Bella intervista su Lazio Style Channel riportata da LLSN
Il suo gol con l’Atalanta, per importanza, ha fatto il giro dell’Ecuador. Da attaccante di coppa a centravanti titolare, sei gol stagionali e una pesante responsabilità: tocca a Felipe Caicedo guidare la Lazio alla conquista della Champions. La punta arrivata in estate dall’Espanyol non sarà un goleador, ma sta mettendo al servizio della squadra le sue preziose caratteristiche per non far rimpiangere l’assenza di Immobile, uomo copertina di questa annata a suon di gol e record. A pochi giorni dalla gara di Crotone il 29enne di Guayaquil si è raccontato in uno speciale zoom in onda su Lazio Style Channel:
“Non è stato facile per me decidere di fare del calcio un mestiere. In famiglia non avevamo molti soldi e ho dovuto fare molti sacrifici. Avevo un buon piede sinistro, ho cominciato a giocare come mezza punta, indossando la maglia numero 10. Poi gradualmente mi sono specializzato come punta centrale. La mia caratteristica peculiare è quella di cercare sempre di giocare il pallone col compagno. Cerco sempre l’appoggio della squadra e spero che questo mio modo di intendere il ruolo possa ben sposarsi con le esigenze della Lazio”.
AL BASILEA - “Ero molto giovane quando arrivò l’offerta del Basilea, a oggi credo che aver accettato sia stata la scelta giusta, perché mi ha proiettato nel calcio europeo. Il Basilea è un ottimo club, crede molto nei giovani e mi ha permesso di crescere. Il fatto che la squadra disputasse delle competizioni di grande livello mi ha fatto crescere mentalmente. Mi sono adattato bene e presto al calcio svizzero e a quello europeo. Nel primo anno non ho giocato molto, anche per via del mancato transfer. Ma quando il transfer è arrivato ero davvero pronto, era come se avessi giocato da sempre con la squadra”.
L'AVVENTURA INGLESE - “La tappa al Manchester City è stata molto formativa, ho giocato spalla a spalla con grandi campioni. Il periodo che ho trascorso lì mi ha aiutato a formarmi come giocatore. Ho segnato gol importanti per far decollare la mia carriera. Senza dubbio quello inglese è un calcio di grande livello”.
COMBATTIVO QUANDO SERVE - “Quello allo Sporting non fu un periodo molto proficuo, quindi quando arrivai al Malaga ce l’ho messa tutta per recuperare. Lì ho sperimentato la mia combattività, dovevamo salvarci ed evitare di non retrocedere”.
UN PERIODO FELICE - “Al Levante ho trascorso la mia esperienza calcistica più bella. Ho segnato molti gol e ho aiutato la squadra a salvarsi. In quel periodo ho anche conosciuto mia moglie. Sono stati mesi felici. Mi fa piacere tornare in città quando posso”.
UN MODO DIVERSO DI INTENDERE IL CALCIO - “La Russia è stata un’esperienza esotica. Il Lokomotiv Mosca promuove veramente un bel calcio. Il clima lì è rigido e la gente intende il calcio in un modo diverso da quello al quale ero abituato. Ma in ogni caso mi sono sentito amato, ho ricevuto grande calore da tutti, dalla società in primis”.
L'AVVENTURA ARABA - “Una situazione simile a quella che mi ha portato in Russia mi ha condotto negli Emirati Arabi. In quell’anno c’erano i Mondiali e io avevo bisogno di giocare. Così scelsi l’Al Jazeera. Lì però non sono riuscito ad esprimermi al meglio e quindi decisi di tornare in Spagna”.
LA FORTUNA DEL CALCIATORE - “Fortunatamente quello che ti lascia il calcio è un mix culturale che ti rende un uomo migliore. Ho imparato molte lingue: l’inglese, il tedesco, un po’ di russo, un accenno di arabo e l’italiano. Per questo posso ritenermi un uomo fortunato, che ha potuto collezionare molte esperienze interessanti”.
