Pan però non ha detto che il flaminio è un quadro o del tutto paragonabile ad un quadro.
Ha solo fatto notare perché il "famolo simile" o "ricordiamolo dai disegni e dalle foto" regge poco.
Che non è affatto la stessa cosa, io ad esempio ho sempre rosicato di aver potuto vedere la bastiglia solo attraverso rappresentazioni artistiche. Di potermi riferire ad essa solo attraverso una piazza, un'assenza localizzata, invece che una presenza.
Detto questo il paragone speculare coi quadri dando l'idea di non cogliere la differenza lo sta facendo chi non ne riconosce il valore. Immaginando, in modo ironico, le file di turisti che visitano il Flaminio per apprezzarne le soluzioni o, più realisticamente, la visita destinata ai pochi intenditori.
È chiaro che non è questo il modo con cui si conserva un'opera architettonica. Né è utile paragonarla ad un ponte, opera di ingegneria civile salvo rari casi (non a caso celebri).
Per restare su esempi fatti non è che le persone passeggiano sull'high line per apprezzare le scelte tecniche della metropolitana newyorkese di un tempo.
Chiaro che un'opera architettonica, se non può più essere utilizzata ai fini originari, si risignifica.
Vale per il 90% dell'archeologia industriale, tanto per fare un esempio.
Ad esempio Se fai del Flaminio un parco pubblico destinato ad eventi la gente ci va per quelli, non per vedere le soluzioni di nervi. Ma così facendo hai conservato e valorizzato le soluzioni di nervi.
Invece, se posso permettermi, mi sembra che qui non si riesca a concepire la conservazione se non su un piano prettamente storico.
So perché vanno conservati il Colosseo o Auschwitz, non perché dovrei conservare il mattatoio.
Ma come il mattatoio può diventare un'università, allora forse il Flaminio, se non si può adattare al calcio moderno (vediamo, non so dirlo), può divenire altro.
Anche perché il discorso "occupa spazio" è scivoloso e, ad avere qualche conoscenza in più, potrebbe essere fatto su altri manufatti che magari chi butterebbe giu il Flaminio considera intoccabili.
L'altare della patria, tanto per fare un esempio, è un'opera stilisticamente discutibile, un guazzabuglio di stili diversi che gli ha garantito il nome dispregiativo di "macchina da scrivere", che ha radicalmente cambiato la conformazione urbanistica del centro di Roma, le sue linee essenziali, trasformando i flussi assiali dell'incrocio via del Corso/viale Vittorio e la sua prospettica in un ombelico di Roma senza alcun rapporto con quel che c'era prima, oscurando il Palatino, centro politico-simbolico della città, occupando una caterva di spazio potenzialmente "utile".
Se il ragionamento è solo utilitaristico (e non solo visti i numerosi argomenti estetici apportati) questo deve venire giù molto prima del Flaminio.
Oppure... Oppure nel ragionare così mancano dei pezzi.