Lazio.net Community

Lazio e basta / Only Lazio => Lazio Talk => Topic aperto da: blu73 - 18 Gen 2017, 10:56

Titolo: Luciano Re Cecconi
Inserito da: blu73 - 18 Gen 2017, 10:56
Oggi sono 40 anni dalla scomparsa di Luciano Re Cecconi.

Quella sera come se fosse un incubo, per un ragazzino quale ero io, la morte di uno degli idoli sportivi era qualcosa di incomprensibile. Come se dovessero rimanere per sempre giovani e forti.
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: blu73 - 18 Gen 2017, 10:59
Chiedo scusa ai mod, il refresh della pagina non ha fatto il suo dovere e non ho visto il topic già aperto  :s
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: alasinistra - 18 Gen 2017, 17:33
Ciao Luciano :s
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: aventiniano - 02 Feb 2017, 15:49
Non ho interessenze, lo giuro! Ma mi sono imbattuto in questa recensione e ve la giro - per i VdM come me, ma soprattutto per i ragazzi che Cecco non l'hanno conosciuto.

Vivo a Milano da tanti anni, e mi ha sempre colpito questa misteriosa assonanza che ha portato tanti lombardi puro sangue (lui, Pulici, il Garla, Acerbis, Monelli, Casiraghi, Signori, Inzaghi e altri) a innamorarsi della Lazio - come io oggi sono innamorato di (quel che resta di) questa terra e di questa gente.

Aveva un volto bianco e tirato
Guy Chiappaventi
Tunué, 144 pp., 14,90 euro

Fu una tragedia che sconvolse l’Italia sportiva, emotivamente, e che avvenne in circostanze del tutto casuali, come sul set di un film western. Non riguardò una persona qualunque, ma un giocatore simbolo della Lazio campione d’Italia nel 1974. Biondo tanto da sembrare un nordico: Luciano Re Cecconi. In "Aveva un volto bianco e tirato", Guy Chiappaventi ripercorre meticolosamente il caso. Cosa disse il calciatore entrando in una gioielleria di Roma, quartiere Fleming (via Saverio Nitti)? Inscenò davvero una finta rapina? Non disse nulla? Perché l’orefice sparò a bruciapelo? Lo conosceva? Non lo aveva mai visto, nonostante abitassero a pochi isolati l’uno dall’altro? Perché non venne fatto il processo di secondo grado e ci si fermò alla prima sentenza che assolse Bruno Tabocchini per legittima difesa? Scrive Chiappaventi: “La lobby dei gioiellieri era così forte da poter salvare uno dei suoi che aveva sparato alla persona sbagliata, quando tanti orafi praticamente ogni giorno venivano rapinati e qualche volta ammazzati dai banditi?”. Il 18 gennaio 1977 è una giornata fredda, piovosa. Re Cecconi sta per rientrare in squadra dopo un lungo infortunio. E’ definito “il saggio” dai suoi compagni: semplice, equilibrato, senza vizi. Non ha il porto d’armi. Ha giocato in una formazione che Pier Paolo Pasolini definì “delirante”, capeggiata da un centravanti bizzoso, Giorgio Chinaglia, che si divertiva, con gli altri, a sparare ai lampioni dalla finestra di un albergo, durante i ritiri. Quella compagine si è disciolta in poco tempo, ma Re Cecconi è ancora un personaggio osannato dai suoi tifosi. Guy Chiappaventi ricostruisce la dinamica di quella maledetta sera che lo ha ossessionato da sempre. Un giocatore giovane, bello, ricco e famoso perde la vita. Perché mai avrebbe dovuto fare uno scherzo idiota? Le carte di quel processo sono controverse. Il compagno di squadra Pietro Ghedin, che era con Re Cecconi, non sente nulla a quanto sembra, e neppure un profumiere che accompagna i due. Il gioielliere è provato da agguati avvenuti qualche tempo prima. In una Roma assai pericolosa, negli Anni di piombo, ha già sparato. L’ora tarda, prima di cena, è proprio quella delle rapine. Le ricostruzioni non bastano per spiegare cosa è successo in un budello di negozio confinato in una zona signorile della capitale. Re Cecconi non c’è più da tanto tempo, ma la sua memoria è leggendaria. Chi muore giovane diventa caro agli dèi. Morì un campione, un eroe che da carrozziere nell’hinterland milanese, aveva trovato fortuna come mezz’ala, in serie A, partecipando anche ai Mondiali del 1974. A 28 anni sembrava invincibile, specie quando correva in campo dalla fascia sinistra per spostarsi al centro.
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: Il nostro Giorgione - 02 Feb 2017, 18:39
Non ho interessenze, lo giuro! Ma mi sono imbattuto in questa recensione e ve la giro - per i VdM come me, ma soprattutto per i ragazzi che Cecco non l'hanno conosciuto.

