Uno dei saggi più belli della raccolta "razza nazione classe" di wallerstein e balibar riguarda proprio il legame per certi versi inseparabile tra nazionalismo e razzismo (cap III, Razzismo e nazionalismo, di Balibar, ma anche quello successivo di Wallerstein sulla costruzione di popolo).
Che forse risponderebbe anche in parte a chi si lamenta "sembra che tocca esse pefforza di sinistra per non essere razzisti."
Il nazionalismo, nella produzione di etnicità e divisione noi-loro, quasi inevitabilmente sfocia nel razzismo. Soprattutto laddove sovrappone nazionalità e cittadinanza.
Ossia laddove un criterio biologico-culturale determina l'accesso o meno a servizi, welfare, diritti.
Sicuramente il concetto di nazione può avere anche un carattere emancipatorio (pensiamo alle lotte di liberazione coloniale o alla stessa indipendenza italiana), tuttavia questo non è mai un carattere stabile, al contrario facilmente trapassa nell'altro termine.
l'Italia è un esempio, da discriminati a discriminanti.
L'india è un esempio: da colonizzati razzializzati vediamo oggi cosa fa il nazionalismo indiano hinduista nei confronti dei musulmani (il BJP in particolare, che tante analogie presenta con partiti nostrani che evito di nominare).
Il massacro del Gujarat, una atrocità che fece migliaia di morti e feriti, migliaia di stupri di massa, dovrebbe dirci qualcosa. Peccato che avvenne un anno dopo l'11 settembre, dunque i media europei soprassedettero, anzi parlarono di scontri tra india e fondamentalisti islamici...
La nazione non è immediatamente razzista. Ma ha una tensione al razzismo per certi versi ineliminabile.
Per questo la destra, in quanto parte politica di solito nazionalista, ne è più soggetta.