Calciopoli

0 Utenti e 6 Visitatori stanno visualizzando questo topic.

Offline calimero

*
5988
Calciopoli
« il: 28 Mar 2020, 22:03 »
Dopo la polemica stupidissima e gratuita di Ancelotti su Calciopoli mi sono ricordato che ai tempi produssi uno scritto controcorrente rispetto alla vulgata imperante sulla vicenda. Vi agevolo i primi 3 capitoli. Se vi interessa poi pubblicherò l'intero testo (che, vi anticipo, è piuttosto lungo ma del resto questo periodo non avete un cazzo da fare).

 Il “grumo di potere”
 
Lo scandalo parte in sordina in un tiepido pomeriggio primaverile. La procura di Torino invia alla FIGC il fascicolo di un’inchiesta archiviata “perché non erano emersi elementi penalmente rilevanti” per verificare se dal punto di vista sportivo si potevano ravvisare violazioni. Il materiale è costituito da alcune intercettazioni che restituiscono il quadro di un Pairetto (uno dei due designatori arbitrali) palesemente asservito a  Moggi. Nessuno parla nell’immediato di illecito, ma dal punto di vista etico la faccenda sembra subito delicata. I vertici della Juventus (per bocca di John Elkann) si affrettano a “scaricare” (una fretta invero un po’ sospetta) i loro dirigenti sportivi, riaffermando nel contempo la fiducia nella squadra e nel tecnico in procinto di conquistare l’ennesimo scudetto. Giraudo indice una conferenza stampa rabbiosa, ma l’isolamento in cui è caduto fa capire subito che i tempi sono cambiati rispetto alla vicenda-doping. Tutti reclamano le dimissioni di Giraudo e Moggi, e la comparsa di uno striscione in favore della Triade sugli spalti del delle Alpi sortisce l’effetto opposto a quello voluto, perché appare chiaramente esposto “su commissione” . Prima dell’ultima di campionato scoppia la vera bomba. “Il Romanista” e “La Stampa” pubblicano estratti di un’informativa redatta dai carabinieri di via in Selci, in procinto di sfociare in una serie di informazioni di garanzia per alcuni soggetti di primo piano del calcio italiano. Le imputazioni sono gravissime: “sequestro di persona” e “associazione a delinquere”, le società coinvolte Juventus, Fiorentina e Lazio, il campionato di riferimento è il 2004/05. L’ultima giornata si gioca in un’atmosfera irreale: i giocatori della  Juventus festeggiano il loro scudetto con facce terree, nessuno crede che quanto conquistato sul campo sarà confermato dopo l’inevitabile inchiesta sportiva.
Il lunedì successivo i pm di Napoli Narducci e Beatrice, che hanno la titolarità dell’inchiesta denominata con un discutibile anglicismo “Off-side”, affiancati dal procuratore Lepore, durante una conferenza stampa teleripresa, pronunciano la famosa frase che condizionerà gli eventi dei due mesi successivi: “Dietro Juventus, Fiorentina, Lazio e Milan c’è un grumo di potere”. Questa sciagurata affermazione, che si rivelerà assolutamente azzardata rispetto ai riscontri raccolti, inchioderà questi 4 club e i loro dirigenti ad un comune destino mediatico: sarà un’impresa titanica far emergere le necessarie distinzioni tra di loro e la realtà dei fatti. Un magma indistinto composto da moralismo (falso) e opportunismo (vero) inghiottirà soprattutto Fiorentina e Lazio, un’assurdità che qualunque osservatore in buona fede avrebbe dovuto cogliere. Le uniche voci discordanti sono Vincenzo Cerracchio che verrà inviato dal Messaggero come proconsole in Beozia (leggi: Mondiali di Germania), e i forum di tifosi (soprattutto Lazio.net e Fiorentina.it), che colgono immediatamente l’approssimazione dell’inchiesta e le evidenti forzature che ne erano alla base. Con il susseguirsi degli eventi anche altri commentatori (su tutti Piero Ostellino sul Corriere della Sera e soprattutto Christian Rocca su Il Foglio) esprimeranno perplessità sulle “verità” propagandate.
 
La prima vittima: Aldo Biscardi
 
Ogni tragedia ha il suo lato comico. Numerose intercettazioni di Luciano Moggi hanno per tema il famigerato “Processo di Biscardi”, creazione televisiva ultraventennale che ha decretato il trionfo della tv urlata e toccato livelli “trash” non sfiorati neanche dal reality più becero o dal talk-show più litigioso. Rimasta storica fu la linea difensiva adottata dal leggendario “roscio” di Larino in una causa intentatagli per diffamazione: l’Aldo nazionale sostenne che quanto espresso nella sua trasmissione non aveva valenza giornalistica e in definitiva si trattasse di “cazzate”. Per orientare queste “cazzate” Moggi intrattiene una fitta corrispondenza telefonica con Biscardone stesso, il “moviolista” ed ex-designatore dei tempi del caso Ceccarini-Ronaldo Fabio Baldas e con l’ospite quasi fisso e juventino dichiarato Lamberto Sposini. E’ dubbio quanto questa attività di orientamento della pubblica opinione fosse efficace vista la considerazione presso l’uditorio del “Processo”, ma queste intercettazioni, peraltro molto divertenti, vengono considerate rilevanti ai fini dell’inchiesta penale. Nelle ultime puntate della stagione, con la sua inimitabile faccia di bronzo, Biscardi tenterà di cavalcare l’onda dell’indignazione popolare sconfessando Baldas e Sposini e annuncia l’imminente “Processo ai Mondiali” che andrà in onda tutti i giorni. Sarà la proprietà del suo network (la tronchettiana “La7”) a richiamarlo alla realtà sospendendo la trasmissione e licenziandolo in tronco. Non si potrà dire che l’inchiesta di Narducci e Beatrice non abbia inciso sul costume nazionale (anche se Biscardi tornerà sugli schermi con la sua trasmissione grazie al network minore "Italia7 Gold”).
A parte Biscardi il quadro che emerge di alcuni rappresentanti  della stampa sportiva è desolante: è evidente come Moggi curasse in maniera particolare il suo rapporto con i giornalisti per orientare l’opinione pubblica a lui favorevole. La faccenda deontologicamente dà fastidio, ma dobbiamo lasciarla da parte in questa sede non assumendo rilevanza né dal punto di vista disciplinare-sportivo né tantomeno da quello penale, tanto che stupisce che nell’informativa si dedichino così tante pagine alla descrizione di questi rapporti, a meno che non si fosse consapevoli che ciò avrebbe creato grande impressione nell’opinione pubblica (alcuni dei giornalisti intercettati con Moggi, come Franco Melli, Giorgio Tosatti e Tony Damascelli sono nomi notissimi alla sterminata platea radiotelevisiva).
 
Arriva il Super-Commissario
 
Intanto, essendo pesantemente coinvolti nello scandalo, il presidente della FIGC Carraro e il suo vice Mazzini (che avrebbe dovuto guidare la spedizione azzurra ai mondiali imminenti), sono costretti alle dimissioni: è necessario il commissariamento. Dopo qualche incertezza (e dopo il misterioso rifiuto di Berlusconi alla proposta del neoinsediato premier Romano Prodi di nominare Gianni Letta) il Commissario Straordinario verrà individuato nel 75-enne Guido Rossi, un cavallo di razza, magari un po’ bolso ma nel quale si ripongono grandi aspettative, che purtroppo verranno deluse.
Gli scoop giornalistici intanto proseguono incessanti: dopo la pubblicazione delle informazioni di garanzia (molti imputati leggono sui giornali di essere oggetto di indagine, prima ancora delle rituali notifiche) “il Romanista” di Riccardo Luna (ancora lui!) comincia a centellinare la trascrizione delle intercettazioni insieme al rapporto del maggiore Auricchio che aveva redatto l’informativa.
Questa pubblicazione è evidentemente illegale, ma a tutt’oggi le inchieste in corso  (annunciate dalla procura di Roma) per accertare come sia avvenuta la fuga di materiale riservato sono avvolte nel mistero più fitto.
Il “dosaggio” delle intercettazioni da parte di Luna ha un duplice effetto: da una parte fa aumentare a dismisura l’interesse morboso  di un pubblico sempre più ansioso di spiare attraverso il buco della serratura le stanze segrete del potere, dall’altra crea l’aspettativa di nuove rivelazioni ancora più compromettenti per i personaggi coinvolti, tra i quali c’è Claudio Lotito. Il presidente della Lazio, che secondo i solerti carabinieri era organico al sistema affida ad uno scarno comunicato la propria difesa, in cui ribadisce che i suoi “contatti” sono stati istituzionali, che mai aveva parlato con i designatori e che tutte le azioni erano volte solo a chiedere tutela per la sua squadra, danneggiata da direzioni arbitrali sfavorevoli. Naturalmente nessuno prende in considerazione le difese dei personaggi coinvolti, il “partito giustizialista” che comprende la quasi totalità della comunicazione e del mondo politico appare forte di un consenso plebiscitario. Per la Juventus si prospetta la C2 o peggio, per le altre la serie B con pesanti penalizzazioni. Tra le reazioni passa quasi inosservata quella del vecchio mandarino Giulio Andreotti: “Mi sembra grave che Carraro aiutasse la Lazio.” Dopo la sentenza della CAF questa frase suonerà come una sinistra anticipazione.
Nello specifico si apprende che a Lotito viene imputata la “frode sportiva” relativamente a tre incontri di quell’infausto campionato: Chievo-Lazio, Bologna-Lazio e Lazio–Parma. Il reato sarebbe evidenziato secondo i CC dalle intercettazioni tra Lotito e Mazzini e dalla conduzione arbitrale dei direttori di gara delle tre partite: Rocchi, Messina e Tagliavento risultano anche loro tra gli indagati per lo stesso reato. Secondo la ricostruzione Lotito contatta Mazzini per riscuotere i “crediti” che avrebbe maturato con la sua attività di “grande elettore” di Carraro (FIGC) e Galliani (Lega).

Fatemi sapere se interessa


Offline jp1900

*****
7942
Re:Calciopoli
« Risposta #1 il: 28 Mar 2020, 23:38 »
A me interessa. Tutto quello che cerca di ristabilire una verità su queste vicende è benvenuto.
Il fatto che Baldini abbia ancora peso nella Roma, e che gli arrivino consistenti aiuti dall'Inghilterra (sottoforma di ipervalutazioni o prestiti last minute) è indicativo.

Offline tommasino

*****
20750
Re:Calciopoli
« Risposta #2 il: 28 Mar 2020, 23:51 »
A me interessa, interessa molto.
Se continui farai cosa estremamente gradita.
Grazie

Offline ES

*****
20560
Re:Calciopoli
« Risposta #3 il: 29 Mar 2020, 00:05 »
A me interessa ripercorrere quelle polverose strade.
Re:Calciopoli
« Risposta #4 il: 29 Mar 2020, 00:24 »
Sarà un topic molto interessante.

Offline paolo71

*****
19189
Re:Calciopoli
« Risposta #5 il: 29 Mar 2020, 01:13 »
Sarà un topic molto interessante.

mah...
mi viene rabbia solo a ripensarci...
Re:Calciopoli
« Risposta #6 il: 29 Mar 2020, 11:27 »
Continua pure.  ;)

...
Nello specifico si apprende che a Lotito viene imputata la “frode sportiva” relativamente a tre incontri di quell’infausto campionato: Chievo-Lazio, Bologna-Lazio e Lazio–Parma. Il reato sarebbe evidenziato secondo i CC dalle intercettazioni tra Lotito e Mazzini e dalla conduzione arbitrale dei direttori di gara delle tre partite: Rocchi, Messina e Tagliavento risultano anche loro tra gli indagati per lo stesso reato. Secondo la ricostruzione Lotito contatta Mazzini per riscuotere i “crediti” che avrebbe maturato con la sua attività di “grande elettore” di Carraro (FIGC) e Galliani (Lega).
...

Io ho un ricordo che le evidenze dei CC sulla conduzioni arbitrale erano roba da giustificare un assalto al comando...  :pp

Offline jp1900

*****
7942
Re:Calciopoli
« Risposta #7 il: 29 Mar 2020, 11:44 »
Continua pure.  ;)

Io ho un ricordo che le evidenze dei CC sulla conduzioni arbitrale erano roba da giustificare un assalto al comando...  :pp
Qualcuno ricorda le "spuntature" in rosso, da una a tre, suggerite da B. al maggiore?

