei singoli club e delle leghe europee, delle cifre spese in Serie A e quelle della Lazio nel periodo 2012-2021:
https://www.football-observatory.com/IMG/sites/b5wp/2021/wp367/en/In Italia il rapporto tra ricavi e monte-ingaggi (tralasciamo il costo allargato, di cui gli ingaggi in genere costituiscono la voce più rilevante) era del 78% (70% prima della pandemia): in Premier del 73% (61%), in Francia 89% ma pesa il Psg (73%), in Spagna 67% (62%), in Germania 56% (54%). Media monte-ingaggi singolo club Serie A: 81M (88M), Lazio circa 80M (attorno ai 65M prima del Covid, oggi sempre sopra gli 80M: nessuna riduzione significativa dunque nonostante la contrazione dei ricavi, ora infatti si procederà a un taglio abbastanza deciso, senza la possibilità di un ridimensionamento più graduale favorito dal ricorso al sostegno dei soci o all''indebitamento). Media monte-ingaggi Premier per singolo club 187M (179M), Liga 105M (105M), Bundesliga 100M (100M), Ligue1 71M (69M).
In Italia, le squadre di club affiliate alla Figc destinavano alle giovanili mediamente 4,6M: contro i 6,5M in Inghilterra, 5,4M in Germania, 4,8M in Francia e 3,8M in Spagna (con il Barcellona che domina su tutti). Lazio sotto la media della Serie A: 2,5M; Juventus la prima con circa 10M.
Parto da questa intervista di Bianchessi (https://www.sololalazio.it/2021/12/30/lazio-bianchessi-giovani-in-italia-manca-la-cultura-dellattesa-non-servono-soldi-ma-strategie/) per fare quattro considerazioni. Il discorso sarà un po' lungo - chi vorrà leggerlo mi fa piacere, chi no farà decisamente un migliore uso del proprio tempo - ma spero queste righe possano essere utili per riassumere alcuni temi circa il Bilancio e come poterlo migliorare nel breve, medio e lungo periodo.
I dati riportati in precedenza sono tratti dalle relazioni di note istituzioni (Fifa, Uefa, Deloitte, etc). Le considerazioni che seguono, invece, sono frutto della lettura personale di alcuni libri dedicati a questi argomenti.
1.
E' assolutamente vero che - per avere senso, nel suo complesso, e non alterare gli equilibri della competizione sportiva - qualsiasi cambiamento da parte delle singole società sportive dovrebbe avvenire all'interno di una complessiva riforma di sistema. Decidere di abbassare il rapporto monte-ingaggi/ricavi al netto delle plusvalenze per favorire, ad esempio, maggiori investimenti nelle giovanili oppure nelle infrastrutture richiederebbe una maggiore efficienza organizzativa per sbagliare il meno possibile in sede di mercato, visto la riduzione delle risorse a disposizione. Ciò specie in assenza di una proprietà pronta a ricapitalizzare con decisione per sostenere l'aumento dei costi, direttamente o attraverso sponsorizzazioni di comodo. Tuttavia, se la concorrenza non fa altrettanto (riduzione delle risorse da destinare al calciomercato in favore di quelle destinate a voci di spesa più "virtuose") lo svantaggio competitivo in campo potrebbe allargarsi ulteriormente rispetto alle altre contendenti dirette.
Cosa privilegiare, allora, per crescere? L'investimento a breve-medio termine nei calciatori, trainato dall'assoluto dominio degli incassi da diritti-tv quanto a percentuale dei ricavi, per mantenere competitiva il più possibile la squadra? Oppure quello in competenze manageriali, infrastrutture come lo stadio o centri d'allenamento per il vivaio, altre risorse destinate alle giovanili che - oltre a diversificare le fonti di ricavo, assieme magari a un più sostenuto "player trading" - possano moltiplicare i ricavi nel lungo periodo? L'ideale sarebbe entrambe le cose, ovviamente.
Confrontate a questo proposito i numeri di Italia e Germania - in rapporto a quelli dell'Inghilterra - sul rapporto fra la spesa per le giovanili e quella destinata alla compravendita di calciatori nelle varie federazioni nazionali e al monte-ingaggi dei club delle maggiori leghe, in rapporto percentuale con i ricavi totali dei singoli campionati e quelli medi delle rispettive società.
2.
