Sergio Cragnotti su Lazio-Napoli, Lotito e ricordi laziali
02.04.2010 08.26 di Redazione TMW.
Il fuoriclasse dei manager. Comprò una Lazio disastrata e le fece vincere lo scudetto. Nel 1998 portò il club biancoceleste a Piazza Affari. Fu il precursore del modello simbiotico calcio-finanza. Per l'ambiente capitolino non è stato un presidente, ma IL presidente: Sergio Cragnotti. L'ultima icona di una Lazio vincente in Italia e nel mondo presenta in esclusiva per i lettori di TuttoNapoli.net la super sfida dell'Olimpico Lazio-Napoli.
Cragnotti primo presidente a quotare in borsa un club italiano. Quali i rischi, quali i vantaggi…
"Io non la metterei in questi termini. Ci sono rischi e vantaggi, ma il problema vero è capire se un Paese è culturalmente pronto a recepire l'idea di calcio come momento di condivisione. Personalmente non credo che si possa sempre andare avanti con la figura di un presidente mecenate. L'azionariato popolare deve essere inteso come la voglia di essere protagonisti delle sorti di un club, di una squadra per la quale si tiene in modo particolare evitando di viverlo come elemento speculativo, ma come adesione ad un programma".
Dallo studio di quali aspetti nacque il suo progetto?
"Era il 1992. Mi intrigava il modello inglese e fui molto attento nel carpire i dettagli e nell'apprendere tutto ciò che era necessario per arrivare a grandi traguardi. Non c'è un aspetto in particolare, è un discorso unitario che tende ad ampio raggio alla globalizzazione che vive il suo culmine nelle competizioni internazionali".
D'accordo, ma per le società quotate in borsa non crede che fattori aleatori ed imprevedibili come infortuni e cattive prestazioni possano essere un gravame - scommessa troppo rischioso per i bilanci?
"Direi che tutto si snoda intorno agli obiettivi che un club si pone. Assodato ciò si costruisce poi una equipe di professionisti giusti capaci di mettere in pratica il pensiero del presidente. Quando si fanno gli investimenti giusti le vittorie non possono sfuggire sempre. Prima non c'era tanto l'esigenza di fare un elenco enorme di giocatori. Con 15 – 16 elementi si riusciva ad essere competitivi su più fronti. Pian piano la panchina si è allungata, poi è subentrato il discorso extra-comunitari e quindi tutto si è complicato a catena. Con le idee chiare, in generale, è possibile prevedere i rischi e capire le strategie giuste per attuare le contromosse. Le squadre più attrezzate come l'Inter, ad esempio, oggi devono avere anche più di due squadre a bilancio per sopperire proprio agli infortuni".
Giampiero Galeazzi l'ha definita il Moratti dei laziali…
"(Ride, ndr). Ho rappresentato la novità. Un nuovo modo di fare calcio rispetto alla vecchia gestione. E' piaciuta la mia voglia di internazionalizzare il club. Sono contento di essere rimasto nel cuore dei tifosi. Del resto abbiamo conseguito notevoli successi".
A quale trofeo si sente più legato?
"Lo scudetto è un traguardo indimenticabile, ma sono dell'avviso che lo stesso Moratti rinuncerebbe volentieri ad un titolo nazionale per una Champions. Peccato per quella volta che uscimmo ai quarti eliminati dal Valencia…"
A proposito di Valencia, se Le dico Mendieta…
"Le rispondo che era un campione. Che poi abbia rappresentato un buco nell'acqua nel rapporto costi-resa, è un altro discorso. Un atleta che per due anni consecutivi viene eletto miglior giocatore della Champions credo abbia notevoli credenziali. Forse in quel momento mancò la società: bisognava tutelare l'investimento. Vedete cosa fa l'Inter con Quaresma. Il club nerazzurro insiste nel rilanciarlo in continuazione perché crede nelle qualità del calciatore".
Cosa ne pensa della gestione Lotito?
"L'attuale presidente mi sembra che abbia fatto buone cose e certamente su di lui hanno pesato molto le esigenze di ristrutturazione. Ora che il lavoro è stato avviato è giunto, però, il momento di capire cosa si vuol fare. Lotito deve dare un segnale forte: deve far capire ai tifosi le sue intenzioni e attraverso quali strategie perseguirle. Altrimenti diventa una tribolazione per tutti e principalmente per se stesso".
