Quando leggo questi topic ritrovo il vero spirito del tifoso, quello che preferisce i sogni alle solide realtà.
Quello che snocciola almanacchi per vedere quale dei grandi allenatori è libero, sperando di vederlo nella propria squadra; eppure in altri topic sembra quasi che il tifoso autentico non debba curarsi di questi aspetti ma emozionarsi a prescindere, tifare a prescindere, essere soddisfatto a prescindere.
Il tifoso non può rassegnarsi a Reja, o quantomeno ha il diritto di sognare un Simeone, un Hiddink, un Van Gaal o un Klopp, anche un Allegri. Chiedere a un tifoso di rinunciare al brivido inspiegabile con cui si segue il calciomercato o con cui si spera nel grande ingaggio e, al contrario, di emozionarsi per le solide realtà e di aspettare stolidamente ogni fine campionato per fare una lucida e razionale analisi sui risultati acquisiti o meno, è un atto contro natura.
Va benissimo in politica, nell'economia domestica, nella gestione delle proprie attività e nella valutazione dei contratti di lavoro. Se devo applicare questo modello anche alla passione calcistica, che mi costa soldi e che toglie tempo alla mia vita reale, allora forse bisognerebbe tornare ai vecchi concetti ultra-abusati e criticati del "ma come se fa a perdere tempo dietro a 11 uomini in mutande che corrono dietro a una palla"?
La Lazio per me è passione irrazionale, folle, inspiegabile e incontrollabile.
Se si trasforma in un algido conteggio di semestrali, di presenze allo stadio celebrate con un paio di cori e con un "acciderba" seguito da un applauso sportivo quando subiamo un gol e di questioni di principio portate allo stremo pur di sentire di avere ragione, allora perde qualsiasi forma di splendore.
E dunque anche preoccuparsi del pre, durante e post Reja mi chiedo che funzione abbia, all'interno dell'amore per le solide realtà.