Offline TheVoice

*****
6444
Re:Calciopoli
« Risposta #8 il: 29 Mar 2020, 11:46 »
Continua pure.  ;)

Io ho un ricordo che le evidenze dei CC sulla conduzioni arbitrale erano roba da giustificare un assalto al comando...  :pp

Esatto.
In particolare quelle su Rocchi in Bologna - Lazio

Offline paolo71

*****
19189
Re:Calciopoli
« Risposta #9 il: 29 Mar 2020, 11:47 »
secondo il mio modestissimo parere ciò che ci fecero nel primo anno del var altro che calciopoli...
ma non vorrei andare off topic...

Offline calimero

*
5988
Re:Calciopoli
« Risposta #10 il: 29 Mar 2020, 11:51 »
Giustizialismo in festa: ecco anche Borrelli
 
Il timore che emergano nuove “rivelazioni” però impedisce che si formi un vero e proprio “partito innocentista”: la paura di essere sputtanati è tanta, non molti sono disposti a scommettere un euro sulla probità di personaggi come Moggi, Lotito e Carraro. Qualche simpatia in più la raccoglie Diego Della Valle, forse perché possiede delle quote RCS.
Ciononostante gli interrogativi sul modo di conduzione dell’inchiesta sono molti:
Come mai è giudicata così importante la attività politico-sportiva del neofita Lotito da dover essere ricompensata con delle irregolarità commesse in prima persona dalle massime cariche federali? Tanto più che l’elezione delle due cariche fu plebiscitaria e che l’attività del presidente laziale fu esplicata alla luce del sole.
Come mai in questa “compagine scellerata” si trova anche Della Valle che di quelle scelte elettorali fu tra i pochi oppositori?
E perché, accogliendo le interpretazioni dei carabinieri intercettatori, i pm titolari dell’inchiesta non le hanno sposate fino in fondo e non hanno imputato a Lotito e Della Valle l’”associazione a delinquere”, almeno nella “fase associativa”, come sarebbe stato logico visto che avevano specificamente parlato per Lazio e Fiorentina di organicità al “grumo di potere?
Chi cercasse nella grande stampa risposta a questi dubbi, pesanti come macigni, rimarrebbe deluso. In realtà non solo non troverebbe le risposte, ma neanche le domande, a meno che non fosse un frequentatore dei siti animati dai tifosi delle squadre coinvolte. E tra le risposte, una delle meno peregrine, appare quella che trova la “ratio” dell’inchiesta napoletana non già o non tanto nell’individuazione di reati penali, ma piuttosto nell’apertura dell’inchiesta sportiva che appare essere il vero fine dell’azione investigativa. Il sospetto diverrà quasi certezza quando Narducci e Beatrice consegneranno le carte dell’accusa a Francesco Saverio Borrelli, neo-capo dell’Ufficio Indagini della FIGC. E già, perché nel frattempo è avvenuto anche questo: costretto il generale della GdF Italo Pappa alle dimissioni dalla carica, il Super Commissario Guido Rossi lo sostituisce con l’eroe di Mani Pulite. L’Italia forcaiola esulta: tutti sono sicuri che il prestigioso magistrato in pensione costringerà a confessare  i malfattori con il conseguente ed inevitabile trionfo della Giustizia con la G maiuscola. Il semplice fatto che per condannare ci dovrebbero volere delle prove non pare interessare ad alcuno: chi eccepisce è in malafede o, nella migliore delle ipotesi, un pedante garantista cavilloso.
Tornando a Narducci a Beatrice la trasmissione di quegli atti all’Ufficio Indagini della FIGC è illegale: le indagini non sono ancora chiuse, la legge (art. 114 c.p.p.) proibisce che ad essi venga data pubblicità fino al termine dell’udienza preliminare. Questo fatto  però non scandalizza nessuno, la voglia di sangue è troppo morbosamente diffusa, perfino nel paese del garante della privacy.
 
Una fretta sospetta
 
La nomina di Borrelli non è l’unica novità apportata dal Super Commissario. Approfittando del pronunciamento del CSM che impone ai magistrati ordinari in attività l’incompatibilità tra l’incarico in tribunale quello di giudice sportivo, Rossi può così liberarsi del capo della CAF Cesare Martellino, in forza alla Procura di Torino, considerato  troppo vicino (anche geograficamente) ai vecchi assetti del potere calcistico. Al suo posto un altro prestigioso magistrato, l’81-enne Cesare Ruperto, già presidente della Corte Costituzionale. Per quanto riguarda lo svolgimento del “processo” altre innovazioni: stravolgendo il normale iter procedurale Rossi stabilisce che i gradi di giudizio saranno due e che il primo grado si terrà di fronte alla Commissione d’Appello Federale anziché alla Commissione Disciplinare (evidentemente considerata infida), mentre ricorsi ed impugnazioni saranno discussi presso la Corte Federale anziché alla CAF. La decisione di investire la Corte Federale del secondo e ultimo grado del giudizio sportivo apparentemente è un’astuzia del Commissario: il suo presidente è infatti Pasquale De Lise, che cumula in sé anche la carica di presidente di sezione del TAR del Lazio, competente per gli eventuali (e temutissimi) ricorsi amministrativi delle società condannate. Il piano è semplice e geniale: una decisione definitiva assunta dalla CAF, nominata quasi integralmente dal Commissario sarebbe quasi certamente motivo di annullamento e sospensiva da parte del Tar, mentre ben più difficile sarebbe per il magistrato amministrativo chiamato ad esprimersi sulla questione, sconfessare un “collega” dello stesso Tribunale. Inoltre De Lise è anche membro del Consiglio di Stato, il che renderebbe difficile anche l’ulteriore grado di giudizio amministrativo. Per fortuna De Lise, come vedremo, si mostrerà sensibile (“rara avis”) al conflitto d’interessi e il piano fallirà.
Anche i termini “a difesa” sono fortemente compressi, praticamente dimezzati, il che costringerà i collegi difensivi a “tour de force” defatiganti per depositare le memorie in tempo utile e leggere gli atti. Questa evidente lesione dei diritti degli “incolpati” viene giustificata con l’esigenza di “fare presto”. Il termine per le sentenze definitive viene individuato nel 27 luglio, data ultima concessa dalla Uefa per l’iscrizione delle squadre italiane alla competizione europea. Sono interessate alla questione non solo le squadre coinvolte, Juventus e Milan essendosi guadagnate l’ingresso diretto alla Champions’ League, la Fiorentina l’accesso ai preliminari della stessa mentre la Lazio ha ottenuto la qualificazione in Coppa Uefa, ma soprattutto chi, alla finestra, spera di guadagnare qualcosa da questo scandalo, cioè Inter e Roma, che premono perchè il giudizio (che tutti prevedono di colpevolezza) arrivi il prima possibile per guadagnare l’accesso diretto in Champions’, indispensabile soprattutto per la Roma, che non vive un momento facile dal punto di vista economico. Moratti in particolar modo comincia a reclamare lo scudetto mentre i desiderata giallorossi sono affidati ad un’incessante campagna mediatica che allinea in prima fila “Il Romanista” (che ospita acuminati editoriali di influenti personaggi come Maurizio Costanzo, Giovanni Floris e Mino Fuccillo) che chiede pene durissime, affiancato dalla retroguardia composta da Repubblica, Messaggero e Corriere dello Sport, giornali editi a Roma che non esitano a “scaricare” i concittadini tifosi della Lazio (che tra l’altro non sono neanche uniti tra loro, visto che la componente ultrà approfitta dell’occasione per portare nuova linfa alla campagna anti-Lotito) per sposare le tesi del giustizialismo più intransigente.
Fare presto, dunque. E far partire in tempo i campionati alla data fissata al 26/27 agosto. Ma c’è uno scoglio da affrontare, i prevedibili ricorsi al Tar del Lazio. Il Tribunale Amministrativo con sede in Piazza Nicosia è infatti competente per i ricorsi relativi alle decisioni definitive della Giustizia Sportiva in forza della Legge 280/2003 varata per evitare il proliferare dei ricorsi presso i Tribunali Amministrativi Regionali, che tendevano a dare ragione (spesso per motivi localistici) alle squadre ricorrenti che si ritenevano danneggiate da decisioni della giustizia sportiva o degli organi federali preposti al controllo dei requisiti finanziari. La legge succitata (non a caso detta anche “legge stoppa-TAR) mise ordine nella materia stabilendo la competenza unica del Foro Amministrativo di Roma. Per Rossi tale eventualità è vista come la peste, in numerose interviste dichiara che i ricorsi sono inammissibili, che chi adirà la giustizia amministrativa sarà penalizzato ed escluso dall’Europa, arriverà addirittura a negare la possibilità di ricorrere alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato del Coni, come previsto dallo stesso Statuto Federale, tanto è terrorizzato dal protrarsi dei giudizi. A dare una cocente delusione al Super Commissario sarà proprio il Presidente della Corte Federale Pasquale De Lise,  che oltre ad autosospendersi dal giudizio per evitare il conflitto d’interessi derivante dal fatto che egli è anche Presidente di sezione del Tar del Lazio, dichiarerà più volte, in netto disaccordo con Rossi, che i ricorsi amministrativi saranno ammissibili. Inoltre sostenere, come fa Rossi,  che interessi di tale portata non possano essere tutelati in sede giurisdizionale statale appare, oltre che contrario al buon senso, anche privo di fondamento giuridico. Non per questo le minacce di Rossi perderanno vigore: in ripetute interviste prima, durante e dopo i procedimenti di primo e secondo grado sosterrà questa curiosa ed indifendibile tesi, spesso avvalendosi di interpretazioni di comodo delle norme internazionali di diritto sportivo.

Offline calimero

*
5988
Re:Calciopoli
« Risposta #11 il: 29 Mar 2020, 12:14 »
Limiti dell’inchiesta penale
 