Vivo a Milano da tanti anni, e mi ha sempre colpito questa misteriosa assonanza che ha portato tanti lombardi puro sangue (lui, Pulici, il Garla, Acerbis, Monelli, Casiraghi, Signori, Inzaghi e altri) a innamorarsi della Lazio - come io oggi sono innamorato di (quel che resta di) questa terra e di questa gente.

Aveva un volto bianco e tirato
Guy Chiappaventi
Tunué, 144 pp., 14,90 euro

Fu una tragedia che sconvolse l’Italia sportiva, emotivamente, e che avvenne in circostanze del tutto casuali, come sul set di un film western. Non riguardò una persona qualunque, ma un giocatore simbolo della Lazio campione d’Italia nel 1974. Biondo tanto da sembrare un nordico: Luciano Re Cecconi. In "Aveva un volto bianco e tirato", Guy Chiappaventi ripercorre meticolosamente il caso. Cosa disse il calciatore entrando in una gioielleria di Roma, quartiere Fleming (via Saverio Nitti)? Inscenò davvero una finta rapina? Non disse nulla? Perché l’orefice sparò a bruciapelo? Lo conosceva? Non lo aveva mai visto, nonostante abitassero a pochi isolati l’uno dall’altro? Perché non venne fatto il processo di secondo grado e ci si fermò alla prima sentenza che assolse Bruno Tabocchini per legittima difesa? Scrive Chiappaventi: “La lobby dei gioiellieri era così forte da poter salvare uno dei suoi che aveva sparato alla persona sbagliata, quando tanti orafi praticamente ogni giorno venivano rapinati e qualche volta ammazzati dai banditi?”. Il 18 gennaio 1977 è una giornata fredda, piovosa. Re Cecconi sta per rientrare in squadra dopo un lungo infortunio. E’ definito “il saggio” dai suoi compagni: semplice, equilibrato, senza vizi. Non ha il porto d’armi. Ha giocato in una formazione che Pier Paolo Pasolini definì “delirante”, capeggiata da un centravanti bizzoso, Giorgio Chinaglia, che si divertiva, con gli altri, a sparare ai lampioni dalla finestra di un albergo, durante i ritiri. Quella compagine si è disciolta in poco tempo, ma Re Cecconi è ancora un personaggio osannato dai suoi tifosi. Guy Chiappaventi ricostruisce la dinamica di quella maledetta sera che lo ha ossessionato da sempre. Un giocatore giovane, bello, ricco e famoso perde la vita. Perché mai avrebbe dovuto fare uno scherzo idiota? Le carte di quel processo sono controverse. Il compagno di squadra Pietro Ghedin, che era con Re Cecconi, non sente nulla a quanto sembra, e neppure un profumiere che accompagna i due. Il gioielliere è provato da agguati avvenuti qualche tempo prima. In una Roma assai pericolosa, negli Anni di piombo, ha già sparato. L’ora tarda, prima di cena, è proprio quella delle rapine. Le ricostruzioni non bastano per spiegare cosa è successo in un budello di negozio confinato in una zona signorile della capitale. Re Cecconi non c’è più da tanto tempo, ma la sua memoria è leggendaria. Chi muore giovane diventa caro agli dèi. Morì un campione, un eroe che da carrozziere nell’hinterland milanese, aveva trovato fortuna come mezz’ala, in serie A, partecipando anche ai Mondiali del 1974. A 28 anni sembrava invincibile, specie quando correva in campo dalla fascia sinistra per spostarsi al centro.


