Non facciamo i riommanisti, vi prego. La crescita di una squadra e di una società passano anche per le disfatte come quella di ieri. In pochi minuti ci siamo mangiati un gol fatto, ne abbiamo regalati quattro con errori di tutti, dall'allenatore, al portiere rivelazione, al difensore grande promessa, al difensore grande certezza, al fantasista geniale, al centravanti bomber. Di colpo si è rotto tutto, si sono piantate gambe e cervello, temevo da mesi che potesse succedere, perché troppe cose si erano allineate bene, e il nostro equilibrio era basato sulla forma e l'ispirazione di pochi giocatori e su un solo modulo di gioco, che tutto potesse proseguire al meglio fino a fine stagione era praticamente impossibile, l'esperienza nostra e di altre squadre ce lo ha insegnato. Ieri sera era lecito sfogarsi, tirare cazzotti, bestemmiare, prendersela con tutto e tutti, ma dopo averci dormito sopra vorrei ridare a quello che è successo le giuste proporzioni. Già all'andata la Lazio aveva preso almeno un gol idiota e pesantissimo, quello del 2-2 (e anche sull'azione del rigore del pareggio, per me inesistente, aveva difeso comunque molto male). La partita era stata raddrizzata da un moto di orgoglio, una fiammata di venti minuti, basata soprattutto sulle accelerazioni devastanti di Felipe, che con un minimo di fortuna in più avrebbero potuto farci segnare il quinto gol. Nel complesso, però, contro un avversario tonico e quadrato, avevamo mostrato di essere fortemente vulnerabili. Ieri agli austriaci è bastato aspettarci e accelerare nell'ultima mezz'ora, addirittura dopo essere passati in svantaggio, per farci a fette. Togliere la fisicità di SMS, a posteriori, è stato un errore, inserire Nani per Leiva una decisione delirante che già in diretta era sembrata a tutti tale, ma, errori del tecnico a parte, la squadra non stava più in piedi, era completamente in bambola. Non me la prenderei con la superficialità, con le poche palle, ieri è successo quello che già era successo col Napoli, sia all'andata che al ritorno, e in misura leggermente minore nel derby di andata: la nostra è una squadra che cala all'improvviso, che spesso non regge 90 minuti ad alti livelli nelle partite più importanti, prendiamone atto. Abbiamo molti giocatori forti nell'undici titolare, alcuni fortissimi, altri meno. Abbiamo pochi ricambi e poca esperienza, un tecnico molto bravo ma con ancora poco pelo sullo stomaco, in buona sintesi non siamo la squadra a cui la stampa in malafede assegnava un terzo posto con la pipa in bocca, non siamo nemmeno una squadraccia da vilipendere perché abbiamo buttato una qualificazione che rappresentava un appuntamento con la storia.
Il (capo)lavoro di Lotito, Tare e Inzaghi non è in discussione per la sconfitta di ieri, il valore della rosa è molto alto, e, De Vrij a parte, i pezzi pregiati sono sotto contratto: possiamo continuare a crescere, la strada è quella giusta, cediamo Milinkovic se troviamo qualcuno disposto a darci una cifra esorbitante, e allarghiamo la rosa con qualche certezza e qualche scommessa sensata, questo permette il nostro budget, questo permette la nostra dimensione attuale, personalmente non rimpiango l'epoca di Mancini, Longo, Baraldi e Masoni, quando leggevamo di un possibile fallimento tutti i giorni. E le eliminazioni con rapido passaggio da 0-1 a 4-1 arrivavano pure allora, era il Porto di Mourinho e non il Salisburgo, ma in proporzione successe esattamente lo stesso blackout che abbiamo visto ieri.