L’inchiesta penale intanto non approda a granchè, nessuno degli indagati rilascia piene confessioni. I pm parlano di “muro di omertà” come se i personaggi coinvolti fossero appartenenti alla mafia o dovessero coprire stupri od omicidi. In realtà è l’impianto accusatorio ad essere carente: per utilizzare legalmente le intercettazioni si è ipotizzato il reato di “associazione a delinquere”, reato gravissimo per il quale è possibile porre utenze telefoniche sotto controllo, finalizzato alla “frode sportiva” che invece per l’ordinamento giuridico è sostanzialmente un reato minore. Secondo i magistrati napoletani di associazione a delinquere devono rispondere Moggi e Giraudo (dirigenti della Juventus),  Mazzini (vice-presidente FIGC), Bergamo e Pairetto (ex-designatori), e l’arbitro De Santis tutti con l’aggravante “di aver promosso, costituito ed organizzato l'associazione”. Senza aggravante dello stesso reato sono accusati l'ex presidente dell'Aia Tullio Lanese, l'ex segretaria della Commissione arbitri (Can) Maria Grazia Fazi, il responsabile degli assistenti della Can Gennaro Mazzei, il segretario della Figc Francesco Ghirelli, l'arbitro Pasquale Rodomonti, l'assistente Duccio Baglioni e il giornalista Ignazio Scardina. Oltre a questi 13 soggetti vengono raggiunti da inviti a comparire altri 28 personaggi per rispondere di diversi reati, tra i quali la frode sportiva: tra di loro il presidente federale Carraro, il presidente della Lazio Lotito, l’ad della Fiorentina Mencucci i fratelli Andrea e Diego Della Valle, presidente e presidente onorario della squadra toscana,  e infine, nome sconosciuto ai più Leonardo Meani, che nel Milan ricopre la funzione di “dirigente addetto agli arbitri”. Per Moggi e Giraudo i due pm napoletani ravvisano, in maniera invero un po’ comica,  anche il reato di “sequestro di persona” perché i due dirigenti juventini avrebbero chiuso, in un impeto di rabbia, l’arbitro Paparesta negli spogliatoi dopo Reggina-Juventus, irritati per la sua direzione di gara. Anche quest’ultima imputazione, francamente risibile, appare come un’escamotage per poter giustificare l’utilizzo delle intercettazioni come mezzo d’indagine e  fonte di prova.
Nei giorni successivi gli “invitati a comparire” effettivamente sfilano di fronte ai magistrati di Napoli e ai carabinieri di via in Selci. Nessuno confessa o si pente, ma le “indiscrezioni” rilevano che l’audizione di  Moggi tocca toni melodrammatici. Davanti ai magistrati si presentano anche “persone informate sui fatti”, tra i quali spicca l’ex-presidente del Bologna Gazzoni Frascara che viene trattato come una star. Lui è la “povera vittima” del sistema moggiano, costretto alla resa dai disonesti. Chi sa di calcio in realtà lo ricorda come fedele alleato di Galliani e  Carraro e ricorda anche come i suoi guai finanziari fossero dovuti ad una gestione non proprio trasparente delle sue imprese, ma tant’è: approfittando del momento  lancia strali contro Della Valle e Lotito (con il quale c’era stata una feroce polemica ai tempi della transazione della Lazio con l’Agenzia delle Entrate riguardo alla dilazione del debito fiscale) facendo pure credere che i magistrati gli abbiano mostrato ulteriori intercettazioni ancora più compromettenti di quelle rese pubbliche. In realtà invece col trascorrere del tempo appare ogni giorno più evidente che l’inchiesta napoletana non sta approdando a nulla. Il motivo principale è il vizio “ideologico” che ne è alla base: è sostenibile l’ipotesi che si sia formata una potente lobby tesa a condizionare il mondo del calcio e che questo condizionamento abbia anche alterato i risultati sportivi. E’ credibile anche che Moggi abbia, con la sua rete di conoscenze e relazioni, assunto un potere tale da esorbitare dal suo ruolo di dirigente della Juventus, alla quale comunque ha senz’altro assicurato dei vantaggi in termini di posizionamento nel ranking calcistico. Quello che non è credibile è che il sistema di rapporti edificato dall’ex-capostazione di Civitavecchia fosse finalizzato esclusivamente all’asservimento della classe arbitrale. L’inchiesta punta verso un obiettivo sbagliato, inutile in sede penale ma fruttuoso dal punto di vista delle eventuali sanzioni sportive: migliaia di intercettazioni vengono vagliate per cercare qualcosa che non esiste, carabinieri e magistrati napoletani non capiscono quello che qualunque tifoso sa: la Juventus non ha bisogno di comprare gli arbitri, i quali, inseriti nel sistema, hanno sempre favorito la squadra più potente, succedeva già negli anni ’20 con gli smaccati favoritismi al Bologna del console Arpinati. La stampa specializzata ha anche inventato una locuzione per definire questo fenomeno: “sudditanza psicologica” e nessuno ha mai pensato che ciò costituisse illecito. L’arbitro italiano ha la stessa abilità di individuare la direzione del vento di un marinaio di lungo corso, non ha bisogno di istruzioni precise, senza le quali provare la “frode sportiva” (e in campo sportivo, l’illecito) è impossibile.Il fatto che non vengano trovati, in relazione ai fatti contestati, prove di corruzione o passaggi di denaro non mette in guardia gli inquirenti, per loro le intercettazioni sono più che sufficienti a reggere l’impianto accusatorio e l’autorità sportiva, incarnata dall’attivissimo Super Commissario e dal suo scudiero Borrelli acriticamente (e anche un po’ autolesionisticamente) fa propria questa tesi.
 
Il calcio nel mirino delle Procure
 
Contemporaneamente all’inchiesta di Napoli ci sono altre inchieste sul mondo del calcio: a Parma e Udine si indaga su un giro di scommesse clandestine in cui sono coinvolti, tra gli altri, due calciatori della Nazionale in procinto di vincere i Mondiali tedeschi (Buffon e Iaquinta). In altri tempi questo scandalo susciterebbe grande clamore, ma le prime pagine sono occupate da Moggiopoli e la vicenda passa presto in secondo piano. A Roma invece corre un’inchiesta parallela che vede l’attenzione degli inquirenti puntata sul fenomeno GEA, il consorzio dei procuratori che ha in mano larga parte del mercato dei calciatori il cui presidente è Alessandro Moggi, figlio di Luciano e che annovera tra i suoi componenti altri rampolli eccellenti, come Davide Lippi, Riccardo Calleri e Chiara Geronzi. I Procuratori di Roma, che per non pestarsi i piedi con gli inquirenti di Napoli stabiliscono di comune accordo con quelli le proprie linee d’indagine, scelgono una strada diversa e più aderente al vero: individuano la finalità dell’associazione a delinquere nell’illecita concorrenza, attuata con minacce e violenza privata.  L’inchiesta romana sulla GEA è infatti in grado di delineare meglio il quadro di quello che è stato il calcio italiano nell’era-Moggi: un duopolio Juventus-Milan nel quale alla Juventus spettava il controllo del mercato dei calciatori (e le relative provvigioni sui trasferimenti) grazie all’attività della GEA e al Milan, tramite il suo ad Galliani, il controllo del mercato dei diritti televisivi grazie alla sua posizione di Presidente di Lega e ai suoi legami con Mediaset. Non va dimenticato che i diritti televisivi costituiscono la voce principale dei ricavi delle società di calcio e in definitiva la vera “torta” da spartire e sui cui sarebbe stato opportuno soffermarsi da parte dei magistrati per individuare le distorsioni alla concorrenza derivanti dalle sperequazioni della distribuzione di questi copiosi proventi. In altre parole, gli arbitri “sapevano” che dovevano decidere "in dubio pro Juventus" o "pro Milan" se volevano fare carriera grazie al rapporto esclusivo che aveva Moggi (ma anche il “delegato” Meani) con i vertici arbitrali, Moggi, attraverso GEA controllava il mercato calciatori (e le relative provvigioni sui trasferimenti), Galliani controllava la distribuzione dei proventi dei diritti televisivi attraverso Mediaset, gli altri (tutti, non solo Della Valle e Lotito) si arrabattavano come potevano quando si trovavano con l'acqua alla gola.
Sono cose che tutti sapevano e che si svolgevano attraverso legami noti a tutti (Moggi-Gea, Galliani-Mediaset) che in un paese dove il "conflitto d'interessi" non fosse stato (e forse è ancora) visto come regola di governo sarebbero state da tempo non consentite, senza bisogno di alzare un polverone con quest’inchiesta pasticciata.
 
L’”illecito strutturato”: un’occasione perduta
 
L’inchiesta sportiva si porta dietro tutti i difetti genetici e le approssimazioni che hanno caratterizzato l’inchiesta giudiziaria dalla quale promana: gli “incolpati” che sfilano di fronte a Borrelli non fanno che ripetere quello che hanno detto ai magistrati, le auspicate “confessioni” non hanno (e non possono avere, in mancanza di prove stringenti) luogo. L’attività d’indagine raccolta nella relazione è miserevole e non degna del prestigio dell’ex-magistrato: egli cita nella premessa (quasi come “excusatio non petita”) la “ristrettezza dei tempi” dell’inchiesta, giustificata dalla “foglia di fico” dell’imminenza della scadenza dell’iscrizione alle Coppe Europee, ma in realtà così facendo utilizza il suo carisma per coprire l’esigenza della “nuova“ Federazione (stranamente coincidente con l’interesse di chi, come Inter e Roma, vuole trarre il massimo vantaggio dalla situazione) di giungere ad un rapido verdetto, infischiandosene dell’esigenza di arrivare ad un giudizio equo. Il lavoro d’indagine è composto al 90 % dalla pedissequa riproposizione delle strabiche interpretazioni del maggiore Auricchio.
Comico (e anche un po’ ipocrita) è il richiamo alla “deprecabile” divulgazione dei contenuti delle intercettazioni, della quale si sono lamentati anche i magistrati di Napoli: la realtà ci dice invece che gli organi di stampa che hanno proceduto alla pubblicazione integrale delle informative dei carabinieri e addirittura dei verbali degli interrogatori sono quelli  più schierati nel fronte forcaiolo. La possibilità degli indagati di coordinare la difesa della quale si sono lagnati gli inquirenti,  è un fattore irrilevante rispetto al clima di indignazione popolare creato ad arte dai media, premessa indispensabile perché si potesse giungere a condanne pesantissime in sede sportiva, che è, a mio parere, la “ratio” dell’esistenza stessa di un’inchiesta penale così strampalata. Della pochezza dei risultati investigativi raggiunti si renderanno conto gli stessi pubblici ministeri, che richiederanno la proroga delle indagini non potendo in alcun modo presentarsi allo stato dei fatti davanti al Giudice per l’Udienza Preliminare con la minima speranza di ottenere dei rinvii a giudizio.
Viste queste premesse, Borrelli però sorprende tutti con le “Conclusioni” apposte al termine della sua relazione e che dovrebbero (avrebbero dovuto) rappresentare le linee-guida in base alle quali il Procuratore Federale Palazzi dovrà emanare i deferimenti. Per descrivere quanto accaduto Borrelli conia il termine, che avrà un breve successo mediatico, di “illecito strutturato”.
In parole povere Borrelli sostiene che il campionato di calcio del 2004-05 è stato alterato nella sua classifica finale dal sistema-Moggi, complesso sistema di relazioni e pressioni che ha assicurato alla compagine juventina un incolmabile vantaggio rispetto alle contendenti approfittando dei rapporti privilegiati con Bergamo, Pairetto, Lanese e il vice-presidente Mazzini, tutti più o meno asserviti alla cupola. Un gradino più sotto nelle responsabilità c’è il Milan, che ha costituito un proprio autonomo sistema di condizionamento grazie all’opera del dirigente addetto alle terne arbitrali Leonardo Meani (che agisce su mandato diretto di Galliani) che ha influenza sulla designazione e sull’effettivo comportamento di alcuni assistenti di gara considerati graditi. Più sfumate appaiono le responsabilità di Lazio e Fiorentina, le quali si rivolgono, secondo Borrelli, al sistema-Moggi per il tramite di Mazzini al fine di ottenere la salvezza sul campo. Rispetto alle fantasiose ipotesi dei carabinieri di via In Selci e accolte dai pm di Napoli, l’”illecito strutturato” per lo meno ci restituisce un quadro più aderente a quello che è stato il calcio nell’epoca Moggi. Il fine della “cupola” non è stato solo, o non tanto, il condizionamento di singoli incontri per il tramite della “combriccola romana” dei direttori di gara capeggiata dal famigerato De Santis, arbitri ottenuti grazie all’alterazione del sorteggio arbitrale (ipotesi che fa a pugni coi riscontri oggettivi e le statistiche) quanto quello di acquisire una posizione “dominante” nel panorama calcistico nazionale. Borrelli è così entusiasta delle sue conclusioni che, tra il plauso generale, annuncia di non volersi fermare: ritiene che se una “piovra” ha operato, essa non può avere limitato la sua azione al solo campionato 2004/05, ma deve per logica aver esteso i propri tentacoli oltre questa stagione che però, misteriosamente, è l’unica ad essere stata sezionata dagli inquirenti. Annuncia anche, e qui dimostra apprezzabile intuito, di voler indagare sul modo con il quale vengono ripartiti i proventi dei diritti televisivi tra le varie società e sul sottobosco di dirigenti e procuratori che condiziona il calciomercato. Misteriosamente però non darà seguito a questo suo saggio proponimento.

