come d'abitudine, non rappresento che me stesso. non esprimo giudizio sugli altri, ognuno fa quel che desidera perché il rapporto con la propria squadra, in definitiva, è individuale e i comportamenti - spero e credo - non dipendono da condizionamenti esterni ma da come i singoli vivono la propria passione.
avverto un inesprimibile disagio nell'andare allo stadio. avendo un'età, so bene che questo disagio non deriva da fattori esterni. né dal presidente che abbiamo, né dal gioco proposto dalla squadra, né dalla posizione in classifica o dagli ostacoli che vengono proposti a me tifoso per poter fruire dell'incontro.
si tratta di un rapporto d'amore tra me e la lazio. esiste un calendario. gioca la lazio -> la vado a vedere. per me sono le basi. tutto il resto è un corollario. controlli, parcheggi, orari congiurano per non farmici andare? è come se dovessi uscire con la mia ragazza e lascio perdere perché al centro non ho il permesso per le auto. qualcosa mi invento, qualcosa mi sono sempre inventato. domani c'è l'udinese in coppa, ho la targa dispari, ma in un modo o nell'altro - dato che posso e voglio - allo stadio ci sarò.
questo è il disagio proveniente da fattori esterni. ma me ne frego, lo stadio è casa mia e a casa ci vado. sempre. poi ci sono i fattori interni. quei pochi che ci vanno lo fanno portandosi dietro tutte le frustrazioni, gli input mediatici (radio, tivvù, siti, giornali, facebook). la squadra è in difficoltà. non c'è un attimo di passione, di supporto, di dodicesimo in campo. già a metà del primo tempo (come è successo lunedì) parte la cogli.onella. olé ironici, e intorno un continuo borbottio ad ogni errore, questo è una pippa, questo manco in serie c, potevamo prenderci quell'altro, questo manco regalato, e fai entrare questo, non ci capisci un cazzo. un mantra inarrestabile, arido, inesorabile, che serpeggia ovunque, solo rari cori di incitamento, gli unici cori che raggiungono qualche decibel sono quelli contro. poi un deserto. di tifare per la propria squadra non hai più voglia nessuno, si va così per sfottere, per chi me l'ha fatto fare, le parole d'ordine amore, passione, dodicesimo in campo sono rimaste a casa in un cassetto.
che ci siano momenti di sconforto, critiche, incazzature è umano. io non arrivo a capire però come questo ciarpame si sia sostituito completamente al piacere di tifare. solo facce grifagne, che si distendono unicamente con sogghigni per una riuscita presa per il culo di un giocatore. della lazio, ovviamente.
io non mi ci ritrovo, mi innervosisco, se mi scappa un bravo per una bella azione od un passaggio ricevo sguardi di sbieco. non è più casa mia, non ho fratelli intorno.
non ho soluzioni. abdicare sarebbe dargliela vinta, mi sentirei un traditore nei confronti di quella squadra, di quei ragazzi, non c'è più nessuno a far capire loro che gli vuole bene. ma non posso, come alla tv, abbassare il fastidio di fondo. l'unica possibilità è andare lassù, in un angolo, dove sto da solo e posso, se capita - ahimé, capita raramente - applaudire un passaggio, incitare od esultare per un gol, dare il mio sostegno quando i ragazzi han bisogno di noi. solo e ridicolo. e incazzarmi, magari. ma incazzarmi come fa un padre con un figlio, non con un coatto che ti ha appena rigato la macchina.
ma forse sono solo io. questo è il nuovo tifoso. è la maggioranza, è giusto così. ma proprio nessuno avverte il mio silenzioso e minoritario disagio?