Gli ospiti indesiderati

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Gli ospiti indesiderati
« il: 10 Nov 2015, 12:53 »
Proviamo a vederla da un'altra angolazione.

Al derby, domenica, si è fatta una conta. I presenti erano quelli che comunque ci vanno. Quelli che non si curano di tutta la sovrastruttura, che hanno un certo tipo di rapporto con la propria passione, che ci devono comunque essere, indesiderati e appena sopportati. Parlo anche di quelli di là. Erano di più perché giocavano in casa, e gli abbonati, alla fine, contano. A parti invertite, credo, le proporzioni non sarebbero state poi tanto differenti.

Io ho avvertito un enorme afflato di fratellanza perché chi c'era la pensava esattamente come me, nel rapporto tra un tifoso e la propria squadra. Fatta la conta, però, è uscito fuori che siamo un'assoluta minoranza. Gli altri, tutti gli altri, hanno motivazioni e spinte differenti per assistere ad una partita. Il fatto che fosse un derby ha amplificato enormemente la visione. Una grande cartina di tornasole.

C'è chi non è venuto perché ritiene che le misure di repressive non gli facciano esprimere il proprio rapporto come vorrebbe. Chi ha avuto paura, chi non si vede niente, chi i soldi a quelli là non glieli do' (ne conosco più di uno), chi non gli regge la pompa al derby. Tutte queste motivazioni, tutte insieme per una volta, hanno prodotto la desolazione di domenica.

Come se ne esce? Ma - più che altro - se ne esce? Per uscirne qualcuno dovrebbe fare un passo indietro, ma sembra di essersi ormai incamminati in un tunnel, alla cui uscita avremo uno stadio perfettamente vuoto. Uno stadio scomodo, sgradevole, dove la sensazione non è quella di sentirti a casa tua, ma a casa di qualcun altro, che quando suoni e ti apre la porta ti fa, ah sei venuto? Non ti aspettavo, ma entra pure, ormai hai fatto questa strada, mettiti da una parte ma non fare troppo rumore, che disturbi i vicini. E l'imbarazzo regna sovrano.

All'Olimpico si è sempre visto di schifo, quando c'erano i gradoni sotto la curva e ti capitava di arrivare tardi la visuale era di un gruppo di teste schiacciate (se non pioveva, altrimenti erano le gronde degli ombrelli del vicino), e la partita manco la immaginavi se non in occasionali boati dei fortunati che potevano vedere qualcosa. Io, piccolino, me la sentivo al più alla radiolina. E lo stadio non è che fosse sempre pieno, ma non era un problema, non è che si facesse ad ogni partita la conta su chi c'era e chi non c'era. I delinquenti c'erano allora come ora, la politica c'era allora come ora. E allora, cosa è cambiato ad alterare così macroscopicamente il rapporto tra un tifoso e la propria squadra? Per conto mio, nulla, ma io sono strano. Mettetevi nei panni di un tifoso tiepido e occasionale.

Vuoi andare alla partita? Ecco lo scenario che ti propongo. Prima di tutto, ti intralcio nell'acquisto del biglietto. Dev'essere scomodo, lo devi decidere in anticipo, sia mai che vuoi andare all'ultimo momento, devi avere un documento, non puoi prendere i biglietti per altre persone. Se vuoi andare in trasferta, ci sono procedure simili all'ottenimento di un visto per l'URSS negli anni 70. Poi, devi fare la fila. E spendere un sacco di soldi.

Sono un pazzo, ho il tagliando in mano. Vado, parcheggio e mi vedo la partita. See, lallero. I parcheggi sono un miraggio. Devi andare con anticipo esagerato, che al confronto andare a Fiumicino per un volo intercontinentale è una passeggiata. Vabbè, vado prima, è una bella giornata. Arrivo all'obelisco, tra due ali di celerini annoiati ed incazzati, prima coda. Controllano i biglietti, poi una fila di steward ti palpa, più approfonditamente o meno a seconda delle disposizioni. Passato lo steward, c'è una fila di poliziotti. Abbassi la testa con fare colpevole, perché miracolosamente hai salvato l'accendino. In alcuni casi, te la cavi. Un'altra passeggiata, e ti trovi al Checkpoint Charlie. Altra coda interminabile, i tornelli, altri steward che ti ricontrollano, visto mai ti sei fatto passare da fuori oggetti contundenti, altra fila di poliziotti.

