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MILANO - "Io, di bilanci, me ne intendo, sono quello che ha fatto prendere 1,2 miliardi alla Lega di A, ho fatto parlare Murdoch e Berlusconi". Sarebbero state le parole del presidente della Lazio, Claudio Lotito, a spingere l'Antitrust ad aprire un'indagine sull'assegnazione dei diritti tv della Serie A. Nel mirino dell'authority sono finite Sky, Mediaset e la Lega Calcio, oggetto delle ispezioni della Guardia di Finanza. Al centro dell'inchiesta, l'esito finale della vendita dei diritti tv per il triennio 2015-2018, assegnati a giugno 2014: il nodo riguarda l'accordo tra Sky e Mediaset - promosso da Infront - per mantenere lo status quo, impedendo alla tv di Murdoch di aggiudicarsi i lotti più pregiati dell'asta. Un'intesa avvallata dalla Lega che pur di non annullare il bando si accontentò di ricavi certi, ma probabilmente inferiori. E, nonostante, le minacce di ricorsi da parte di Eurosport.
Gli interessi. Insomma a vincere l'asta non furono le offerte migliori, ma piuttosto gli interessi in gioco, alla faccia di ogni regola. Sky aveva fretta a chiudere l'accordo perché era in dirittura d'arrivo la fusione con Sky Germania e BSkyb in Inghilterra, mentre Mediaset, dopo essersi aggiudicata l'esclusiva per la Champions League 2015-18, aveva bisogno del "meglio della Serie A" per attirare quel partner industriale per la pay tv che cerca da tempo. In Lega Calcio lo scontro fu duro soprattutto tra Lazio e Juventus: da un lato perché Claudio Lotito - come dimostrano le sue parole - è il gran manovratore del Palazzo, forte dei legami con Galliani si dice controlli 17-18 voti (su 20), mentre Agnelli sosteneva la massimizzazione dei profitti (senza dimenticare che John Elkann siede anche nel board della NewsCorp di Rupert Murdoch) e il rispetto delle regole. Pur senza aver mai chiuso all'ipotesi di un'intesa nell'interesse di tutti.
Il ruolo della Lega e di Infront. A spostare il peso della bilancia fu, soprattutto, Infront, l'advisor della Lega Calcio che avallò le tesi di Mediaset sconfessando il bando preparato: "Sky ha offerto la cifra più alta ma non può vincere sia sul satellite che sul digitale" dicevano lo scorso anno gli ambienti vicini alla Lega controllata - di fatto - dalla cordata del Milan di Galliani. Nel suo ruolo di venditore, la Confindustria del pallone si riservò, quindi, il diritto di scegliere la soluzione preferita, a prescindere dalle regole del gioco. Di più: si decise di aggiungere ex post una clausola non scritta al fine di vietare l'assegnazione allo stesso soggetto dei lotti più pregiati: "Vogliamo massimizzare il ritorno, senza creare un monopolio. Altrimenti - dicevano gli advisor - avremmo venduto per esclusiva e non per piattaforma". Un assist a Mediaset che dall'apertura delle buste uscì sconfitta. Nel frattempo Infront è passata ai cinesi di Wanda, ma Marco Bogarelli è rimasto il deus ex machina del calcio italiano.
I fatti. Per capire di cosa si tratta bisogna fare un passo indietro, tornando all'estate dello scorso anno, quando dopo una battaglia lunga settimane Sky si era aggiudicata l'intero campionato sul satellite e Mediaset le partite delle migliori 8 squadre di serie A sul digitale terrestre (pari all'86% dello share). Un accordo definito al ribasso per tutti: a cominciare dalla Lega che per il triennio incasserà 945 milioni di euro (572 dalla piattaforma satellitare di Rupert Murdoch, gli altri dal Biscione) anziché i 1.100 milioni offerti dai vari concorrenti e i 954 milioni della base d'asta. Anche per questo, già un anno fa, gli addetti ai lavori si auguravano che nessuno degli attori in gara usciti perdenti dall'asta, presentasse ricorso.
Le offerte. Sky, infatti, si era aggiudicata il lotto A - i diritti delle migliori 8 squadre per il satellite - per il quale aveva effettivamente presentato l'offerta più alta. La pay tv satellitare, però, ottenne anche il pacchetto D - tutte le altre partite in esclusiva su satellite e digitale terrestre - nonostante la sua offerta fosse risultata inferiore a quella di Mediaset, Fox e più alta di soli 10 milioni rispetto a quella di Eurosport. Peggio: il lotto D arrivo a Sky attraverso Mediaset, dopo che l'Agcom diede, in accordo con la Lega, il via libera alla sub-licenza. Di più: l'offerta del Biscione era stata sì la più alta, ma solo perché vincolata all'aggiudicazione di uno dei due lotti A o B, senza che questa eventualità fosse, peraltro, permessa dal bando di gara. Anche per questo il presidente della Serie A, Maurizio Beretta definì la decisione "nell'interesse del consumatore". Bizzarro anche il modo con cui Mediaset si aggiudicò il lotto B - i diritti delle migliori 8 squadre, ma sul digitale terrestre - nonostante un'offerta economica inferiore a quelle di Sky e Fox.
Il risultato. Grazie all'accordo raggiunto, Sky con soli 8 milioni in più rispetto all'ultimo contratto si aggiudicò 132 partite in esclusiva (78 in più), rinunciando, però, ai piani di sbarco sul digitale per cui aveva preparato il decoder unico. Mediaset, invece, spende 373 milioni contro gli attuali 277 per trasmettere meno partite, ma garantendosi - con la Champions League - la miglior offerta di calcio in Italia ed evitando l'arrivo di Murdoch sul digitale.
L'asta. All'apertura delle buste - il 5 giugno 2014 - Sky aveva presentato le offerte più alte per i pacchetti A e B, quelli con le migliori squadre su satellite e digitale terrestre, mettendo sul piatto 779 milioni di euro. Il Biscione, invece, aveva depositato un'offerta più bassa per entrambi i lotti, puntando forte sul pacchetto D, quello con i diritti per le "altre" 12 squadre giocando d'astuzia: aveva vincolato
la proposta da 301 milioni (121 più di Fox e 51 più di Sky) all'assegnazione anche di A o B. Un vincolo non previsto dal banda di gara. Nelle tesi dell'Antitrust, invece, A e B sarebbero dovute andare a Sky, mentre il lotto D sarebbe dovuto tornare sul mercato.