Che poi, questa storia del protocollo sarebbe pure ridicola, se non fosse offensiva per le nostre intelligenze.
Da come ne parlano sembrerebbe trattasi delle tavole della legge dettate a Rocchi direttamente sul Monte Sinai, come tali ricevute da una superiore Istanza di giustizia e immodificabili.
Invece si tratta di nient'altro che una serie di criteri e parametri che l'istituzione arbitrale si è data autonomamente al fine di definire e, soprattutto, limitare e in qualche modo indirizzare l'uso del VAR.
Ora, se si dimostra che - come mi sembra la realtà dei fatti abbia ampiamente dimostrato - i criteri e i parametri di questo benedetto protocollo sono sbagliati se non farneticanti e impediscono il corretto utilizzo dello strumento in n casi nei quali invece il suo impiego preverrebbe o correggerebbe errori facilmente evitabili, appellarsi all'inelluttabilità degli eventi e all'impossibilità di modificare regole che parrebbe scolpite nella pietra nasconde, neppure troppo bene, una enorme presa per i fondelli e tradisce, sempre malamente, la volontà di continuare con il medesimo andazzo. Andazzo che, evidentemente, è quello che maggiormente risponde agli interessi di chi questo benedetto protocollo del cavolo scrive e applica.
Detto questo la cartina di tornasole di quanto sta accadendo è comunque rappresentata dal prode Di Bello.
In un qualsiasi altro contesto lavorativo, una recidività nell'errore grossolano quale è quella che ne ha costellato la carriera, ne avrebbe determinato il rapido accantonamento se non la cacciata immediata.
Invece, nel mondo parallelo in cui è consentito all'AIA di operare, il Nostro continua a scorazzare settimanlmante per il campo e dei reiterare le proprie scempiaggini in occasione di incontri cartello in giro per la Penisola.