Ti è andata bene, tiri fuori il panino e ti accorgi che manca l'acqua. Le fontanelle, che un tempo ti assistevano, ora sono al Louvre come reperti archeologici. L'acqua la devi acquistare, e il suo prezzo segue le fluttuazioni dell'oro. Non sia mai tu debba andare in bagno, che al confronto quelli dell'autogrill sulla Salerno-Reggio Calabria sono la hall dell'Hilton. E il caffé, quella brodaglia catramosa servita in bicchierini di plastica ha mietuto più vittime della Peste Nera.

Finalmente, sali le fatidiche scale e ti rechi nella tua posizione, da cui non vedi nulla ma dalla quale, secondo rumors, non ti dovresti allontanare, neppure per un salto alla toilette, mentre dietro alla porta opposta cartelloni pubblicitari di colori sgargianti scorrono in continuazione impedendoti di capire cosa avviene in quell'area. C'è gente che la partita se la vede sul tablet e te la racconta, per fortuna.

Tutto questo c'è sempre stato, i disagi sono atavici. Ora però è chiaro che alle carenze infrastrutturali si aggiunge una strategia ben chiara. E che il tifoso "tiepido", lungi dall'essere il target di una campagna di marketing, non sia altro che un impiccio. Tra l'altro, la società, che avrebbe interesse ad attrarre il tifoso, da un lato non sembra così interessata, dall'altro può poco, visto che i disagi sono provocati da soggetti terzi che remano in senso contrario. Tutto congiura ad avvalorare la tua sensazione di essere un ospite non gradito. Lo Stato ti permette di andare allo stadio ma non vorrebbe, così come puoi acquistare le sigarette ma sul pacchetto ci sono avvertimenti spaventosi sui rischi di fumare.

Cosa ci aspetta per il futuro? Loro (quelli della curva) continueranno la loro protesta. Di cui non condivido assolutamente le modalità, ma non è che ho una soluzione pronta nel cassetto. Mentre fino a poco tempo fa immaginavo una sorta di ricambio fisico all'interno della curva, il derby mi ha scosso. Sarà questo lo scenario futuro? Il silenzio fa paura. C'è chi si frega le mani, burocrati ottusi che nulla capiscono di calcio, delle sue motivazioni, del rapporto mesmerico tra un tifoso e la propria squadra, gente che militarizzerebbe un'aula delle elementari per evitare che gli alunni attacchino le caccole sotto il banco.

Che pena, comunque, che tristezza. Avessimo vinto, almeno...


Offline portugal

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1661
Re:Gli ospiti indesiderati
« Risposta #1 il: 10 Nov 2015, 15:17 »
Proviamo a vederla da un'altra angolazione.

Al derby, domenica, si è fatta una conta. I presenti erano quelli che comunque ci vanno. Quelli che non si curano di tutta la sovrastruttura, che hanno un certo tipo di rapporto con la propria passione, che ci devono comunque essere, indesiderati e appena sopportati. Parlo anche di quelli di là. Erano di più perché giocavano in casa, e gli abbonati, alla fine, contano. A parti invertite, credo, le proporzioni non sarebbero state poi tanto differenti.

Io ho avvertito un enorme afflato di fratellanza perché chi c'era la pensava esattamente come me, nel rapporto tra un tifoso e la propria squadra. Fatta la conta, però, è uscito fuori che siamo un'assoluta minoranza. Gli altri, tutti gli altri, hanno motivazioni e spinte differenti per assistere ad una partita. Il fatto che fosse un derby ha amplificato enormemente la visione. Una grande cartina di tornasole.

C'è chi non è venuto perché ritiene che le misure di repressive non gli facciano esprimere il proprio rapporto come vorrebbe. Chi ha avuto paura, chi non si vede niente, chi i soldi a quelli là non glieli do' (ne conosco più di uno), chi non gli regge la pompa al derby. Tutte queste motivazioni, tutte insieme per una volta, hanno prodotto la desolazione di domenica.