Sente la mancanza del calcio? Ritornerebbe in rampa di lancio?
"Le ciambelle riescono col buco una volta soltanto (ride, ndr). Un po' mi manca l'ambiente, ma la domenica seguo volentieri comodamente dal divano di casa mia. La mia Lazio aveva acquisito una continuità di gestione impressionante e le plusvalenze che tutti criticavano oggi sono fondamentali per i bilanci. Comprammo campioni ad un prezzo, li valorizzammo e poi con le cessioni riuscivamo a strappare altri fuoriclasse".
Cecchi Gori si è sentito defraudato della sua Fiorentina… E Lei?
"Non è la stessa cosa. La Lazio aveva la sua continuità di bilancio e nel mio caso si è trattato di un inciampo non sportivo, ma finanziario. Probabilmente fu commesso l'errore di voler far crescere il gruppo aziendale in maniera esponenziale in un momento storico che non supportava tale volontà".
Qual è stato il suo miglior acquisto?
"Ce ne sono tantissimi. Da Nedved a Boksic, Vieri… Più che il singolo è stato bello vedere con costanza agli aspetti complessivi"
Senza campioni non si vince…
"Veda, il calcio è uno spettacolo. Ha mai sentito parlare di appassionati di musica lirica che vanno alla Scala di Milano e si ritrovano a dover sentire cantanti stonati? Ecco, il calcio è la stessa cosa. Il pubblico vuole divertirsi soprattutto quando si parla di grandi palcoscenici come l'Olimpico, il San Siro e lo stesso San Paolo…"
In proposito, condivide la gestione De Laurentiis?
"Direi proprio di si. Il patron del Napoli ha capito che il calcio è anche business, spettacolo, come dicevo prima, e sta costruendo una struttura che dia respiro alle sue indubbie capacità imprenditoriali che vadano nel tempo a sposarsi con i sogni dei tifosi. Lui parla spesso della internazionalizzazione del Napoli e del calcio in generale. Come vede, in linea teorica siamo d'accordo".
Lazio e Parma salvate dal decreto "spalmadebiti". Napoli costretto a ripartire dalla C…
"Non conosco i dettagli della situazione che portarono il Napoli di quei tempi a dover ripartire dalla C. Il Parma si avvalse di una legge di amministrazione straordinaria governativa, mentre la Lazio concordò la rateizzazione. Si vede che i dirigenti azzurri dell'epoca preferirono adottare altre strategie evitando di utilizzare gli strumenti che la legge ammetteva".
Chi vede favorita per l'ultimo posto Champions?
"Bella domanda (ride, ndr). Inter, Roma e Milan sembrano essere lontane e quindi direi che il discorso, a mio avviso, è ristretto a Napoli, Palermo e Juventus. Non voglio raccogliere i continui sospetti su una Juve in Champions a tavolino, ma al tempo stesso dico che non è detto che bisogna provare sempre il rilancio immediato e a tutti i costi. Ci vuole pazienza nella ricostruzione economica e anche tecnico-tattica di una squadra. I bianconeri hanno Diego, un giocatore che mi piace molto, ma amalgamare un collettivo non è mai semplice. Spero che alla fine in Champions ci vada il Napoli perché lo merita. Senza nulla togliere all'ottimo Palermo che gioca altrettanto un bel calcio".
Reja traghettatore?
"Il tecnico goriziano è una persona seria e col Napoli ha fatto non bene, ma benissimo. Mi auguro possa continuare almeno un altro anno. Nei progetti di rilancio la continuità iniziale è fondamentale".
Lazio – Napoli, come finirà secondo Cragnotti?
"E' difficile azzardare pronostici, ma se proprio me lo chiede, dico X2"
Lavezzi – Zarate? Il laziale quest'anno è lontano dal trend positivo in cui aveva fatto vedere le sue capacità, mentre il Pocho è in palla. Ritengo che Rocchi possa fare la differenza, ma in generale vedo i partenopei leggermente favoriti".