Molto ci manca Luciano: conservo ancora il quaderno nel quale il giorno dopo ho scritto il "tema a piacere", dal titolo: Hanno ucciso Re Cecconi! Mia moglie mi prende per matto, evvabbè.

E meno male che c'è sempre qualcuno che canta
e la tristezza ce la fa passare...
se no la nostra vita sarebbe una barchetta in mezzo al mare,
dove la vita è un lavoro a cottimo ...... e il cuore un cespuglio di spine.
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: COLDILANA61 - 02 Feb 2017, 20:31
Un paio di anni fa accompagnai mia figlia ad una partita a Nerviano .

Passai davanti al campo sportivo "LUCIANO RE CECCONI"

Rimasi di sasso . Non ricordavo questo particolare .

30 secondi di flashback e mia figlia che non capiva perche' ci eravamo fermati .

Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: biancocelestedentro - 02 Feb 2017, 22:00
OT
@aventiniano: per la precisione Inzaghi è di Piacenza. È vero che superato il ponte sul Po dalla città  si arriva direttamente in Lombardia ma sempre di Emilia parliamo.
EOT
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: PabloHoney - 18 Gen 2018, 11:34

(http://preview.ibb.co/fR9oBm/luciano_re_cecconi.jpg) (http://ibb.co/hr1Pj6)
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: blu73 - 18 Gen 2018, 11:41
(http://image.ibb.co/iA1ocR/re_cecconi1.jpg) (http://ibb.co/mcc5P6)
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: tashunka-witko - 18 Gen 2018, 16:47
La mattina dopo andai con la mia famiglia a trovare i parenti fuori Roma, ero seduto sul sedile di dietro, avevo 11 anni leggevo il Messaggero e piangevo.....
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: MrOlrac70 - 18 Gen 2018, 23:55
Riposa in pace Luciano
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: bak - 19 Gen 2018, 11:55
Un paio di anni fa accompagnai mia figlia ad una partita a Nerviano .

Passai davanti al campo sportivo "LUCIANO RE CECCONI"

Rimasi di sasso . Non ricordavo questo particolare .

30 secondi di flashback e mia figlia che non capiva perche' ci eravamo fermati .

Andai a vederci un'amichevole contro la Pro Patria nell'anno del -9.
Partimmo col bus della STIE da Piazza Sempione, tappa al cimitero, poi al campo sportivo con un mio amico teatino. Durante il primo tempo mi sedetti tra Onofri e Garlini, poi riuscii a entrare in campo e parlai con Fascetti; Pin mi procurò due ingressi per Modena il sabato di Pasqua.
 
Quanto mi manca Cecco, giocatore dalla forza mostruosa.
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: tommasino - 19 Gen 2018, 12:38
Avevo 11 anni, fu la prima notizia veramente brutta ed incomprensibile della mia vita.
Luciano Re Cecconi, semplicemente un grande.
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: Cirrus Minor - 19 Gen 2018, 14:17
Re Cecconi era un grandissimo giocatore. Se avesse militato in una delle strisciate sarebbe stato fisso in nazionale. Lo ricordo con piacere e avevo 13 anni quando anch'io vidi in tv la notizia della scomparsa con il cronista ancora incredulo per quello che era accaduto....

 :( :( :(
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: biancocelestedentro - 18 Gen 2019, 07:32
Quarantadue anni oggi dalla sua scomparsa.
Un bacio al cielo biancazzurro.
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: RubinCarter - 18 Gen 2019, 07:46
Oggi sono