Come se ne esce? Ma - più che altro - se ne esce? Per uscirne qualcuno dovrebbe fare un passo indietro, ma sembra di essersi ormai incamminati in un tunnel, alla cui uscita avremo uno stadio perfettamente vuoto. Uno stadio scomodo, sgradevole, dove la sensazione non è quella di sentirti a casa tua, ma a casa di qualcun altro, che quando suoni e ti apre la porta ti fa, ah sei venuto? Non ti aspettavo, ma entra pure, ormai hai fatto questa strada, mettiti da una parte ma non fare troppo rumore, che disturbi i vicini. E l'imbarazzo regna sovrano.

All'Olimpico si è sempre visto di schifo, quando c'erano i gradoni sotto la curva e ti capitava di arrivare tardi la visuale era di un gruppo di teste schiacciate (se non pioveva, altrimenti erano le gronde degli ombrelli del vicino), e la partita manco la immaginavi se non in occasionali boati dei fortunati che potevano vedere qualcosa. Io, piccolino, me la sentivo al più alla radiolina. E lo stadio non è che fosse sempre pieno, ma non era un problema, non è che si facesse ad ogni partita la conta su chi c'era e chi non c'era. I delinquenti c'erano allora come ora, la politica c'era allora come ora. E allora, cosa è cambiato ad alterare così macroscopicamente il rapporto tra un tifoso e la propria squadra? Per conto mio, nulla, ma io sono strano. Mettetevi nei panni di un tifoso tiepido e occasionale.

Vuoi andare alla partita? Ecco lo scenario che ti propongo. Prima di tutto, ti intralcio nell'acquisto del biglietto. Dev'essere scomodo, lo devi decidere in anticipo, sia mai che vuoi andare all'ultimo momento, devi avere un documento, non puoi prendere i biglietti per altre persone. Se vuoi andare in trasferta, ci sono procedure simili all'ottenimento di un visto per l'URSS negli anni 70. Poi, devi fare la fila. E spendere un sacco di soldi.

Sono un pazzo, ho il tagliando in mano. Vado, parcheggio e mi vedo la partita. See, lallero. I parcheggi sono un miraggio. Devi andare con anticipo esagerato, che al confronto andare a Fiumicino per un volo intercontinentale è una passeggiata. Vabbè, vado prima, è una bella giornata. Arrivo all'obelisco, tra due ali di celerini annoiati ed incazzati, prima coda. Controllano i biglietti, poi una fila di steward ti palpa, più approfonditamente o meno a seconda delle disposizioni. Passato lo steward, c'è una fila di poliziotti. Abbassi la testa con fare colpevole, perché miracolosamente hai salvato l'accendino. In alcuni casi, te la cavi. Un'altra passeggiata, e ti trovi al Checkpoint Charlie. Altra coda interminabile, i tornelli, altri steward che ti ricontrollano, visto mai ti sei fatto passare da fuori oggetti contundenti, altra fila di poliziotti.

Ti è andata bene, tiri fuori il panino e ti accorgi che manca l'acqua. Le fontanelle, che un tempo ti assistevano, ora sono al Louvre come reperti archeologici. L'acqua la devi acquistare, e il suo prezzo segue le fluttuazioni dell'oro. Non sia mai tu debba andare in bagno, che al confronto quelli dell'autogrill sulla Salerno-Reggio Calabria sono la hall dell'Hilton. E il caffé, quella brodaglia catramosa servita in bicchierini di plastica ha mietuto più vittime della Peste Nera.

Finalmente, sali le fatidiche scale e ti rechi nella tua posizione, da cui non vedi nulla ma dalla quale, secondo rumors, non ti dovresti allontanare, neppure per un salto alla toilette, mentre dietro alla porta opposta cartelloni pubblicitari di colori sgargianti scorrono in continuazione impedendoti di capire cosa avviene in quell'area. C'è gente che la partita se la vede sul tablet e te la racconta, per fortuna.