Offline adiutrix

*
3042
Re:Calciopoli
« Risposta #12 il: 29 Mar 2020, 12:17 »
Grazie Calimero.
A me interessa molto.
Grazie di nuovo.
 ;)

Offline calimero

*
5988
Re:Calciopoli
« Risposta #13 il: 29 Mar 2020, 12:35 »
I  deferimenti di Palazzi
 
A questo punto si aspettano solo i deferimenti del Procuratore Federale Stefano Palazzi, figura sulla quale è necessario soffermarsi qualche istante. Innanzitutto è un “sopravvissuto” dell’epoca di Carraro, la sua condizione di magistrato militare lo mette al riparo dal “diktat” del CSM e può mantenere la carica. Alcune agiografie lo dipingono come inquirente inflessibile, appassionato di calcio e del Napoli ed ha fama di non aver mai perso un processo. Qualche mese prima ha deferito e fatto sanzionare alcuni calciatori, come Figo e Totti, che avevano attaccato Moggi e il “potere” juventino, o come Di Canio, che aveva criticato la  designazione dell’arbitro senese Trefoloni per il derby di ritorno.
A lui toccherà tradurre in deferimenti le conclusioni di Borrelli ed individuare i capi d’accusa corrispondenti a violazione di norme del Codice di Giustizia Sportiva. E’ indubbio che il Procuratore Federale si trova di fronte ad un’oggettiva difficoltà e a numerose pressioni contrapposte.
L’oggettiva difficoltà è rappresentata dal fatto che l’ipotesi di “illecito strutturato” è senz’altro una “finezza giuridica” di Borrelli, ma purtroppo non trova espressa statuizione nel codice sportivo non potendosi farla rientrare nell’art. 6, che punisce l’illecito sportivo, ma che per consolidata giurisprudenza sportiva viene riferito al singolo incontro. A questo punto Palazzi, se seguisse l’indirizzo borrelliano,  avrebbe due possibilità: la prima sarebbe riconoscere che l’illecito strutturato non essendo previsto, come del resto le infrazioni di tipo “associativo”, dal sistema sanzionatorio sportivo non può essere perseguito e perciò archiviare le posizioni dei soggetti coinvolti rimandando in sede di “riscrittura” e adeguamento delle regole il momento pur necessario della “purificazione” e del “rinnovamento” del gioco del calcio. Questa eventualità, ancorché corretta dal punto di vista giuridico,  è impensabile considerando il clima avvelenato dalla “sete di sangue” dei forcaioli e dalle continue esternazioni di Guido Rossi e del neo-ministro Melandri. In alternativa Palazzi potrebbe scegliere la strada delle violazioni reiterate dell’art. 1, il che però porrebbe altre difficoltà. L’art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva è infatti una classica “norma in bianco” che punisce, senza però definirli concretamente, i comportamenti contrari al principio generale di lealtà, probità e correttezza che dovrebbe informare l’ordinamento sportivo. Le difficoltà sorgerebbero in fase di quantificazione delle pene: ben difficilmente si potrebbero applicare sanzioni come la retrocessione rispetto a violazioni che di solito sono punite con ammende o squalifiche del campo, anche volendo considerare la reiterazione dei comportamenti vietati. Ci vorrebbe per sostenere un’accusa così “innovativa” e priva di precedenti specifici un magistrato più esperto e con spalle più robuste di Palazzi, che infatti sceglie una terza via: ignorare del tutto le conclusioni di Borrelli, rifarsi ai “fatti” contenuti nella relazione dell’Ufficio Indagini (che abbiamo visto ricalcare pedissequamente le informative dei carabinieri) e individuare per Lazio e Fiorentina con criterio “ragionieristico” singoli incontri “truccati” dai dirigenti delle due società e, decisione rilevantissima soprattutto dal punto di vista “politico” ridimensionare le responsabilità del Milan addebitando l’illecito al solo Meani, mantenendo per Galliani la sola “incolpazione” ex art. 1. In più, per evitare il paradosso di addebitare più violazioni a Fiorentina e Lazio che alla Juventus, cerca di allargare la sfera disciplinare dell’art. 6 sostenendo che tale fattispecie viene integrata non solo quando si cerca di alterare il risultato sportivo del singolo incontro, ma anche quando si compiono “atti diretti ad assicurare un vantaggio in classifica”. In tal modo Palazzi cerca di qualificare come ”illecito sportivo” anche l’alterazione delle “griglie arbitrali” propedeutiche al sorteggio e il fenomeno delle ammonizioni “mirate” a decimare le squadre destinate nel turno successivo ad affrontare la Juventus (caso che, secondo il Procuratore Federale, si è verificato in Fiorentina-Bologna) ed in senso generale, cerca di punire la Juventus per la continuata attività di condizionamento dei vertici federali ed arbitrali. La tesi, della quale parleremo diffusamente più avanti,  è un po’ ardita e contraria alla giurisprudenza sportiva consolidata, la quale ha sempre inteso l’espressione “vantaggio in classifica”  come atta ad identificare il soggetto che ha tratto beneficio dall’alterazione del risultato: infatti non viene punita per illecito sportivo la società i cui dirigenti o tesserati  accettano offerte economiche o d’altro tipo per perdere un incontro, non traendo da tale condotta scorretta un vantaggio in classifica. Purtroppo oltre a perdere il quadro d’insieme e a “svilire” la parte migliore e più “intuitiva” del lavoro di Borrelli, Palazzi proietta nell’inchiesta sportiva tutti i vizi genetici dell’inchiesta di Napoli: si dovranno qualificare come illeciti non fatti conclamati (di cui non si è raggiunta certezza), ma le interpretazioni, spesso malevole, dei carabinieri in ordine a comportamenti (sia chiaro, alcuni indubbiamente sleali e “inquinanti”) desunti da una porzione minimale dell’intero “corpus” di intercettazioni compiute: del solo Moggi sono state considerate “penalmente rilevanti” 40 telefonate su un totale di 100.000 (centomila)!
L’errore di Palazzi apparirà evidente quando egli stesso dovrà evitare di riferirsi, sia nella fase istruttoria che in quella dibattimentale,  alle espressioni “sistema” o “cupola” usate dai magistrati di Napoli per qualificare il reticolo di interessi e di pressioni nel quale Moggi aveva avvolto il calcio italiano. I giustizialisti, che esalteranno Palazzi come novello San Giorgio a caccia del Drago del malaffare calcistico, tengano presente questo fatto: è Palazzi stesso il primo a dare della vicenda “Moggiopoli” un’interpretazione riduttiva e tutto sommato non aderente neanche al giudizio che della vicenda aveva dato Borrelli (“scandalo più grave della storia del calcio”) nelle sue Conclusioni.
 
Il caso Roma-Juventus
 
Dall’analisi dell’atto di deferimento emerge anche un’altra stranezza, della quale la stampa che dedica fiumi d’inchiostro alla vicenda non s’accorge: dalle partite addebitate alla Juventus sparisce l’incontro giocato all’Olimpico contro la Roma. La partita, il cui clima era già stato avvelenato dalle polemiche attinenti il ritorno di Capello a Roma, si svolse un’atmosfera incandescente e alla fine aveva visto i bianconeri prevalere, anche grazie ai marchiani errori dell’arbitro Racalbuto. Secondo quanto ipotizzato da Borrelli (e prima di lui dai magistrati napoletani) quell’incontro era stato truccato. Scrive infatti il capo dell’Ufficio Indagini a pag. 87:  “La procura di Napoli, argomentando dall’episodio del telefonino del quarto uomo, sig. Gabriele, ha ipotizzato l’esistenza di una compartecipazione del direttore di gara nella determinazione del risultato favorevole alla Juventus”. Sorprendentemente Palazzi, nonostante sia alla ricerca disperata di “artt. 6” da addebitare alla Juventus, non ritiene di inserirla tra le partite “taroccate”. I sospetti aumentano, quando, sempre in relazione a questo incontro, vengono valutati i comportamenti dell’ex-Presidente Federale Carraro a seconda che si occupassero della Lazio o della Roma.
Per andare ai fatti: Carraro  è stato deferito ex art. 6 del Codice di Giustizia Sportiva a causa di questo passo dell’informativa dei carabinieri che è alla base dell’inchiesta di Napoli:

 “alla vigilia del turno infrasettimanale in cui si gioca Lazio-Brescia. La domenica precedente la Lazio ha perso 2-1 a Reggio Calabria. E Lotito ha avuto da ridire sull'arbitro Saccani e sul presidente della Reggina Foti. L'episodio è raccontato da Carraro a Bergamo: "...loro (i laziali, ndr) stanno nervosissimi, perché dice che domenica questo arbitro (Saccani, ndr)... Foti è stato dieci minuti da lui nell'intervallo..." Poi, Carraro chiede a Bergamo di avvisare l'arbitro di Lazio-Brescia (Tombolini). "...domani... per carità, se il Brescia deve vincere che è più forte, però che non ci siano... c'è un ambiente qui che è molto teso, capito?" Un'ora dopo, Bergamo chiama Tombolini: "...è una partita molto delicata domani, Daniele, perché trovi un ambiente, credimi... Mettiti sulla lunghezza d'onda giuste..."

La frase in neretto sembrerebbe in realtà indicare la necessità di un arbitraggio equo in una partita molto delicata, però il Procuratore Federale Palazzi ravvisa il tentativo d’illecito, tra l’altro non riportando nell’atto d’accusa la frase evidenziata  in neretto operando una discutibile manipolazione.
Il nome di Carraro ricorre anche in un’altra intercettazione, relativa proprio a Roma-Juventus:

“Dopo Roma-Juventus (1-2), durissimo litigio e scambio di accuse tra il presidente federale Carraro e il designatore Bergamo.
Carraro: "Le dico mi raccomando... Se c'è un dubbio, per carità, che, che, che, che il dubbio non sia a favore della Juventus dopo di che succede... Gli dà quel rigore lì!?".
Bergamo: "No, no, ma non è il rigore, purtroppo ha sbagliato l'assistente".
Carraro: "Mo la cosa grave è il rigore? Guardi là... Il sintomo... Il sintomo... Che, che, che io evidentemente sono una persona che non conta un c... Che non conta un c...". Bergamo: "Nooo".
Carraro: "Però, però, stia attento Bergamo. Stiate attenti perché io sono stufo, sono molto stufo! Il sintomo che non conto un [...] è che si dà un rigore che comunque è al limite dell'area! Allora quando un arbitro dà un rigore al limite dell'area, vuol dire che gli scappa che la Juventus voglia... Debba vincere la partita!".
Bergamo: "Ehh, questo uhhehh Racalbuto era preparato a non... A fare il contrario sul campo".
Carraro: "E beh, è evidente allora... Allora guardi".
Bergamo: "Sul campo".
Carraro: "O lei mi dice le bugie a me! opp... No guardi... Guardi Bergamo... o lei non conta un c...
Carraro: "Comunque io, eh, guardi, Bergamo io... Io... Sono una persona ehhe che, ehh, detesta essere presa in giro! Proprio detesta essere presa in giro. Io mi vergogno di essere presidente della Federcalcio! Però non intendo stare a guardare lì come un cretino! Io mi vendico! E' chiaro?".
Bergamo: "Sì sì, lei può fare tutto quello che vuole! Io so...".
Carraro: "Ma no".

Le frasi in neretto farebbero supporre che ci sia stato un intervento di Carraro simile a quello che era intervenuto in Lazio-Brescia. Anzi a voler interpretare le parole di Bergamo che dice “che Racalbuto era preparato a fare il contrario sul campo” si potrebbe malignamente supporre, visto che l’arbitro sbagliò grossolanamente a favore della Juventus, gli fosse stato “consigliato” di sbagliare a favore della Roma. Secondo il metro adottato da Palazzi in altre vicende consimili (anzi, meno esplicite) il minimo che sarebbe dovuto accadere è che Carraro e Bergamo avrebbero dovuto essere deferiti ex. Art. 6 e la A.S. Roma ex art. 9 (che scatta in caso di illecito, consumato o tentato, posto in essere da soggetti estranei alla società che ne trae vantaggio).
Ciò non è avvenuto, anzi è avvenuta una  cosa ancora più inquietante.
I pm di Napoli avevano visto in quest’intercettazione una prova che Carraro era a conoscenza del c.d. sistema-Moggi, trascurando quelle frasi (la telefonata è molto lunga) ma utilizzandone un altro passo:

“La conversazione prosegue ed addirittura trascende anche in un linguaggio poco consono e più volte CARRARO sottolinea al suo interlocutore i favoritismi fatti alla Juventus dalla terna arbitrale nel corso del citato incontro (Roma-Juventus 1-2), ed il designatore BERGAMO tenta di giustificarsi, lasciando però trasparire anche nelle giustificazioni un atteggiamento pro-Juve "...io non ho sbagliato ieri presidente perché RACALBUTO era preparato e ha sbagliato PISACRETA! Il rigore era un metro dentro..." La conversazione prosegue sempre sugli stessi toni finché s’interrompe poiché cade la linea."

Borrelli, nel redigere le sue conclusioni si era attenuto alle valutazioni dei pm di Napoli e aveva addebitato la partita Roma-Juventus come illecito a favore della Juventus.
E’ fondato il dubbio che Borrelli si sia basato solo sull’informativa senza leggere il testo integrale della telefonata e già qui saremmo di fronte ad un caso di trascuratezza piuttosto grave, ma ciò che sconcerta realmente è che Palazzi semplicemente depenna la partita Roma-Juventus tra quelle che addebita alla Juventus, ma non la mette, come dovrebbe, sul conto di Carraro, Bergamo, Racalbuto e (presuntivamente) della A. S. Roma. I dubbi aumenteranno quando si scoprirà che durante l’intervallo Bergamo inviò un messaggio sul telefonino del quarto uomo, Gabriele, nel quale si avvertiva che i gol della Juventus erano viziati da fuorigioco, circostanza compatibile con l’ipotesi di “intervento” del designatore a favore della Roma.