42
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: natoil26maggio - 18 Gen 2019, 10:05
Giusto qualche settimana fa, chiacchierando con un protagonista dell'epoca, è uscito il racconto di quando andò all'obitorio e gli sembrò impossibile che qul corpo nudo, giovane, atletico, apparetemente sanissimo, potesse essere privo di vita a causa di quel forellino sul petto.
Avevo manco sei anni, cenavamo in cucina e i miei avevano l'abitudine di tenere la TV in sala da pranzo accesa per sentire il TG della sera. Ricordo come fosse adesso mio padre cambiare improvvisamente espressione, alzarsi da tavola e correre in salone per capire. Al ritorno, faccia tetra che non gli avevo mai visto prima... "è morto Re Cecconi!". Capii soprattutto che era successo qualcosa di incredibile. E poi ricordo di quando, portandomi a vedere la Primavera, mi indicava un ragazzetto col caschetto biondo (Agostinelli, ovviamente) e con il fardello di poter diventare il nuovo 'Angelo Biondo'   
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: MisterFaro - 18 Gen 2019, 10:55
Giusto qualche settimana fa, chiacchierando con un protagonista dell'epoca, è uscito il racconto di quando andò all'obitorio e gli sembrò impossibile che qul corpo nudo, giovane, atletico, apparetemente sanissimo, potesse essere privo di vita a causa di quel forellino sul petto.
Avevo manco sei anni, cenavamo in cucina e i miei avevano l'abitudine di tenere la TV in sala da pranzo accesa per sentire il TG della sera. Ricordo come fosse adesso mio padre cambiare improvvisamente espressione, alzarsi da tavola e correre in salone per capire. Al ritorno, faccia tetra che non gli avevo mai visto prima... "è morto Re Cecconi!". Capii soprattutto che era successo qualcosa di incredibile. E poi ricordo di quando, portandomi a vedere la Primavera, mi indicava un ragazzetto col caschetto biondo (Agostinelli, ovviamente) e con il fardello di poter diventare il nuovo 'Angelo Biondo'

Ricordi simili, avevo 8 anni, le persone che me lo hanno detto non erano della Lazio ma erano sgomente come me e con le lacrime agli occhi per la morte di quel giovane mito
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: meanwhile - 18 Gen 2019, 13:17
(https://pbs.twimg.com/media/DxL6tvyX0AA4DgX.jpg)
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: kurt - 18 Gen 2019, 13:49
(https://pbs.twimg.com/media/DxL6tvyX0AA4DgX.jpg)
Che trauma la sua perdita: ogni volta che vedo questa foto ho un tuffo al cuore. 
Che foto: il prototipo del centrocampista moderno e una maglia meravigliosa nella sua semplicità.
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: Cirrus Minor - 18 Gen 2019, 18:25
Che trauma la sua perdita: ogni volta che vedo questa foto ho un tuffo al cuore. 
Che foto: il prototipo del centrocampista moderno e una maglia meravigliosa nella sua semplicità.

Ancora oggi avrebbe fatto sfracelli al centro e sulla fascia. Quanto era forte....
Titolo: Re:Luciano Re Cecconi
Inserito da: Nesta idolo - 25 Ott 2019, 12:22
Il '68, la politica e la scoperta di un nuovo eroe: Luciano Re Cecconi
di MARCO RUFFOLO

30 dicembre 1973, la Lazio batte il Milan e lo scudetto diventa un traguardo di cui la squadra allenata da Maestrelli è consapevole. "...Lo vedo ancora con gli occhi dei ragazzini alle prese con le figurine dei loro miti. Ma non me ne vergogno affatto..."
Devo ammetterlo: il mio pur piccolo e adolescenziale Sessantotto mi aveva malinconicamente allontanato dallo stadio, appuntamento forse troppo disimpegnato per il clima di quei tempi, segnato dalla spasmodica attesa che qualcosa di sconvolgente stesse per smuovere la grande palude della politica, non solo in Italia. Mi limitavo così a seguire la Lazio tramite le voci familiari di Ciotti e Ameri, da solo, sul divano dell’ingresso di casa dei miei nonni, mentre genitori e parenti smaltivano tra chiacchiere e pennichelle il sovrabbondante pranzo domenicale. Eppure il mio esordio a un passo da quel verde abbagliante che si apriva come un palcoscenico irreale mentre salivo la gradinata della Tevere, in un freddo Lazio-Bologna del ’67,  mi aveva letteralmente stregato. Accompagnato da mio padre (laziale per via di Piola e dei colori olimpici) andavo a vedere una squadra esile esile, con Cei, Pagni, Zanetti e il Gaucho Morrone, che tuttavia riuscì incredibilmente a battere il grande Bologna, per la verità un po’ ammaccato dalla umiliante batosta coreana: ai Mondiali dell’anno precedente i bolognesi costituivano infatti il fulcro della Nazionale. Non a caso, “Ah coreani!” era l’insulto più frequente che si sentiva in quell’Olimpico sbandierante di celeste, fatto di padri con cappelli da muratore e sfilatini con mortadella. Ma non fu quella la mia partita della vita.