Tutto questo c'è sempre stato, i disagi sono atavici. Ora però è chiaro che alle carenze infrastrutturali si aggiunge una strategia ben chiara. E che il tifoso "tiepido", lungi dall'essere il target di una campagna di marketing, non sia altro che un impiccio. Tra l'altro, la società, che avrebbe interesse ad attrarre il tifoso, da un lato non sembra così interessata, dall'altro può poco, visto che i disagi sono provocati da soggetti terzi che remano in senso contrario. Tutto congiura ad avvalorare la tua sensazione di essere un ospite non gradito. Lo Stato ti permette di andare allo stadio ma non vorrebbe, così come puoi acquistare le sigarette ma sul pacchetto ci sono avvertimenti spaventosi sui rischi di fumare.

Cosa ci aspetta per il futuro? Loro (quelli della curva) continueranno la loro protesta. Di cui non condivido assolutamente le modalità, ma non è che ho una soluzione pronta nel cassetto. Mentre fino a poco tempo fa immaginavo una sorta di ricambio fisico all'interno della curva, il derby mi ha scosso. Sarà questo lo scenario futuro? Il silenzio fa paura. C'è chi si frega le mani, burocrati ottusi che nulla capiscono di calcio, delle sue motivazioni, del rapporto mesmerico tra un tifoso e la propria squadra, gente che militarizzerebbe un'aula delle elementari per evitare che gli alunni attacchino le caccole sotto il banco.

Che pena, comunque, che tristezza. Avessimo vinto, almeno...
solito post( racconto) da premio nobel per la letteratura. Guymontag....è sempre un piacere.......

Offline Thorin

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3078
Re:Gli ospiti indesiderati
« Risposta #2 il: 10 Nov 2015, 15:25 »
Proviamo a vederla da un'altra angolazione.

Al derby, domenica, si è fatta una conta. I presenti erano quelli che comunque ci vanno. Quelli che non si curano di tutta la sovrastruttura, che hanno un certo tipo di rapporto con la propria passione, che ci devono comunque essere, indesiderati e appena sopportati. Parlo anche di quelli di là. Erano di più perché giocavano in casa, e gli abbonati, alla fine, contano. A parti invertite, credo, le proporzioni non sarebbero state poi tanto differenti.

Io ho avvertito un enorme afflato di fratellanza perché chi c'era la pensava esattamente come me, nel rapporto tra un tifoso e la propria squadra. Fatta la conta, però, è uscito fuori che siamo un'assoluta minoranza. Gli altri, tutti gli altri, hanno motivazioni e spinte differenti per assistere ad una partita. Il fatto che fosse un derby ha amplificato enormemente la visione. Una grande cartina di tornasole.

C'è chi non è venuto perché ritiene che le misure di repressive non gli facciano esprimere il proprio rapporto come vorrebbe. Chi ha avuto paura, chi non si vede niente, chi i soldi a quelli là non glieli do' (ne conosco più di uno), chi non gli regge la pompa al derby. Tutte queste motivazioni, tutte insieme per una volta, hanno prodotto la desolazione di domenica.

Come se ne esce? Ma - più che altro - se ne esce? Per uscirne qualcuno dovrebbe fare un passo indietro, ma sembra di essersi ormai incamminati in un tunnel, alla cui uscita avremo uno stadio perfettamente vuoto. Uno stadio scomodo, sgradevole, dove la sensazione non è quella di sentirti a casa tua, ma a casa di qualcun altro, che quando suoni e ti apre la porta ti fa, ah sei venuto? Non ti aspettavo, ma entra pure, ormai hai fatto questa strada, mettiti da una parte ma non fare troppo rumore, che disturbi i vicini. E l'imbarazzo regna sovrano.