Quest’incongruenza fa sorgere seri dubbi sull’imparzialità di come è stato condotto il procedimento,  forte è la sensazione che in certe direzioni non si sia voluto guardare. Non può valere l’obiezione che non ci sono telefonate che coinvolgono i vertici romanisti per svariati motivi: le telefonate intercettabili non sono l’unico mezzo di contatto tra soggetti diversi e comunque l’utenza di Carraro non è stata mai sottoposta ad intercettazione. Conosciamo le sue telefonate solo con i soggetti ai quali era stato posto il telefono sotto controllo. Del resto, in caso di “responsabilità presunta” è la società nell’interesse della quale è stato commesso o tentato l’illecito a dover dimostrare l’estraneità al fatto: neanche a carico dell’Arezzo vi sono telefonate “compromettenti” da parte di suoi tesserati, ma ciò non impedirà a Palazzi di chiederne la retrocessione ed ottenerne comunque una congrua penalizzazione in seguito ad una telefonata in cui il guardalinee Titomanlio si vanterà con il dirigente milanista Leonardo Meani di aver sbagliato scientemente a favore della società toscana in occasione di un incontro di campionato (specificando tra l'altro che il suo operato più che teso ad avvantaggiare l'Arezzo, era volto a "punire" il presidente campano Aliberti!).. Per la Roma questo meccanismo non opera, evidentemente per  gli amici le norme si “interpretano”, per gli altri si applicano in maniera rigorosa e severa.
 
L’alterazione delle griglie arbitrali
 
Uno dei “cardini” teorici alla base dell’impianto accusatorio di Palazzi è rappresentato dal fatto che l’alterazione fraudolenta della griglia in base alla quale vengono sorteggiati gli arbitri che devono dirigere gli incontri costituisce di per sé “illecito sportivo”. Questa impostazione deve fare i conti però con un macigno giuridico: quello lanciato dal Procuratore di Torino, dr. Maddalena, nella sua sentenza di archiviazione dell’inchiesta su Moggi e Giraudo. Leggiamone un passo:
 
“(….) la designazione è una decisione del tutto preliminare rispetto allo svolgimento della gara, inidonea di per sé sola ad incidere sul regolare andamento della gara stessa, se non è preceduta, accompagnata o seguita da una successiva attività di induzione da parte del designatore nei confronti dell'arbitro (o degli assistenti) affinché quest'ultimo diriga la gara assumendo decisioni consapevolmente sbagliate in favore o in danno di una delle compagini.

In altre parole, quand'anche si dimostrasse che il designatore , alterando le regole procedurali della designazione, avesse scelto un arbitro allo scopo di favorire una squadra o danneggiare un'altra, non si potrebbe parlare di atto diretto a raggiungere un risultato della partita non corretto , poiché la designazione di per sè non incide in alcun modo sulle modalità di arbitraggio della partita: occorrerebbe sempre comunque avere la prova che l'arbitro (o l'assistente) sia stato indotto, prima durante o dopo la designazione, o quanto meno invitato, a prendere decisioni volutamente sbagliate in danno o a favore di una delle squadre”
 
Secondo Maddalena perciò la mera alterazione della designazione, se non accompagnata da opportune istruzioni all’arbitro fraudolentemente designato, non integra la fattispecie prevista dalla l. 401/89 (sulla “frode sportiva”). Di questo però Palazzi non pare tenere conto, ritenendo che non occorra raggiungere la prova del contatto con l’arbitro attesa l’”anticipazione” della soglia disciplinare dell’art. 6 del codice di giustizia sportiva rispetto alla legge ordinaria. La conseguenza è che la ricostruzione dei fatti operata dagli investigatori federali appare carente dal punto di vista logico: manca infatti un passaggio, quello che conduce dai designatori all’arbitro (il “segmento tecnico”) che effettivamente deve dirigere l’incontro. Tale “menomazione” comporterà un’obiettiva difficoltà per chi sarà chiamato a giudicare.

Offline alex73

*****
12299
Re:Calciopoli
« Risposta #14 il: 29 Mar 2020, 12:38 »

Offline alex73

*****
12299
Re:Calciopoli
« Risposta #15 il: 29 Mar 2020, 12:39 »

Offline alex73

*****
12299
Re:Calciopoli
« Risposta #16 il: 29 Mar 2020, 12:39 »

Offline calimero

*
5988
Re:Calciopoli
« Risposta #17 il: 29 Mar 2020, 13:00 »
Le società deferite da Palazzi
 
A)  La Juventus
 
La società bianconera è deferita innanzitutto per le ripetute violazioni all’art. 1 del c.g.s. commesse da Moggi e Giraudo nei loro rapporti “pericolosi” con i vertici federali e i designatori Bergamo e Pairetto, volti, secondo il Procuratore Federale ad assicurare, in caso di dubbio, decisioni arbitrali favorevoli alla Juventus procurandole quel “vantaggio in classifica” tale da far ricadere questi comportamenti nell’ambito disciplinare dell’art. 6 (illecito sportivo). Oltre a ciò vengono individuate due partite alterate: Juventus-Lazio e Bologna-Juventus (connessione con Fiorentina-Bologna), mentre per Juventus-Udinese si ipotizza la violazione dell’art. 1 (lealtà sportiva). Lecce-Juventus e Roma-Juventus, che secondo Borrelli erano state alterate a favore dei bianconeri spariscono dall’atto di deferimento. A Roma-Juventus abbiamo dedicato un capitolo a parte, per Lecce-Juventus, nonostante sia stata arbitrata dal più “cattivo” di tutti, De Santis , elementi accusatori non se ne trovano malgrado gli sforzi dei carabinieri di trovare probanti le lamentele di Moggi con il giornalista Tony Damascelli per i commenti televisivi del post-partita.
Per Juventus-Lazio la prova dell’illecito si ha nelle intercettazioni dalle quali, secondo Palazzi, si è accertato che Moggi aveva inciso sulle designazioni degli assistenti di gara. Ciò, secondo quanto abbiamo visto nel paragrafo precedente, però non costituisce attività sufficiente a qualificare i comportamenti di Moggi come violazioni dell’art. 6 c.g.s. con l’aggravante della reiterazione delle condotte non consentite
Più interessante, perché pare di veder tradotte le ipotesi da bar sulle “ammonizioni mirate”, appare l’ipotesi relativa a Fiorentina-Bologna, che fu arbitrata dal famigerato De Santis: secondo Palazzi, da alcune telefonate intercettate, si presume che l’arbitro tiburtino avesse scientemente ammonito due calciatori bolognesi sotto diffida. La settimana seguente perciò il Bologna avrebbe affrontato la Juventus senza di loro. La prova regina sarebbe in due intercettazioni: nella prima si ravviserebbe un’interesse “generale” di Moggi per il metodo delle ammonizioni mirate a decimare gli avversari: trattasi di un colloquio di Moggi con un non meglio identificato arbitro (avvenuto su un’utenza non intercettata) che viene captato perché il dg juventino riceve una telefonata mentre sta parlando con la segretaria della Can Fazi (colloquio invece intercettato). Giudichi il lettore che rilevanza può avere una prova del genere in uno stato di diritto.
Il secondo riscontro è rilevato nella telefonata che il giornalista Tony Damascelli fa a Luciano Moggi dopo l’incontro, della quale vale la pena leggere quanto scritto dal maggiore Auricchio:
“Moggi e Damascelli commentano Fiorentina-Bologna (1-0) in cui De Santis ammonisce Petruzzi, Nastase e Gamberini (i primi due saltano per squalifica la Juve). D.: “Oh, comunque De Santis ha fatto il delitto perfetto, eh? Eh, c’abbiamo i tre difensori del Bologna squalificati!”.
M.: “Ma perché, chi c’avevano loro diffidato”.
T.: “tutti e tre!”.
La conversazione prosegue (ma il maggiore taglia, ritenendo irrilevante il seguito del colloquio, operazione alquanto discutibile):
MOGGI Luciano: - . . Uhhh.
DAMASCELLI Tony: - . .non male, no?
MOGGI Luciano: - . .eh, aho, . - meno male, che ti devo dì?
DAMASCELLI Tony: . . . no, no, meglio.
 
Da questa conversazione, dal quale al massimo si potrebbe desumere solo la piaggeria di Damascelli nei confronti di Moggi, che appare totalmente disinteressato alla questione, Palazzi (e prima di lui i pm e Borrelli) trae la convinzione della giustezza della sua ipotesi.
 
Grazie a “prove” di questa portata perciò la Juventus sarebbe meritevole, secondo Palazzi, di esclusione dal campionato di competenza, assegnazione ad una categoria inferiore alla serie B a discrezione del Commissario Straordinario, penalizzazione di 6 punti e revoca degli scudetti conseguiti nel 2004-05 e 2005-06, qualcosa di molto vicino a buttare nel cesso più di 100 anni di storia. E’ il bello è che c’è anche chi applaude al “coraggio” del Procuratore Federale. D’altra parte la Juventus è tra le squadre coinvolte quella che il “capo d’incolpazione” più “magro” in termini di numero di pagine dedicate nell’atto di deferimento, la particolare severità della pena richiesta è dovuta al rilievo che assume la “figura criminale” di Luciano Moggi, l’antieroe eponimo di questa brutta vicenda, che necessariamente deve trascinare nel baratro la società alla quale presta i suoi servigi, anche se spesso il suo agire è finalizzato al vantaggio personale, quando non è addirittura nell’interesse di altre società. Del resto, la vicenda Paparesta, anch’essa emblematica dello scandalo che occupa lunghe pagine negli atti accusatori sia ordinari che sportivi e che ha fatto grande impressione sull’opinione pubblica non è facilmente traducibile in “incolpazioni” a carico della Juventus che vadano oltre il principo generale della lealtà, correttezza e probità sportiva del quale abbiamo già disquisito.
 
              B) La Lazio
 
Se la vicenda juventina suscita perplessità, quella che riguarda la Lazio sembra tratta da Ionesco. Tutta l’impostazione accusatoria parte da un assunto indimostrato che viene dato per scontato nonostante non regga a livello logico: siccome Lotito sarebbe stato decisivo per l’elezione di Galliani alla Presidenza di Lega e di Carraro alla Presidenza Federale, i vertici federali avrebbero ricambiato accedendo alle richieste di “aiuto” del Presidente della Lazio truccando in suo favore quattro incontri: Carraro avrebbe condizionato l’esito di Lazio-Brescia per poi passare la “patata bollente” nelle mani del suo vice Mazzini che invece avrebbe favorito la combine per gli incontri Chievo-Lazio, Lazio-Parma e Bologna-Lazio.
Il nesso causale è debolissimo, non si capisce il motivo per cui Carraro avrebbe dovuto ricambiare Lotito commettendo gravissime violazioni: per la sua rielezione hanno votato il 99 % delle società aventi diritto al voto, per ringraziare tutti i suoi elettori avrebbe dovuto truccare la quasi totalità degli incontri di tutte le leghe, professionistiche e dilettantistiche.
L’intervento di Carraro a favore della Lazio lo abbiamo già descritto nel capitolo dedicato al caso Roma-Juventus: Palazzi ravvisa la responsabilità diretta di Lotito contestualizzando l’illecito considerando altre telefonate tra Mazzini e Lotito, Bergamo e Mazzini, Bergamo e Tombolini (arbitro dell’incontro). Palazzi è costretto alla “dimostrazione indiretta” del “pactum sceleris” poichè non è agli atti il tenore della richiesta d’intervento di Lotito a Carraro (che non avevano le utenze intercettate). Lotito afferma che dopo il ripetersi di episodi arbitrali negativi , soprattutto in occasione di una contestatissima sconfitta a Reggio Calabria, si sia rivolto, per chiedere equità arbitrale, direttamente al Presidente Federale, in quanto Carraro stesso aveva chiesto ai presidenti delle società di calcio di non avvelenare il clima con polemiche giornalistiche. Le opportune istruzioni all’arbitro non dovettero essere molto precise perché non solo Tombolini non aiutò la Lazio, ma le negò un clamoroso rigore per fallo sul centravanti Rocchi. Palazzi oltretutto decide di procedere senza che sia mai stato ascoltato l’arbitro dell’incontro, né da Borrelli né dall’Autorità Giudiziaria, in quanto neanche i sospettosissimi carabinieri avevano ipotizzato che per Lazio-Brescia ricorressero gli estremi della frode sportiva, forse perché persino a loro era sembrato chiaro il significato dirimente della frase che Carraro rivolge a Bergamo: . "...domani... per carità, se il Brescia deve vincere che è più forte, però che non ci siano... c'è un ambiente qui che è molto teso, capito?", frase che Palazzi preferisce ignorare “censurandola” nell’atto di deferimento. Se non siamo alla manipolazione poco ci manca.
Le altre tre partite incriminate coincidono con quelle individuate nell’informativa dei carabinieri. La prova dell’alterazione di questi incontri si desumerebbe dal contenuto di alcuni colloqui tra Lotito e il vice-presidente Mazzini. Riscontri esterni si desumerebbero da alcune testimonianze raccolte dall’Autorità Giudiziaria e dall’Ufficio Indagini e dalle  direzioni di gara “smaccatamente” favorevoli dei tre arbitri designati che infatti vengono parimenti deferiti per l’art. 6 (illecito sportivo).
Passiamo ad analizzare le “prove” relative ai tre incontri ricordando preliminarmente che la sentenza nel. caso scommesse-Bettarini del 2004  stabiliva: “In tale situazione ritiene la commissione, alla stregua dei criteri di valutazione del materiale probatorio esplicitati supra al par. 5b), che le intercettazioni telefoniche in esame, atteso il loro contenuto narrativo non univocamente leggibile in senso accusatorio, siano pertanto insufficienti a ritenere raggiunta la prova dell’illecito sportivo contestato.”.  In altre parole, per poter conferire efficacia ad un mezzo di prova come le intercettazioni telefoniche è necessario che non sia possibile interpretarle in maniera diversa dal “senso accusatorio”. Ciò tra l’altro è perfettamente comprensibile alla luce del fatto, troppo spesso dimenticato, che le telefonate non sono di per sé dei fatti conclamati, ma solo un mezzo per arrivare eventualmente alla conoscenza di atti illeciti commessi dai soggetti che partecipano alla conversazione o da terzi che nella conversazione sono nominati, trovando all’esterno i necessari “riscontri” che confermino nei fatti quanto si desume dall’ascolto dei personaggi intercettati.
E’ necessario perciò valutare se le telefonate assunte come “prova a carico” siano interpretabili in senso diverso da quello accusatorio.
 
