Stamattina, sto facendo colazione al bar. Un anziano, insomma un uomo dell'età di alcuni di noi, sta armeggiando con le sedie frapposte tra il mio tavolino e il suo, io già seduto, lui in procinto di farlo. È incerto, sembra in imbarazzo, così mi propongo di spostare una delle sedie per fare spazio. Glielo dico. E lui a quel gesto di non so se chiamarla gentilezza rimane frastornato, è evidente che non se l'aspettava. Frastornato, meravigliato.
Intendiamoci, non avevo intenzione di aiutarlo per fargli pesare indirettamente il suo essere anziano (cfr. alzarsi per fare posto sui mezzi pubblici), semplicemente mi sono rivolto a lui perché era vicino a me e perché mi faceva piacere metterlo a suo agio.
A cosa serve questo racconto (o parabola): a dare un'idea a chi non sa cosa siano gli ex Mondiali Antirazzisti ora Giochi, di quanto possano incidere sulla vita di chi vi partecipa. Agli ex Mondiali Antirazzisti ora Giochi ci si abitua a vedere l'altro, a riconoscerlo e ad accoglierlo; e questa disposizione mentale, almeno per qualche giorno, sopravvive, ce la portiamo dietro, la facciamo circolare nelle nostre città che odiamo, tra vicini o colleghi che detestiamo e dai quali ci sentiamo ricambiati, e sconosciuti, uh quanti, che presumiamo siano il male di questa città, che dico, di questo paese.