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A Tenerife venimmo eliminati dopo aver vinto 1-0 all’andata, dopo essere passati in vantaggio e dopo aver recuperato lo svantaggio due volte. Facemmo tre goal e non bastarono. Slavisa Jokanovic sembrava un marziano. Era la prima volta che una squadra veniva eliminata dopo aver fatto tre goal in trasferta.
A Valencia, la Lazio che qualche settimana dopo si sarebbe laureata Campione d’Italia prese cinque goal dal Valencia dei misteri. La meteora Gerard ne fece tre, Salas segnò il goal del 4-2 a cinque minuti dalla fine. Ma Claudio Lopez, uno comprato dalla Lazio l’estate prima e che sarebbe diventato nostro due mesi dopo, chiuse la pratica all’ottantottesimo.
A Dortmund ci ammazzò al novantesimo Karl Heinze Riedle. Il primo vero grande acquisto della nostra storia moderna. La notte in cui Boksic andò in bagno mentre gli altri continuavano a giocare. Come in una partita di calciotto qualsiasi con gli amici.
A Oporto, il Boavista ci spedi’ a casa con una doppietta di Ricky sul groppone.
In Europa ne abbiamo vinte tante e ne abbiamo perse altrettante. E ogni volta, siamo ritornati al nostro posto.
Erano Lazio più o meno forti.
C’erano presidenti e allenatori più o meno amati.
Ma noi pensavamo solo ad andare allo Stadio, la settimana successiva.
Dove si celebrava il nostro entusiasmo o si manifestava il nostro dissenso.
“Dino Dino vattene”, “la nostra fede non va tradita”, “andate a lavorare” e via cantando.
C’erano la rabbia e l’Amore. L’entusiasmo e la Voce.
Era tutto così reale e concreto. Si poteva essere o meno d’accordo. Cantare o restare in silenzio. Ma si presenziava.
Perché lo Stadio era il luogo deputato al tifo.
Lo Stadio. Non una tastiera.
E quando vi raccontate che i tempi sono cambiati. Che i parcheggi sono lontani. Che per comprare i biglietti è complicato.
Beh.
Vi state raccontando mille bugie.
Non sono cambiati i tempi.
Siete cambiati voi.
Ma vi fa male ammetterlo.
AVANTI LAZIO
AVANTI LAZIALI