Per Chievo-Lazio nell’informativa viene riportata questa conversazione:
Mazzini: “Senti dove giochi domenica?”.
Lotito: “Domenica gioco a Verona con il Chievo”.
M.: “Davvero? E chi hanno tirato a sorte?”.
L.: “Vabbé…allo…sogni tranquilli te mi dice”.
M.: (riferendosi all’arbitro Ronchi –sic-) “si faccia dire nome, cognome e provenienza”. 
 
Il colloquio tra i due soggetti avviene a designazione avvenuta, Mazzini non sa con chi gioca la Lazio, usa l’espressione “hanno tirato a sorte” che è il metodo normale di designazione arbitrale, non fa alcun tipo di allusione, neanche criptica o velata al fatto che il sorteggio possa essere stato alterato e il fatto che tranquillizzi Lotito sulla “personalità” di Rocchi può con ragionevole approssimazione essere inteso nel senso di “garanzia” sulle sue qualità professionali. A conforto della sua tesi l'accusa porta inoltre quanto dichiarato all'A.G. dal giudice Cosimo Maria Ferri: "...qualche giorno dopo e precisamente a seguito della partita Lazio-Chievo o Chievo-Lazio io parlai con il Mazzini, non so se telefonicamente o da vicino, e lui disse che aveva favorito la Lazio facendo designare un arbitro toscano che mi pare essere Rocchi ..... e ricordo di averne parlato con Lotito e ricordo pure che lui mi confermò, magari in termini non espliciti, che Rocchi aveva arbitrato in favore della Lazio". Una testimonianza formidabile, non c'è che dire, rimarchevole soprattutto in due punti, quando il "superteste" non ricorda di aver parlato con Mazzini al telefono o di persona e quando rivela la confessione che Lotito gli avrebbe reso "in termini non espliciti". Valore probatorio zero, ma sia Borrelli che Palazzi ritengono questa testimonianza fondamentale. Per soprammercato Ferri, in audizione davanti al CSM, smentirà che Lotito gli avesse confessato alcunchè. Manca ogni tipo di collegamento tra gli autori presunti dell'illecito dell'arbitro Rocchi, la prova del cui coinvolgimento viene trovata da Palazzi nella direzione di gara "smaccatamente favorevole" ai biancocelesti: valutazione soggettiva e priva di totale riscontro nei commenti dei quotidiani dell'epoca dell'incontro.
 
Altra partita "truccata" è ipotizzata essere Lazio-Parma.
Palazzi riporta due stralci da telefonate tra Lotito e Mazzini avvenute prima e dopo la partita.
Prima:
Mazzini: “Bisogna salvarsi in tutti i modi, eh?”.
Lotito: “Aho, domenica ho il Parma eh? Che è importante”.
Dopo:
M.: “Ti arrestano…ti arrestano…”.
L.: “Aho? E perché mi devono arrestare?”
M.: “Ehh! Chiediglielo a quelli del Parma…chiediglielo a quelli del Parma!”
 
Come si vede, si tratta di poche frasi di senso non univoco scambiate all’interno di conversazioni ben più ampie e per le quali non si può escludere, anzi sembrerebbe proprio così, che si tratti di battute e prese in giro di Mazzini, che evidentemente ritiene la vittoria laziale non meritata, nei confronti di Lotito che non capisce perché lo debbano arrestare (e poi eventualmente avrebbero dovuto arrestare anche Mazzini).  Anche per questa partita non sono state rinvenuti elementi  a carico dell’arbitro designato Messina e anche qui, in modo piuttosto opinabile, la “prova” del coinvolgimento consiste nella sua direzione di gara, definita “unidirezionale” poiché l’arbitro bergamasco concesse un rigore alla Lazio ed ammonì 4 giocatori emiliani. Palazzi, alla ricerca disperata di elementi probatori, specifica che di questi 4 ammoniti, tre erano difensori, ma non si capisce perché ciò dovrebbe essere una prova di malafede. Curiosamente Messina aveva diretto Parma-Lazio anche all’andata e in quell’occasione aveva concesso un rigore al Parma: nessuno aveva allora gridato allo scandalo, come del resto non avvenne neanche al ritorno.
 
Ultima partita del pacchetto dedicato ai biancocelesti è Bologna-Lazio.
Vediamo cosa ha disposizione Palazzi. Per i colloqui Lotito e Mazzini, riporta come probatori i seguenti stralci:
Lotito: "...guarda domenica, è importante”
Mazzini:”si, ho capito di! del..del...giovin...del principe... "
L.: ".Lo sai che mi ha detto, domenica vieni da me? Ti faccio una dichiarazione al vetriolo , dico vabbè.....fai la dichiarazione.."
M.:"...te fai la dichiarazione, noi ci prendiamo i punti..."
La conversazione appare più comprensibile alla luce delle feroci polemiche tra Lotito e il presidente del Bologna, Gazzoni Frascara (il “principe”) sulla richiesta della Lazio di dilazionare il pesante debito della società biancoceleste con il Fisco e anche qui la frase incriminata  “te fai la dichiarazione, noi ci prendiamo i punti” può tranquillamente significare “lascia le dichiarazioni a Gazzoni e tu fai i fatti in campo”. Per corroborare la tesi dell’imbroglio si riporta anche un altro brano nel quale secondo il Procuratore Federale i due “compari” nel darsi un appuntamento telefonico al venerdì pomeriggio fanno implicito riferimento al sorteggio arbitrale, interpretazione del tutto arbitraria e indimostrata. Palazzi inoltre nell’atto d’accusa fa riferimento al fatto che Gazzoni ha dichiarato all’A.G. che egli e la sua dirigenza ebbero l’impressione che la partita fosse stata condizionata. Tralasciando il fatto che le “impressioni” non sono prove e non meriterebbero di trovare accoglienza in un atto di deferimento, lo stesso presidente del Bologna nell’immediatezza dell’incontro, intervistato dalla stampa, non parlò di errori arbitrali, ma se la prese con gli errori dei propri calciatori dichiarando “Nella ripresa quelli della Lazio è come se affondassero la lama nel burro. Peccato, perché a 41 punti saremmo stati da dio e ora tutti avremmo parlato di un grande Bologna al settimo posto. Comunque sarebbe sbagliato a questo punto creare eccessivi allarmismi, anche perché questa squadra ha sempre dimostrato di fare bene nelle difficoltà. E ora siamo di nuovo in difficoltà, considerato che abbiamo buttato via due partite in casa. Meghni ha fatto bene nel primo tempo poi nel secondo è calato fisicamente, e su per giù lo stesso discorso si può fare anche per la squadra: e' vero che nella ripresa abbiamo rischiato di prendere altri 2  3 gol ma è anche vero che nella prima parte siamo andati vicino al raddoppio e non abbiamo mai rischiato di prendere gol.”.
Da notare infine che l’arbitro Tagliavento, accusato anche lui di essere parte dell’illecito solo sulla base del suo modo di dirigere l’incontro, con la Lazio in vantaggio di una sola rete, concesse ben sei minuti di recupero al termine dei quali il portiere biancoceleste Peruzzi salvò la vittoria con una difficile parata su colpo di testa del bolognese Cipriani.
 
Concludendo Palazzi chiede per la Lazio la retrocessione in B con ulteriore penalizzazione di 15 punti per 4 “artt. 6”, per l’omessa denuncia di un  illecito tentato da Diego Della Valle (di cui parleremo nel paragrafo dedicato alla Fiorentina) e per le violazioni dell’art. 1 commesse nei suoi rapporti con il vice-presidente federale Mazzini.
Riassumendo la vicenda è appena il caso di notare che non vi sono agli atti prove di contatti tra Lotito e i designatori, che non si ha notizia di pressioni di Mazzini su questi ultimi perché alterino i sorteggi delle partite incriminate né di “istruzioni” di Bergamo e Pairetto agli arbitri designati perché adottino condotte di gara favorevoli alla Lazio, né tantomeno si può affermare che il contenuto dei colloqui tra Lotito e Mazzini sia univocamente interpretabile in senso accusatorio ed infine non si ha notizia di contatti diretti tra arbitri e dirigenti della Lazio (anzi, la società romana è l’unica a non far pervenire omaggi alle giacchette nere in occasione delle festività natalizie, neanche miseri Rolex acquistati a prezzi d’affezione). E’ vero che la “soglia disciplinare” nella giustizia sportiva è anticipata, ma nel caso della Lazio mi pare che si sia fermata sulla porta di casa di Lotito.
 

Offline calimero

*
5988
Re:Calciopoli
« Risposta #18 il: 29 Mar 2020, 13:03 »
              C) La Fiorentina
 
La posizione della società viola è la più curiosa tra quelle delle quattro società coinvolte: gli stessi investigatori accertano che per tutto il campionato sotto lente d’ingrandimento la Fiorentina è stata talmente danneggiata da direzioni arbitrali sfavorevoli  che si è venuta a trovare in lotta per non retrocedere nonostante i notevoli investimenti compiuti dai Della Valle ed un parco-giocatori che avrebbe dovuto consentirle di posizionarsi quantomeno a centro-classifica. La “persecuzione” sarebbe stata dovuta alla “politica” di opposizione al “sistema” dominante che vedeva come momenti fondamentali la permanenza di Carraro e Galliani ai vertici di Federazione e Lega Calcio. Inoltre alcune “battaglie” di Diego Della Valle, come la campagna per la “collettivizzazione” dei diritti televisivi e quella per la sostituzione dei designatori arbitrali, avevano procurato alla Fiorentina forti risentimenti da parte della “fazione” dominante nella Lega Professionisti, quella facente capo a Moggi  e Giraudo. Da colloqui tra Moggi e il vice-presidente federale Mazzini si apprende addirittura che quest’ultimo stava facendo confezionare un “dossier” compromettente su alcuni “traffici” immobiliari poco chiari tra Diego Della Valle e il Comune di Firenze servendosi all’uopo di 2 “ultras” fiorentini contrari alla gestione del patron viola.
Ad un certo punto però i dirigenti toscani, resisi conto della china pericolosa lungo la quale stavano rotolando cercano di porre riparo alla situazione rivolgendosi a quegli “interlocutori” che fino a quel momento avevano avversato. Da qui in poi si mette in moto, con la benedizione di Moggi e Giraudo l’operazione di “salvataggio della Fiorentina”. Il momento storico in cui avviene la “conversione” è individuato da Borrelli in un colloquio avvenuto tra il Presidente della Fiorentina Andrea Della Valle e il vice-presidente federale Innocenzo Mazzini dopo l’incontro Fiorentina-Messina del 20/04/2005 terminato 1-1 con il pareggio siciliano giunto all’ultimo dei sei minuti di recupero concessi dall’arbitro Nucini, circostanza che aveva fatto non poco arrabbiare il presidente viola. Nella relazione stranamente però Borrelli trascura un'altra conversazione avvenuta lo stesso giorno tra Mazzini e l’ad gigliato Mencucci alla quale è invece dato grande risalto nell’informativa dei carabinieri, contenente  alcuni passi interessanti e secondo me colpevolmente trascurati. Vale la pena leggere questo stralcio particolarmente significativo:
 
