Il 26 maggio 2013 era nella sala d'attesa della Terapia Intensiva Neonatale (dove era ricoverata mia figlia) e della rianimazione. Era esattamente da un mese che frequentavo quei reparti e un mese che, ovviamente, nonostante l'abbonamento in tasca, del calcio, anzi del mondo non mi interessava nulla. Anzi se avessi potuto avrei mandato un meteorite sulla terra per estinguere la razza umana. Mia figlia era un mese esatto che combatteva per vivere, che viveva per non morire. Speravo che vincesse la Lazio per un motivo, perché noi siamo più sobri nei festeggiamenti e quindi in caso di emergenza avrei raggiunto l'Ospedale con più facilità. Comunque, per non sbagliare, avevo prenotato per me e mia moglie in un ristorante lì vicino e saremmo tornati a casa solo a festeggiamenti calati. Verso le tre del pomeriggio mio fratello mi aveva mandato un sms dallo Stadio, lui aveva fatto i biglietti prima della tragedia e alla fine l'avevo convinto ad andarci in ogni caso. L'Olimpico in fondo era vicino all'Ospedale, sarebbe stato quindi vicino a noi più che se fosse rimasto a casa. Il risultato della partita me l'ha detto il padre di un ragazzo che lottava in rianimazione, era stato molto contento di avermi strappato un sorriso. Ho scoperto mesi dopo, quando eravamo diventati amici su fb, che sono accesi tifosi della Roma. Al ristorante mentre i clacson impazzavano per le strade di Roma, il cameriere mi chiese di che squadra ero, io gli dissi che non ero tifoso ma ero contento avesse vinto la Lazio. In quel momento era la verità.
Ho ripreso a vivere ad agosto, mia figlia era stata "promossa" in terapia subintensiva, non era più in pericolo imminente di vita e io sono tornato a lavorare, a leggere i giornali, a cercare di sapere chi aveva comprato la Lazio, a leggere fb e Lazionet (con l'immancabile vano f5 sul topic del calciomercato). Nell'incubatrice iniziavo a cantarle persino le canzoncine dello stadio sostituendo il nome di mia figlia a la Lazio. Sembrava particolarmente gradire quella che fa: "Ti amiamo, ti amiamo, ti amiamo, ovunque andrai saremo, saremo, saremo..." e in questo caso era la bimba e non la squadra a piacerci...
Mia figlia era seguita da più pediatri, la maggior parte dei quali godeva della nostra fiducia, uno mi ispirava anche simpatia, era quello dai modi più cordiali, riusciva ad essere professionale ed affettuoso senza essere mai affettato. Scoprii che era Laziale, ovviamente. Nei nostri discorsi su mia figlia riuscivamo, tramite la nostra Lazialità, a mettere quel minimo di leggerezza che riusciva a rendere meno insopportabile la situazione. Poco dopo le dimissioni per descrivere il nostro futuro disse che che la bambina era come la Lazio dei -9, incredibilmente sopravvissuta, ma con parecchio da recuperare e che avremmo avuto molto da lavorare per arrivare ad una giovinezza cragnottiana. La successiva maturità lotitiana sarebbe stato comunque un piacevole ridimensionarsi.
E oggi, dopo più di due anni, torno allo Stadio. E sono contento di farlo con questa Lazio che l'anno scorso ha dimostrato di saper lottare, proprio come noi. Per me, mia moglie, mia figlia questa è già una vittoria. Il risultato mi interessa relativamente, canterò nuovamente per la Lazio, mi rimetterò la maglia e al ritorno a casa bacerò una bambina bellissima che lotta per la normalità.
Non so che ci riserva il futuro, ma, come cantava il Califfo "non escludo il ritorno". Ovviamente non andrò a Leverkusen, ma qualche altra puntatina all'Olimpico spero proprio di poterla fare e magari chissà tra qualche tempo verremo tutti e tre a sostener la Lazio.