Ancora prima dei soldi (gli investimenti) servono le idee (la sostanza e il metodo del lavoro) nonchè la volontà di applicarle. Nel lungo termine, i soldi degli investimenti dovrebbero permettere di ridurre il margine di errore, puntando sempre di più sulla qualità ancor prima che sulla quantità - sia questa quella di un dirigente, di un allenatore oppure un giocatore. Il vecchio, caro principio della "divisione del lavoro" aziendale per meglio suddividere i compiti e potersene occupare "scientificamente", migliorando i risultati di settore e quello finale, credo non possa essere messo in discussione: sempre a patto di scegliere le persone giuste, ovviamente.
Le tesi di @Leastsquares e di @ElRifle (carenze strutturali nell'organigramma societario, sia sportivo che economico) credo siano assolutamente condivisibili.
Fuori da Lazio.net - dall'intervista di Rangnick proposta altrove come esempio, sino alla produzione di una sterminata bibliografia scientifica sul tema, più o meno divulgativa - i possibili punti di riferimento sono tantissimi: sia per le tematiche di tipo strettamente economico che sportive.
3.
Se è vero che il margine di valorizzazione, ad esempio, del settore commerciale della Lazio sia comunque esiguo se paragonato a quello di club che godono di una reputazione sportiva ed economica ben superiore alla nostra, è altrettanto innegabile che una migliore organizzazione di questo settore permetterebbe un miglioramento dei risultati, apportando un contributo alla crescita complessiva delle società, da sommare agli altri possibili miglioramenti organizzativi e in termine di risorse da destinare ai vari rami aziendali, da quelli sportivi a quelli più strettamente economici.
Tuttavia - dal punto di vista dei ricavi commerciali e di quelli legati al marketing -
la pietra angolare di qualsiasi strategia economico-sportiva di crescita non può che essere una sola: lo stadio. Soprattutto se non si dispone di una rendita reputazionale importante o di un ampio bacino di tifosi estremamente fidelizzati (come in Germania, dove le squadre sono associazioni di soci-tifosi ancora prima che proprietà di singoli imprenditori) tali da incrementare notevolmente i ricavi commerciali. Lo stadio moltiplica gli incassi: non solo il botteghino (capienza ridotta, incentivo abbonamenti e possibilità di aumentare i posti di "lusso") ma soprattutto crescita delle sponsorizzazioni e dei servizi offerti in loco, a cominciare dai negozi ufficiali. Solo la cessione del diritto alla denominazione dell'impianto varrebbe l'incasso di un altro sponsor principale.
E' ridicolo pensare a qualsiasi progetto di crescita strutturale, dentro e fuori dal campo, senza uno stadio di proprietà, che rafforzi il conto economico e lo stato patrimoniale dell'azienda. Lotito - prima ancora che su altre questioni, da Tare in giù - andrebbe pressato su questo aspetto. Fondamentale.
4. Le società di calcio dispongono essenzialmente di tre possibilità per incrementare i ricavi - di cui una quarta determina tutte le altre, nel lungo periodo.-
L'elaborazione di piani d'indebitamento strategici - uniti ad aumenti di capitale - volti a migliorare la ricchezza e i ricavi del club nel lungo periodo, grazie al rafforzamento del patrimonio tecnico, di quello infrastrutturale e delle competenze acquisite in tutti i settori in cui si articola una azienda sportiva, giovanili comprese. (Ciò è impossibile dal punto di vista sportivo per la Lazio di Lotito, in assoluto regime di autofinanziamento, se non per la costruzione di uno stadio).
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La crescita dei ricavi legati alle sponsorizzazioni, alla commercializzazione dei prodotti, alla comunicazione, etc. Qui - se non si parte da una base importante, storica o legata ai risultati sia per i successi ottenuti che per la platea di riferimento - la strada è stretta. Ma
lo stadio di proprietà consente comunque di moltiplicare a prescindere le proprie entrate. Poi, non so: sulle maglie di Serie A si possono mettere sino a quattro sponsor; per non parlare di quelle d'allenamento. La Lazio non ha avuto sponsorizzazioni principali per quasi un decennio, ora solo per necessità.