Dal ginnasio al liceo, vedevo intanto lo spirito del Sessantotto svanire rapidamente, la confusa allegria libertaria soppiantata dal catechismo dottrinario del gruppi extraparlamentari. La fantasia sostituita dalla liturgia. Nello spazio lasciato dalla delusione politica tornò a scalpitare in me - questa volta definitivamente e in misura sempre più preoccupante - la sciocca, nobile, demenziale, autentica, masochistica passione del tifoso. Aiutato, in questa metamorfosi, da una Lazio completamente rifondata, che nel ’72-73 salì in serie A e arrivò a un passo dallo scudetto, giocando “all’olandese”.  Quell’estate, dopo la maturità, convinsi il mio amico di infanzia Fabrizio, che per il calcio non mostrava in realtà alcun particolare interesse, a venire con me qualche volta allo stadio. E lui, che aveva bisogno ancora più di me di disintossicarsi dopo una lunga esperienza a Lotta Continua, accettò. Vedemmo insieme un Lazio-Novara di Coppa Italia, dove per qualificarci avremmo dovuto vincere con almeno quattro gol di scarto: era la prima volta che vedevo giocare il pazzo squadrone di Maestrelli. Vinse sei a zero, uno spettacolo che non avevo mai visto. Mi colpì la forza trascinante di una mezzala dalla chioma bionda. E il mio tifo diventò euforia. Euforia solo momentaneamente interrotta dalla follia di Lazio-Ipswich, partita falsata da un arbitro visibilmente ubriaco e macchiata dalla finale “caccia all’inglese” dei giocatori laziali.

Il 30 dicembre ‘73, eccomi ancora lì sugli spalti della Tevere a seguire una squadra già in testa alla classifica ma alla quale manca ancora uno strappo, un balzo in più, per fare credere veramente nello scudetto. Piove ma non troppo. Lo stadio si riempie fino all’inverosimile e tra quegli ottantamila c’è la consapevolezza che questa può essere la partita della svolta. Si sta più in piedi che seduti. La Lazio macina il suo gioco: la mobilità di tutti nessuno escluso, avanti e indietro, una specie di coreografia che disegna sul campo rapide traiettorie, improvvisi triangoli. E’ l’anticipazione di un gioco molto poco italiano. Quattro difensori dinamici davanti a un portiere che ispira sicurezza, e al centro una solidissima cabina di regia con Frustalupi e Nanni. In attacco: la classe di D’Amico, l’agilità di Garlaschelli e l’ariete Chinaglia. Ma poi c’è lui, l’uomo-ovunque, Cecco il saggio, “l’anti-eroe silenzioso”, come lo chiamerà Carlo D’Amicis, appassionato autore di “Ho visto un Re”.

Luciano Re Cecconi è davanti a me, e io, che ho già compiuto diciott’anni e dovrei dare prova di quella maturità che ho appena acquisito, lo vedo ancora con gli occhi dei ragazzini alle prese con le figurine dei loro miti. Ma non me ne vergogno affatto. Lui corre con i suoi tre polmoni. Forza e tecnica. E’ dappertutto. Davanti a lui c’è un altro macinatore di gioco, Romeo Benetti. D’Amicis racconta che nell’intervallo di un successivo Milan-Lazio, dovettero portargli la bombola d’ossigeno perché non riusciva a stare dietro al maratoneta biancoceleste. La partita non ha attimi di tregua. Rivera e compagni soffrono la manovra corale della Lazio, e  rispondono con pericolosi contropiedi. Ma a fermare Bigon ci pensa Pulici. Tira Chinaglia, tira Nanni, e trovano un Vecchi formidabile tra i pali milanisti. Manovra corale, sì, ma il mio sguardo va permanentemente a cercare quella chioma chiara in perenne movimento, che non può non risaltare sul prato di un Olimpico appesantito dalla pioggia. Sento che potrebbe essere lui a scardinare la difesa rossonera. Ma forse il mio è solo l’ingenuo wishful thinking di un ragazzino che cerca di imporre il suo Mito, quello di un campione sobrio e silenzioso, assai diverso dalla lazialità arrembante del suo opposto: lo sfrontato Chinaglia, quello che dopo il gol corre verso la Sud con l’indice sfidante.