All'Olimpico si è sempre visto di schifo, quando c'erano i gradoni sotto la curva e ti capitava di arrivare tardi la visuale era di un gruppo di teste schiacciate (se non pioveva, altrimenti erano le gronde degli ombrelli del vicino), e la partita manco la immaginavi se non in occasionali boati dei fortunati che potevano vedere qualcosa. Io, piccolino, me la sentivo al più alla radiolina. E lo stadio non è che fosse sempre pieno, ma non era un problema, non è che si facesse ad ogni partita la conta su chi c'era e chi non c'era. I delinquenti c'erano allora come ora, la politica c'era allora come ora. E allora, cosa è cambiato ad alterare così macroscopicamente il rapporto tra un tifoso e la propria squadra? Per conto mio, nulla, ma io sono strano. Mettetevi nei panni di un tifoso tiepido e occasionale.

Vuoi andare alla partita? Ecco lo scenario che ti propongo. Prima di tutto, ti intralcio nell'acquisto del biglietto. Dev'essere scomodo, lo devi decidere in anticipo, sia mai che vuoi andare all'ultimo momento, devi avere un documento, non puoi prendere i biglietti per altre persone. Se vuoi andare in trasferta, ci sono procedure simili all'ottenimento di un visto per l'URSS negli anni 70. Poi, devi fare la fila. E spendere un sacco di soldi.

Sono un pazzo, ho il tagliando in mano. Vado, parcheggio e mi vedo la partita. See, lallero. I parcheggi sono un miraggio. Devi andare con anticipo esagerato, che al confronto andare a Fiumicino per un volo intercontinentale è una passeggiata. Vabbè, vado prima, è una bella giornata. Arrivo all'obelisco, tra due ali di celerini annoiati ed incazzati, prima coda. Controllano i biglietti, poi una fila di steward ti palpa, più approfonditamente o meno a seconda delle disposizioni. Passato lo steward, c'è una fila di poliziotti. Abbassi la testa con fare colpevole, perché miracolosamente hai salvato l'accendino. In alcuni casi, te la cavi. Un'altra passeggiata, e ti trovi al Checkpoint Charlie. Altra coda interminabile, i tornelli, altri steward che ti ricontrollano, visto mai ti sei fatto passare da fuori oggetti contundenti, altra fila di poliziotti.

Ti è andata bene, tiri fuori il panino e ti accorgi che manca l'acqua. Le fontanelle, che un tempo ti assistevano, ora sono al Louvre come reperti archeologici. L'acqua la devi acquistare, e il suo prezzo segue le fluttuazioni dell'oro. Non sia mai tu debba andare in bagno, che al confronto quelli dell'autogrill sulla Salerno-Reggio Calabria sono la hall dell'Hilton. E il caffé, quella brodaglia catramosa servita in bicchierini di plastica ha mietuto più vittime della Peste Nera.

Finalmente, sali le fatidiche scale e ti rechi nella tua posizione, da cui non vedi nulla ma dalla quale, secondo rumors, non ti dovresti allontanare, neppure per un salto alla toilette, mentre dietro alla porta opposta cartelloni pubblicitari di colori sgargianti scorrono in continuazione impedendoti di capire cosa avviene in quell'area. C'è gente che la partita se la vede sul tablet e te la racconta, per fortuna.

Tutto questo c'è sempre stato, i disagi sono atavici. Ora però è chiaro che alle carenze infrastrutturali si aggiunge una strategia ben chiara. E che il tifoso "tiepido", lungi dall'essere il target di una campagna di marketing, non sia altro che un impiccio. Tra l'altro, la società, che avrebbe interesse ad attrarre il tifoso, da un lato non sembra così interessata, dall'altro può poco, visto che i disagi sono provocati da soggetti terzi che remano in senso contrario. Tutto congiura ad avvalorare la tua sensazione di essere un ospite non gradito. Lo Stato ti permette di andare allo stadio ma non vorrebbe, così come puoi acquistare le sigarette ma sul pacchetto ci sono avvertimenti spaventosi sui rischi di fumare.

Cosa ci aspetta per il futuro? Loro (quelli della curva) continueranno la loro protesta. Di cui non condivido assolutamente le modalità, ma non è che ho una soluzione pronta nel cassetto. Mentre fino a poco tempo fa immaginavo una sorta di ricambio fisico all'interno della curva, il derby mi ha scosso. Sarà questo lo scenario futuro? Il silenzio fa paura. C'è chi si frega le mani, burocrati ottusi che nulla capiscono di calcio, delle sue motivazioni, del rapporto mesmerico tra un tifoso e la propria squadra, gente che militarizzerebbe un'aula delle elementari per evitare che gli alunni attacchino le caccole sotto il banco.