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La crescita dei ricavi complessivi trainati da un uso scientifico e strutturale del "player trading", mirato a generare annualmente un notevole volume di plusvalenze totali (reali) - seguendo lo storico principio del vantaggio commerciale: vendere a tanto, comprare a poco - finalizzato tuttavia al progressivo rafforzamento della rosa e alla crescita dei ricavi complessivi, per mezzo di cessioni importanti. Questo è uno degli storici segreti del Siviglia di Monchi, così come oggi dell'Atalanta dei Percassi (americani). Bisogna saperlo fare e non ci si improvvisa.
La chiave di questa metodologia di lavoro sta nel condurre operazioni di mercato affidandosi il meno possibile all'intermediazione (informale a volte, ma sempre interessata) di agenti e intermediari per la ricerca e il reclutamento di calciatori, avvalendosi piuttosto di uno staff autonomo di osservatori indipendenti, in grado di monitorare assiduamente tutte le competizioni e le aree geografiche attenzionate.
Il settore giovanile delle grandi società (l'Atalanta al momento rientra fra queste anche sotto questo punto di vista) più che come serbatoio di talenti per la prima squadra è utilizzato come leva economica per favorire la generazione di ulteriori plusvalenze (reali, non quelle fraudolente) senza indebolire l'organico della prima squadra.
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Il successo (assoluto e relativo) di queste tre variabili dipende sempre da quella legata al campo: ovvero la costruzione di un progetto sportivo vincente sulla base delle proprie realistiche possibilità, di lungo periodo, che a prescindere dalla continuità temporale del singolo gruppo squadra, dei vari allenatori o dei dirigenti sia caratterizzato da una chiara impronta di gioco.Gruppi squadra relativamente solidi e duraturi nel tempo, compreso lo staff tecnico, e un'età media non troppo elevata utile anche a calmierare i costi degli stipendi oltre a favorire ulteriori plusvalenze (con il giusto compromesso tra gioventù e maturità) ovviamente favoriscono il successo o meno di un ciclo sportivo.
Spesso si sottovaluta questo aspetto. Nel calcio di oggi - in cui critica, investitori e appassionati pongono particolare attenzione allo stile di gioco di un club, che il senso comune vuole soprattutto offensivo, definendo
minestrari chi non si adegua - la costruzione di una chiara filosofia di gioco, di una chiara identità tecnica e tattica è un valore a cui si dovrebbe dare particolare attenzione. La Lazio, in questo senso, dispone ora di un allenatore in linea con questo sentimento generale e ciò andrebbe valorizzato al massimo: non solo oggi, ma pure in futuro, creando una tradizione di gioco, i cui principi di base (se non proprio lo schieramento tattico, che è più difficile) andrebbero trasmessi pure a livello di settore giovanile, ovviamente adattati alle esigenze anagrafiche degli allievi. Questo è ciò che avviene in club storici, con grande tradizione, ma pure in realtà meno importanti ma con le idee chiare, come Atalanta e Sassuolo. L'allenatore e il calcio giocato diventano così i protagonisti e i migliori ambasciatori di un club, dentro e fuori dal campo.
Il duraturo successo sul campo, naturalmente, è il moltiplicatore assoluto del valore patrimoniale ed economico di un club: riduce l'eventuale indebitamento ripagando l'investimento fatto; aumenta l'appetibilità commerciale del club, dallo stadio in giù; aumenta il valore e la competitività dei propri giocatori, in prima squadra e nelle giovanili, pure in sede di mercato; fa crescere significativamente il valore dei diritti tv nazionali, legati anche alla classifica, e quelli internazionali, con la partecipazione alle coppe europee e l'incasso dei premi di partecipazione.
La svolta, in questo senso, può avvenire solo attraverso una costante (almeno, frequente) partecipazione alla Champions League, oppure per mezzo di significativi cammini europei nelle coppe minori (vittoria della coppa); non considero qui, per ovvie ragioni, scenari come la vittoria del campionato, che dal punto di vista delle risorse generate non pesa comunque quanto tanto una modesta partecipazione alla CL.
Ovviamente, ogni società ha le proprie caratteristiche uniche: i suoi punti di forza e le proprie debolezze. Per aumentare significativamente i ricavi, dunque, ogni club potrà partire dall'area aziendale (economica e sportiva) che possa consentire di fare ciò con maggiore facilità e minore esborso di denaro possibile, potenziando i settori ritenuti maggiormente strategici e ragionare più o meno nel lungo periodo, a seconda della strategia adottata.