“MAZZINI, proseguendo, chiede chiaramente "... che cazzo devo fare io, dimmelo! ..." e di fronte alla risposta diplomatica del suo interlocutore (MENCUCCI): "... è è di probabilmente quello che voleva dire è che èèè vogliamo rispetto per avere esattamente quello che ci meritiamo in campo ma non essere svantaggiati..." replica a sua volta "...ecco su questo non ci sono dubbi, ma io ti ripeto un'altra volta ma te cosa hai fatto per fare in modo che questo succeda ? ..." ponendo l'accento sulla contropartita degli aiuti che la società gigliata dovrà pagare "... oh allora ? allora vuol dire che tu hai intenzione di cambiare registro secondo me. Per cui cambiare registro non vuol dire mica andare a comprare le partite...<<>>...io non ti dirò mai di farlo...non devi mai fare troiai che ti propone il tuo direttore generale (n.d.r. Fabrizio Lucchesi), mai! mai ! ..." e ricevuto il concorde parere del dirigente viola, MAZZINI gli fa un esempio delle modalità per combinare il risultato di un incontro "... Però , vedi amico mio, quando negli, ecco avere delle persone in campo di un certo tipo, se nel sottopassaggio....se nel sottopassaggio di Livorno , Lucarelli (n.d.r. calciatore del Livorno) trova uno di là che gli dice si fa a pari, ma che cazzo te ne frega a te, non l'hai mica fatto te, non l’ha fatto la società, 5 giocatori decidono di dover fare 1 a 1, mi capisci? ...<<>>... Te non te l'accorgi però tu sei stato bene perché hai preso il punto e ti sei quasi salvato. Questo vuol dire avere uomini di personalità in campo e lì, te non ci fai niente nessuno dell'ufficio indagini, nè gli allenatori, ne i presidente perché te... " e di fronte alla domanda di MENCUCCI "... allora perché non ha accettato ? ...<<>>...e allora perché se c'è stata questa proposta perché non l 'hanno accettata mi domando io ? ... ", MAZZINI gli spiega anche le motivazioni "...e dimmelo te. Perché bisogna avere di là uno , cioè della tua squadra, uno come Lucarelli che te non hai... ". I due poi si soffermano a parlare dell'attuale direttore generale della Fiorentina e del futuro, dilungandosi su valutazioni di carattere tecnico-sportivo. Quasi prima di concludere la conversazione, MAZZINI ritorna sull'argomento principale della stessa, ovvero gli aiuti alla Fiorentina ed in particolare fornisce le linee guide su come far comportare i DELLA VALLE con i designatori ed in particolare con Paolo BERGAMO "...Bisogna che Paolo BERGAMO abbia un minimo di attenzione verso il caso Fiorentina, il che vuol dire non fare niente di strano se non quello di essere tutelati per la realtà che è la Fiorentina... . Tutto qui. Però come tu li hai infamati a bestia, tu vieni a Coverciano in una stanzina riservata e tu gli dici: Caro Paolo guarda che noi forse abbiamo sbagliato ....inc... però siamo la Fiorentina, siamo i Della Valle, siamo persone perbene da voi, noi vorremmo essere tutelati. Quando tu hai fatto questo basta e m' avanza, però se non lo fai e ti vanno nel culo . Io non ho da dirti altro... " in modo tale da mettere lui in condizione di agire per il buon fine degli aiuti.”
 
I passi evidenziati in neretto sembrerebbero indicare, nonostante i redattori dell’informativa giungano a conclusioni contrarie al significato letterale delle parole usate da Mazzini e Mencucci, che la Fiorentina, per bocca del suo ad chiedesse tutela (“vogliamo rispetto per avere esattamente quello che ci meritiamo in campo ma non essere svantaggiati...") per evitare il ripetersi di gravi errori arbitrali ai suoi danni e che Mazzini “consigliasse” un atteggiamento più morbido nei confronti dei designatori (“cambiare registro”) al fine di ottenere “attenzione” che secondo le testuali parole di Mazzini significa: “non fare niente di strano se non quello di essere tutelati per la realtà che è la Fiorentina... . Tutto qui “ e non necessariamente combinare le partite grazie agli arbitri. Qui si innesta il secondo profilo interessante di questo colloquio: Mazzini infatti, come si evince dai passi sopra sottolineati, indica qual è secondo lui (che non vuole “troiai”) il modo migliore per “accomodare” gli incontri: avere tra le fila della propria squadra un calciatore “carismatico” che possa prendere accordi nell’immediatezza dell’incontro (“nel sottopassaggio”, dice Mazzini) con un calciatore avversario di pari personalità che “garantisca” il raggiungimento di un risultato che soddisfi entrambi i contendenti. A titolo esemplificativo Mazzini cita il centravanti del Livorno Lucarelli. Questo metodo ha il vantaggio di escludere le responsabilità delle società e di non poter essere perseguito dall’Ufficio Indagini. Curiosamente uno dei luoghi comuni di “Calciopoli” è che la sua particolarità consista nell’essere uno scandalo che non vede la partecipazione dei calciatori ad imbrogli: forse una considerazione attenta di questa conversazione da parte degli investigatori federali avrebbe potuto far scoprire una realtà un po’ diversa. Una conferma a quanto sopra sostenuto si ricava dalle frasi che Mazzini rivolge a Mencucci in seguito alla partita Bologna-Fiorentina terminata 0-0. Mazzini infatti apostrofa così il suo interlocutore: "... c'è l'ufficio indagine che vi sta cercando dove siete?...". I carabinieri mettono in relazione questa frase scherzosa con un’altra frase di Mazzini riferita all’arbitro dell’incontro, l’aretino Bertini (“…un grande amico”) per ricavare l’”aggiustamento” del match, quando a me pare più corretto interpretarla come una “boutade” di Mazzini da mettere in relazione con le sue considerazioni sulle possibilità di “accordo” tra giocatori: le cronache infatti segnalarono Bologna-Fiorentina per il suo tasso agonistico molto relativo piuttosto che per le errate decisioni arbitrali, la partita fu talmente blanda che non ci furono episodi controversi. Palazzi miopemente accredita la tesi contenuta nell’informativa e ritiene che quest’incontro sia stato condizionato a favore della Fiorentina grazie all’operato dell’arbitro nonostante non sia emerso il minimo riscontro per avvalorare questa versione dei fatti. Dopo Bologna-Fiorentina, proseguono i rapporti tra la dirigenza viola e Innocenzo Mazzini, rapporti che testimonierebbero un asservimento dei vertici della Fiorentina al vice-presidente federale. Mazzini insiste molto perché avvenga un contatto diretto tra Della Valle e Bergamo al fine di chiarire i contrasti che erano sorti per la posizione pubblica del patron toscano favorevole ad una sostituzione dei due designatori, posizione che secondo Mazzini, era alla base della “maldisposizione” arbitrale nei loro confronti. In molte telefonate Mazzini si esprime in toni molto critici nei confronti del direttore generale viola Fabrizio Lucchesi, accusato di muoversi in modo non trasparente e sospettato di cercare autonomamente di aggiustare gli incontri della Fiorentina. Questo profilo disciplinare però viene lasciato cadere dalla Procura Federale, in modo invero inspiegabile. Ricordiamo per inciso che Lucchesi era stato direttore sportivo della Roma al tempo della famosa vicenda Rolex-arbitri, in conseguenza della quale fu allontanato dalla società giallorossa. In questa fitta rete di telefonate l’unico accenno all’arbitro del successivo incontro dei viola lo fa Mazzini dopo il sorteggio a Mencucci, il quale non è nemmeno troppo felice dell’esito, in quanto per lo scontro diretto contro il Chievo (poi vinto dalla Fiorentina, invero con qualche contestazione dei veronesi verso il direttore di gara) viene designato Dondarini che ne aveva combinate di tutti i colori a danno dei toscani durante il recente Sampdoria-Fiorentina.. La prova regina dell’illecito però si trova in un’intercettazione successiva alla partita nella quale il presidente dell’Associazione Italiana Arbitri Tullio Lanese, commentando il campionato con il giornalista della Gazzetta Antonello Capone, definisce “killer” l’arbitro Dondarini e afferma che per orientare le partite non si mandano più solo segnali ma si telefona direttamente per chiedere un arbitro gradito. Si tratta però di malevole considerazioni fatte da terzi di cui non si trova alcun altro riscontro: non vi sono agli atti richieste specifiche di arbitri da parte dei dirigenti viola, i quali anzi non gradiscono affatto la designazione dell’arbitro emiliano.
Intanto ci si avvicina alla fine del campionato e la Fiorentina, nonostante la vittoria di Verona, è comunque nei guai dai quali si tirerebbe fuori se battesse l’altrettanto disperata Atalanta al Franchi. Purtroppo per lei però non va oltre un deludente pareggio a reti inviolate, ciononostante secondo la Procura Federale il ”salvataggio” passa attraverso l’”aggiustamento” anche di questa partita. In realtà dalle telefonate questo non si evince: solo dopo numerose insistenze e altrettanti rinvii, i due fratelli Della Valle si acconciano ad incontrare Bergamo il sabato 14 Maggio prima di questo fondamentale scontro diretto in chiave salvezza. L’incontro viene descritto come carbonaro e documentato da agenti appostati che scattano numerose foto (ma stranamente non effettuano intercettazioni ambientali). In realtà esso avviene in pieno in  giorno in un luogo pubblico e frequentato come il ristorante “Villa La Massa” ed è programmato di sabato proprio per evitare maldicenze, avvenendo il giorno dopo il sorteggio arbitrale, ma secondo Palazzi, questa cautela, anziché essere dettata da motivi di opportunità, indica una volontà complottarda, non si sa in base a quale logica. Neanche l’arbitro Rodomonti, designato per Fiorentina-Atalanta, è molto gradito dai Della Valle, ma secondo Palazzi, in base a mezze frasi e interpretazioni “ipertestuali” delle conversazioni agli atti, avrebbe anche lui diretto a favore dei viola perché istruito da Bergamo (la prova? Eccola: la segretaria CAN Maria Grazia Fazi chiede al designatore riferendosi a Rodomonti: “L’hai sentito?”) ma la Fiorentina non vince perché offre una prestazione agonistica “deludente”, a nulla è valso l’aiuto dell’arbitro. Naturalmente non viene fornita nessuna prova di come Rodomonti avrebbe aiutato la Fiorentina, ma questo non preoccupa il Procuratore Federale. Dopo Fiorentina-Atalanta, arriva Lazio-Fiorentina, che viene analizzata dalla Giustizia sportiva sotto due profili. Innanzitutto un mese prima dell’incontro il presidente della Lazio Lotito, intercettato al telefono con Mazzini, riferisce a quest’ultimo, parrebbe in presenza del giudice Ferri, che abbiamo già conosciuto, di aver ricevuto da Diego Della Valle “una proposta da bandito”. Non vengono specificati i termini della proposta. Il patron fiorentino negherà sempre di aver cercato di combinare l’incontro, Lotito, che sul punto si era discutibilmente avvalso della facoltà di non rispondere di fronte ai magistrati napoletani, riferirà all’Ufficio Indagini che si trattava di una proposta di tipo “associativo”, ma non verrà creduto da Borrelli, che non aveva condotto l’audizione delegata ad un suo vice, perché all’epoca del colloquio Carraro e Galliani erano già stati eletti. Lotito specificherà pubblicamente che aderendo alla proposta di Della Valle, che riguardava la distribuzione dei diritti televisivi, la Lazio avrebbe avuto un mancato guadagno rispetto al contratto che stava discutendo con Mediaset (Galliani). Ma tant’è, Palazzi non ha alcun dubbio, Della Valle ha tentato l’illecito, e Lotito, Mazzini e Ferri hanno omesso di denunciare. Ferri che però è sempre piuttosto ondivago, tanto che smentirà in audizione al CSM quanto affermato di fronte ai giudici napoletani, riferì che Lotito gli aveva confermato che la “proposta da bandito” riguardava una combine.
Secondo l’accusa però Lazio-Fiorentina è rilevante anche sotto un altro profilo: rientra cioè nel complesso piano di salvataggio della Fiorentina, lo testimonierebbero i contatti tra i Della Valle, Mencucci, Moggi e Mazzini. Lo strumento naturalmente è la designazione di un arbitro ad hoc, che verrebbe individuato nel torinese Rosetti, che però nessuno, né l’A.G.O. né l’Ufficio Indagini ha ritenuto di dover ascoltare, del resto al momento dell’inchiesta sta rappresentando la classe arbitrale italiana ai Mondiali tedeschi, meglio non disturbarlo…..
Se il piano era quello comunque, probabilmente Totò, Giacomo Furia e Peppino De Filippo (“La banda degli onesti”) avrebbero avuto più successo visto che il fischietto piemontese non solo non fa nulla per aiutare i viola, ma viene messo all’indice dai moviolisti in quanto non concede alla Fiorentina, sul risultato di 1-1, un clamoroso calcio di rigore per un evidentissimo fallo di mano di Zauri sulla linea di porta, infrazione che, se rilevata, avrebbe automaticamente comportato l’espulsione del terzino della Lazio. Che nei giorni successivi, i dirigenti viola si lamentino sospettando che ci fosse qualcosa di strano ai loro danni mi pare il minimo che potesse accadere. Anche la frase di Bergamo che dice come fosse tutto “pilotato”, potrebbe logicamente intendersi che era stato designato un arbitro tra i migliori per evitare errori in una partita così delicata.
Dopo il pareggio dell’Olimpico alla Fiorentina potrebbe non bastare nemmeno la vittoria casalinga sul Brescia nell’ultima giornata di campionato. La classifica infatti vede il Chievo a 42 punti, Bologna, Parma e Brescia a 41, il Siena a 40 e la Fiorentina a 39. Di queste ne devono retrocedere due, che faranno compagnia all’Atalanta, ormai staccata.
Nell’ultima giornata si giocheranno Lecce-Parma, Roma-Chievo, Bologna-Sampdoria, Siena-Atalanta e, appunto, Fiorentina-Brescia.