Ma lui, Luciano, non sembra darmi retta. E poi non è lui a dover finalizzare le azioni. Fa tutto il resto e lo fa con un’energia inesauribile: dispensa passaggi, sradica palloni, rientra, torna avanti, taglia il campo decine e decine di volte. Questo, in fondo, è quel che gli si chiede.  Inoltre lo zero a zero non è affatto un brutto risultato e al novantesimo sembra ormai acquisito. Poi… Poi maturano improvvisamente quegli eventi che hai immaginato mille volte nei tuoi sogni infantili ma che a quel punto non ti aspetti più. Maturano senza particolari segnali premonitori, non come la misteriosa cabala del nubifragio di Perugia che ventisette anni dopo schiuderà la strada al secondo scudetto laziale. Un comune fallo sulla trequarti di Anquilletti, una trequarti versante Montemario, dunque difficile da inquadrare dalla Tevere. Aguzzo la vista. Quell’azione, che seguo confusamente da lontano, la rivedrò decine di volte in tv, studiandola con meticolosità, squadernandola in tanti preziosi fotogrammi. Chinaglia cede la palla a Frustalupi e il regista la lascia scorrere un po’ avanti prima di battere la punizione.

Sguardo alto a fotografare l’area milanista. Davanti a lui c’è Rivera che però non marca nessuno, forse si prepara a ribattere in contropiede la punizione. Ma subito alla destra di Rivera c’è lui, Re Cecconi. Passeggia quasi solitario a pochi centimetri dalla lunetta. Guarda Frustalupi e tra i due scatta l’intesa. Luciano trasforma improvvisamente la sua sorniona passeggiata in uno scatto bruciante, sette magiche falcate (le conterò successivamente davanti al ralenti dell’azione) mentre il regista gli detta un perfetto passaggio filtrante, e con l’ultimo passo libera il destro, quasi di punta, per l’infilata imparabile sul primo palo. Nel momento in cui mi unisco all’urlo possente degli ottantamila, mi sembra di aver cambiato da solo in quella manciata di secondi  il verso della Prevedibile Realtà. Come lo avessi preparato per tutta la partita, con un lavorio dell’animo, silenzioso ma determinato come il maratoneta di Nerviano. Mai sentito un boato così. Ed è così, con quell’interminabile urlo di gioia collettiva, che voglio ricordare Cecco, attraverso la mia (e la sua) partita della vita, mentre salta con le braccia al cielo, niente a che fare con i gestiti isterici, aggressivi e rancorosi di molti campioni di oggi. Lo voglio ricordare mentre piange (lui che non si commuoveva mai) e consegna alla Lazio la certezza che le mancava: questa volta sì, il primo scudetto della sua storia è finalmente a portata di mano, è quasi già scritto, e quel gol a sei secondi dal fischio finale è più forte di tutti i possibili perfidi scherzi del destino.

Da allora ho fatto in modo con tutte le mie forze che il ricordo del dolore che quattro anni dopo mi avrebbe stampato addosso la notizia della sua morte assurda, scolorisse rapidamente per ridare la precedenza a quell’attimo magico e irripetibile. Per la cronaca, il mio amico Fabrizio balzò in piedi insieme a me urlando, prima e ultima volta. Il calcio, evidentemente, non fa per lui. E quando durante un successivo derby venne allo stadio e si mise a leggere il giornale durante la partita, decisi che non lo avrei più portato. Ma, viste le “sofferenze” a cui ti sottopone il tifo, forse - anzi sicuramente - ha ragione lui.