L'ITALIANO - “In Svizzera già ascoltavo molto l’italiano, era la lingua che usava il mister per comunicare con me, dato che è molto simile allo spagnolo”.
ESPANYOL - “Con l’Espanyol ho disputato tre ottime stagioni, la seconda eccellente: abbiamo raggiunto la finale di Copa del Rey e il rapporto con compagni, città e società è stata positivo. Con la mia famiglia conserviamo bellissimi ricordi. Il derby? La rivalità è molto accesa, simile a quella di Lazio e Roma. Anche se forse non così alta visto che tra Espanyol e Barcellona c’è un divario infinito. I blaugrana competono sempre per la vittoria del titolo e batterli regala ogni volta sensazioni speciali. È fantastico vedere i tifosi felici per un successo con i rivali di sempre, ciascuna sfida è sentita".
L’ARRIVO ALLA LAZIO - “La Lazio è una grande squadra, molto conosciuta in Europa. Quando mi si è palesata l’opportunità quasi non ci credevo. Rappresenta un punto d’arrivo molto importante per un giocatore che vuole consacrare la sua carriera. Abbiamo una rosa forte e siamo in lizza per la Champions, vogliamo competere su tutti i fronti e desidero conquistarmi la stima per rimanere qui a lungo. Spero di continuare a segnare gol decisivi, nonostante la Lazio abbia un organico fantastico e tante soluzioni di gioco. Voglio dare il massimo e contribuire con reti come quella con la Sampdoria o il Nizza. L’esultanza a Genova? Sì era una fotografia, ma è sembrato uno scatto fatto alla loro curva. Non volevo essere offensivo con i loro tifosi”.
INZAGHI E LUIS GARCIA - “Diversi tecnici sono stati fondamentali per me, oggi ho la fortuna di lavorare con Inzaghi che è un grande motivatore e una persona eccezionale che non trascura nessun dettaglio. Ha grande personalità e riesce a trasmetterla al gruppo, una qualità che gli garantirà un ottimo futuro da allenatore. Anche in Spagna ho avuto però una grande guida tecnica e umana come Luis Garcia, è stato fondamentale per la mia maturazione calcistica”.
LA SUPERCOPPA E LA NAZIONALE - “Alla mia prima partita vincere un trofeo così importante è stata un’emozione indescrivibile. Ora il prossimo passo è restare protagonisti in campionato. L’emozione della Supercoppa l’ho vissuta dalla panchina, ma mi sono sentito comunque parte di un grande gruppo. Ho un paio di soprannomi: Felipao e la Pantera che è quello più diffuso. Ma un giorno, con l’Ecuador, segnai una doppietta importante in piena campagna elettorale e Rafael Correa (presidente del Paese fino al 2017, ndr) disse che il vero presidente ero io. Ricordo questo episodio con orgoglio. In Nazionale ho avuto una carriera piena di soddisfazioni che sfortunatamente non si è conclusa con la qualificazione a Russia 2018".
IL RITIRO DALLA NAZIONALE - "Mi sono ritirato perché non mi sentivo più al massimo ed era giusto lasciare ai giovani e a gente con più motivazioni. Comunque ho sempre dato tutto e sono stato il secondo marcatore delle qualificazioni. Porterò un bel ricordo, ora è il momento di pensare alla Lazio. L’Ecuador mi ha dato tanto. Ho a cuore soprattutto un gol con l’Argentina nel successo per 2-0 a Buenos Aires, fu fantastico".
LA VITA IN CASA CAICEDO - “Mi piace passare il tempo libero con la mia famiglia, sono tutto per me. Giochiamo spesso e quando sono a casa mi concentro solo su di loro. Mia moglie è un’imprenditrice di moda, sta cercando di crescere ed è molto impegnata. Quando possiamo cerchiamo di stare insieme il più possibile”.