Offline calimero

*
5988
Re:Calciopoli
« Risposta #19 il: 29 Mar 2020, 13:04 »
A questo punto scatta il piano di salvataggio, non basterà pilotare solo Fiorentina-Brescia, bisognerà intervenire anche su altre partite. Il sistema è quello di designare arbitri compiacenti. Qui c’è la prima stranezza, per la sfida-salvezza del Franchi esce il nome di Collina, arbitro proverbialmente non condizionabile. Secondo il maggiore Auricchio la designazione del principe dei fischietti non è una contraddizione, scrive infatti nell’informativa: “…sorteggiare ad hoc per l'incontro Fiorentina-Brescia, Pierluigi COLLINA che come è noto, è considerato da tutta l'opinione pubblica il miglior arbitro in attività, nonché persona assolutamente sopra le parti e che mai nessuno si azzarderebbe a criticare anche di fronte ad eventuali errori marchiani.”. Parrebbe di capire perciò che l’arbitro viareggino sarebbe parte integrante del “complotto”, anzi, verrebbe utilizzato il suo prestigio per coprire la “combine” di fronte all’opinione pubblica. Borrelli e Palazzi invece, nonostante per solito prendano per oro colato anche l’interpretazione più arbitraria fornita dai carabinieri nell’informativa, in questo caso incredibilmente glissano “tout court”, la partita Fiorentina-Brescia non entra nell’inchiesta, e ciò malgrado il fatto che in caso di mancata vittoria viola, il complesso piano di salvataggio rimarrebbe lettera morta. Perché non si è voluto coinvolgere Collina? Altri arbitri, come Tagliavento o Messina sono stati incolpati pur non avendo a disposizione maggiori elementi d’accusa. Un altro mistero di questa inchiesta, che ogni tanto appare affetta da “strabismo investigativo”.
Tutti gli sforzi dunque sono rivolti a Lecce-Parma, per la quale viene designato il diavolo in persona: il tiburtino De Santis, che al contrario di Collina, è “al di sotto di ogni sospetto”. Il suo compito non è facile: secondo gli inquirenti, stavolta concordi nei vari passaggi investigativi, deve “pilotare” la partita sul pareggio: infatti un arrivo a tre tra Fiorentina, Parma, e Bologna, costringerebbe queste ultime due allo spareggio, salvando immediatamente i toscani. E’ un’ipotesi però che non sta in piedi: molto più semplice sarebbe pilotare anche solo una delle partite delle due squadre emiliane verso la loro sconfitta,. questo sarebbe più che sufficiente per consentire ai viola di salvarsi senza code. Invece per Palazzi la Fiorentina è colpevole d’illecito per una partita che non la vede protagonista e per la determinazione fraudolenta di un risultato che potrebbe essere inutile esponendola al rischio d’uno spareggio con le incognite del caso. Oltretutto Palazzi non trae dalla sua ipotesi tutte le conseguenze investigative dovute: Lecce e Parma, che comunque dal pareggio traggono vantaggio in classifica (il Lecce perché sarebbe aritmeticamente salvo, il Parma perché se perdesse retrocederebbe) dovrebbero essere perseguite ai sensi dell’art. 6, comma 9 del c.g.s. per “responsabilità presunta”. A voler essere rigorosi, ed applicando lo stesso metro usato per la Juventus per il caso delle “ammonizioni mirate”, si potrebbe perseguire anche il Bologna, poiché anche lei si avvantaggia dell’arbitraggio di De Santis, che secondo l’accusa danneggia il Parma ammonendo dei giocatori diffidati in vista dello spareggio, che, anche se in ipotesi avrebbe dovuto coinvolgere la Fiorentina, in realtà si disputa proprio contro i rossoblu.
Come considerazione finale si potrebbe sostenere che, interpretando in modo meno malevolo quanto emerso dalle intercettazioni,  tutta l’attività dei dirigenti viola sia stata finalizzata alla tutela del proprio investimento, messo in pericolo dai ripetuti errori arbitrali a loro danno (errori che, come si è visto nel caso di Lazio-Fiorentina, si sono ripetuti anche quando la fantomatica operazione-salvataggio si era già messa in moto), e non ad ottenere qualcosa di illecito, tesi che a mio avviso non è stata sufficientemente provata dagli inquisitori federali.
E’ paradossale perciò che alla fine di un campionato che ha visto sottrarre alla Fiorentina almeno 10 punti per sviste arbitrali, il Procuratore Federale ne chieda la retrocessione in B con 15 punti di penalizzazione.
 
D) Il Milan
 
Prima di trattare le accuse rivolte al Milan una premessa doverosa: a differenza di quanto avvenuto per Fiorentina, Juventus e Lazio non abbiamo a disposizione i passi dell’informativa dei carabinieri sulla quale è basato l’atto di accusa: i numeri progressivi delle intercettazioni che coinvolgono Leonardo Meani infatti non sono presenti nelle due fortunate pubblicazioni dell’Espresso (i “libri neri del calcio”) che riproducono le due informative che i carabinieri di via in Selci hanno inviato alla Procura di Napoli ad Aprile e poi a Novembre del 2005, per cui abbiamo contezza dei rilievi a carico del Milan unicamente scorrendo gli atti pertinenti agli uffici di Borrelli e Palazzi. Quello che sappiamo comunque è che, a differenza di quanto avvenuto per Lotito e i Della Valle, l’utenza di Meani viene posta sotto intercettazione per il periodo di due mesi (segno che in un primo momento si era prospettata anche per lui l’accusa di associazione a delinquere, che poi però non ha trovato conferma nell’informazione di garanzia a suo carico). Meani viene incolpato di aver condizionato l’esito della gara Milan-Chievo grazie all’apposita designazione dei due guardalinee Puglisi e Babini concordata con Gennaro Mazzei (il dirigente CAN che propone ai designatori gli assistenti di gara, che, a differenza degli arbitri, non vengono sorteggiati).
Rispetto alle altre società del “grumo di potere” la posizione dei rossoneri è atipica. Nei confronti del club milanese infatti emerge una netta disparità di valutazione dei comportamenti tra la relazione e le conclusioni dell’Ufficio Indagini e quanto poi recepito da Palazzi nell’atto di deferimento, disparità che si evidenzia soprattutto nella valutazione della posizione di Galliani. Abbiamo già visto che Borrelli ritiene, a mio avviso in modo aderente alla realtà, che il Milan avesse un suo proprio sistema di condizionamento del campionato di calcio. La figura preposta a tale attività è il dirigente addetto agli arbitri Leonardo Meani, che secondo Borrelli però agisce riferendo costantemente a Galliani, “ottenendo preventiva approvazione e ratifica” dall’Amministratore Delegato rossonero. Per Borrelli inoltre Galliani abusa della propria posizione di Presidente della Lega Professionisti per operare a vantaggio del Milan addirittura sospettandolo di aver approfittato della morte di Papa Wojtyla per rinviare una giornata di campionato che, se disputata, avrebbe costretto i rossoneri a giocare privi di Kakà infortunato! In realtà questo collegamento con Meani, pur se logicamente probabile, non è provato dalle intercettazioni che Borrelli cita a sostegno della sua tesi e che riportiamo così come citate nella Relazione dell’Ufficio Indagini (i neretti sono originali):
La prima reca il prog. 5827 del 19/4/2005:
 
GALLIANI Adriano: buongiorno,  ha parlato con qualcuno dei due ex-designatori.
MEANI: dio bono altro che parlato, non ha visto che… c’era in macchina ANCELLOTTI gli bestemmiavo dietro parolacce di tutti i colori glie ne ho fatto tant’è vero che alla fine ANCELLOTTI mi fa (incomprensibile) ma cosa gli dici! E gli faccio
 
La seconda è numerata prog. 5946, sempre del 19/4/2006 e secondo quanto riporta Borrelli si riferisce agli arbitri di semifinale delle Coppe:
 
MEANI: Va bene?
GALLIANI: Stupendo, stupendo.
MEANI: Ho lavorato bene?
GALLIANI: Stupendo, bravo, bravo
MEANI: Grazie
 
Infine Borrelli riporta uno stralcio di una conversazione (prog. 7333 del 28/4/2005) tra Meani e la segretaria di Galliani:
 
MEANI Leonardo: ascolta succede questo m’ha telefonato adesso Paolo BERGAMO un po’ agitato che ha urgente bisogno di parlare con lui. Secondo te si può dare, sai dare il cellulare di GALLIANI non so se è possibile, come si può fare?
DONNA: chiamalo tu ADRIANO è sul cellulare.
 
Sinceramente derivare da questo tipo di prove che Meani agiva su diretto ordine di Galliani è azzardato, tutte le telefonate citate potrebbero tranquillamente essere riferite al ruolo di dirigente addetto agli arbitri ricoperto da Meani, che comporta attività lecite alle quali è possibile che si riferissero le conversazioni riportate (tra l'altro viene fuori che Bergamo non ha neanche il cellulare di Galliani).
Ripetiamo: è molto probabile che Meani, se ha commesso illeciti, agisse su mandato dei massimi dirigenti del Milan, resta il fatto che Borrelli non lo ha provato in alcun modo.
Anche Palazzi la pensa così e infatti ritiene che “Meani, anche di fatto, rivestisse un ruolo marginale nell’organizzazione societaria, come emerge dalla estrema formalità e dall’occasionalità dei rapporti con il Vice Presidente”. Quello che stupisce semmai è la prudenza che Palazzi usa nei confronti di Galliani, quando in altre circostanze, vedi le accuse agli arbitri delle partite della Lazio Rocchi, Tagliavento e Messina, stabilisce la partecipazione all’illecito sulla base di deduzioni labilissime e riscontri inesistenti. La conseguenza di questa impostazione è che il Milan, a differenza di quanto avvenuto per le altre società viene considerato solo “oggettivamente” responsabile di illecito con rischi minori sul piano disciplinare non essendo prevista in modo automatico per questo tipo di infrazione la retrocessione all’ultimo posto in classifica con conseguente declassamento. Palazzi comunque, nel corso del procedimento chiederà la retrocessione in B con l’aggiunta di 3 punti di penalizzazione incurante del fatto che, dopo l’approvazione della legge sulla “frode sportiva”, nessun club è mai stato retrocesso sulla base della sola “responsabilità oggettiva”

 
             
 

Powered by SMFPacks Alerts Pro Mod