Che pena, comunque, che tristezza. Avessimo vinto, almeno...

Credo che questa sia, più o meno, la mia angolazione.
Grazie Guy  ;)
Re:Gli ospiti indesiderati
« Risposta #3 il: 10 Nov 2015, 15:33 »
Hai esposto perfettamente i motivi per i quali da un anno e mezzo - pur abitando a 500 mentri dallo stadio - non vado più all'Olimpico. L'abbonameneto lo faccio per non far mancare i soldi alla mia squadra del cuore, ma di subire una tortura bimensile non ho alcuna voglia....
Re:Gli ospiti indesiderati
« Risposta #4 il: 10 Nov 2015, 15:39 »
Hai esposto perfettamente i motivi per i quali da un anno e mezzo - pur abitando a 500 mentri dallo stadio - non vado più all'Olimpico. L'abbonameneto lo faccio per non far mancare i soldi alla mia squadra del cuore, ma di subire una tortura bimensile non ho alcuna voglia....

il manifesto del tifoso della Lazio.

piu o meno la stessa filosofia mia.
io sono abbonato e quest'anno ho visto solo 4 partite, di cui due le ho dovute pure pagare (Leverkusen e Derby)

Offline Air

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2314
Re:Gli ospiti indesiderati
« Risposta #5 il: 10 Nov 2015, 15:46 »
Due anni che non vado allo stadio, dopo 25 di abbonamento, dopo che:

- Mi sono rotto le palle di parcheggiare in cima alla salita di Monte Mario, che dopo una sconfitta, in particolare, diventa il Monte Calvario;

- Mio padre 70enne è stato colpito da un lacrimogeno della Polizia al derby;

- Sono stato assalito da un cane "poliziotto" che mi ha morso un braccio senza motivo;

- Mi sono rotto le palle di dover impegnare una giornata per una partita di 90 minuti;

- Se devo andare al bagno, devo attraversare una pozza di piscio.

- Perquisito tre volte a partita, ho imparato a tenere l'accendino in mano, come Fantozzi con la radiiolina.

- Non voglio portarci i bambini perchè quelli accanto se fanno le canne, bestemmiano, se picchiano...

- Mi sono ritrovato in mezzo a una serie di risse a bottigliate avendo deciso di provare a parcheggiare a Ponte Milvio.

- D'inverno se more de freddo, mentre a Madrid c'è il riscaldamento.

- Non sopporto più i contestatori durante la partita.

- So' invecchiato.

Offline paolo71

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19313
Re:Gli ospiti indesiderati
« Risposta #6 il: 10 Nov 2015, 16:54 »
per sto cazzo de Stadio delle Aquile quanto dovemo aspettà?

per il resto c'è Guy, the best...
Re:Gli ospiti indesiderati
« Risposta #7 il: 10 Nov 2015, 17:15 »
Le curve vuote sono stato un assist a porta vuota per gli American Straccions. E vi spiego anche il perché.
L'amerigani spingeranno sempre di più per lo stadio scempio discarica a TDV.
E con buona pace per tutti he lo faranno fare perché la situazione all'olimpico è ormai ingestibile.
Spero solo che Lotito gli vada a ruota.
Io domenica ero presente e sono tornato a casa senza voce. A me per intonare i cori o incitare la mia Lazio non serve nessuno che da sotto o da sopra mi dica come fare. Sarei stato più felice se la curva nord fosse stata presente e colorata come sempre. Ma se loro hanno voluto essere assenti di certo non potevamo fare nulla di più di quello che è stato fatto. Io sono per un tifo all'inglese. In piedi, mani in alto e fuori la voce.
Chi non è venuto?problemi loro. Già sono incaxxxato per la sconfitta.. Ognuno facesse quello che crede. Ognuno ha la sua testa e il suo cuore. A me il cuore mi ha portato al derby. Per la Mia Lazio.

Forza Lazio sempre.


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