In alcuni casi sono soprattutto le idee - come detto - a fare la differenza: poi, vengono i soldi.Da dove nasce, dunque, il successo relativo dell'Atalanta, che da molti viene presa come modello di gestione economica e sportiva? Innanzitutto dalla rendita di disporre, per ragioni storiche, di uno dei migliori settori giovanili d'Italia: un vivaio coltivato nel tempo - dentro e fuori dal campo - senza la necessità di investire soprattutto in ingaggi e cartellini, al contrario delle squadre italiane principali. Oltre che poi dalla fortuna e dal caso (cosa sarebbe accaduto se Gasperini avesse rifiutato Bergamo o fosse stato esonerato dopo il suo inizio terribile? E se non avesse lavorato con Sartori? Cosa sarebbe accaduto invece se un grave infortunio avesse colpito il miglior Papu Gomez? etc, etc) il successo relativo dell'Atalanta dipende soprattutto dall'aver valorizzato assieme tutte le componenti prima menzionate. Considerati il modesto punto di partenza nonchè la completezza della strategia societaria dei bergamaschi, al contrario ad esempio di una squadra pur competitiva come il Napoli, i nerazzurri fanno meglio perchè valorizzano a pieno ogni settore aziendale e l'intero potenziale che la propria dimensione permette.
Dunque, quella atalantina è una crescita complessiva, dal punto di vista: infrastrutturale e commerciale, con la edificazione del nuovo stadio e l'ammodernamento di Zingonia, con staff tecnici e di osservatori di prima qualità nelle giovanili; dal punto di vista del calciomercato, con uno uso sapiente della leva delle plusvalenze, che per prime hanno trainato i ricavi poi moltiplicati anche dalla vendita a peso d'oro di ragazzi del vivaio, migliorando la squadra grazie a un meticoloso lavoro di scouting funzionale alle esigenze dell'allenatore, coordinato da un direttore dell'area tecnica supervisore di direttore sportivo, osservatori della prima squadra e in stretta collaborazione con il settore giovanile; dal punto di vista del lavoro sul campo, affidando la squadra ad un allenatore dall'impronta tecnico-tattica offensiva chiara e inconfondibile: ponendolo come riferimento assoluto di un progetto di lungo periodo, essendo anche il più pagato di tutti - difeso pure contro dirigenti (Sartori) e giocatori (Gomez), se necessario. Ciò alla fine ha favorito i successi sul campo e permesso dunque di moltiplicare i ricavi legati alla Uefa e ai diritti tv; infine - questo il passaggio più importante - la società bergamasca ha potenziato anche la propria disponibilità in termini di risorse economiche e organizzative, con la parziale cessione ad un facoltoso imprenditore americano attirato dalla recente ascesa del club e del suo marchio, avviando così un processo di internazionalizzazione dell'azienda che procede di pari passo con l'acquisizione sul campo di un considerevole status europeo, grazie alla regolare partecipazione alle coppe continentali e soprattutto alla Champions League, frequentata per tre stagioni di fila ma pur sempre nell'ottica del contenimento dei costi, specie quelli legati al monte-ingaggi.
Come tifosi della Lazio, naturalmente, possiamo fare ironia sull'insopportabile Gasperini e sulla mano di Bastos; così come ricordare la bacheca vuota. Vedremo come finirà questa storia, con l'addio di Sartori e l'assunzione di un nuovo d.t. straniero, oppure dopo una eventuale dipartita di Gasperini.
Tuttavia dal punto di vista sia economico che sportivo (il termine di paragone nel calcio di oggi purtroppo non sono più le coppe nazionali alzate al cielo - che fanno godere - bensì le partecipazioni alla Champions League e lo status acquisito a livello europeo, che moltiplica i ricavi) quanto fatto dall'Atalanta spiega bene come
gli innegabili vincoli di contesto di una malridotta Serie A non precludano la possibilità di alzare l'asticella dei propri obiettivi: puntando ancora più su, pur con modeste risorse economiche iniziali rispetto al grosso della concorrenza, ma con una proprietà disposta a sfruttare a pieno le potenzialità a sua disposizione cogliendo l'attimo in cui è possibile fare uno, o più salti in avanti. Tutto ciò, naturalmente, sempre al netto del peso da attribuire al valore della concorrenza (economica e sportiva, che può ampliare o restringere le possibilità di successo) nonchè al ruolo della fortuna e della sorte che del gioco del calcio - e della industria che su questo si basa - costituiscono una delle componenti principali e caratteristiche.