Ritengo che Boris, di cui ho consumato con entusiasmo tutte le puntate in pochissime settimane, abbia esaurito la sua forza propulsiva, individuata dalla sua natura satirica nei confronti delle ficton, della TV e, in ultimo, della società italiana. “Indietro tutta!”, altro sontuoso affresco satirico della TV (la quale poi avrebbe mostruosamente superato in peggio la grottesca raffigurazione di Arbore), non a caso durò solo due stagioni.
Alla terza stagione Boris ripropone inevitabilmente gli stessi cliché, anche se credo sia ingeneroso accostare il “Dai dai dai!” di René o il “mortanguerieri” di Biascica ai tormentoni dei comici da cabaret di serie B che fondano lo sketch solo su quello ("blblblbBUSCIODECULO!", per intenderci). Quelle dei personaggi di Boris sono le caratteristiche dei protagonisti e tali rimangono a puntellare una sceneggiatura che difficilmente riesce a rinnovare se stessa proprio in virtù dell’esaurimento della carica satirica che ha già raggiunto lo scopo. Sceneggiatura che però, secondo me, mantiene ancora spunti godibilissimi assieme a cadute banali quali Stanis che prescrive abusivamente dei farmaci o la troupe che prevedibilmente distrugge il set/casa della vecchina ingenua. D’altro canto, la tirata dello sceneggiatore riccio che invoca l’inserimento della
locura in questa italietta triste e bigotta, è una frustata di un certo smalto.
Per quanto riguarda il “romanismo” stolto (perdonate la tautologia
) di Biascica, è da rimarcare anche il dialogo tra lo stesso e lo stagista Alessandro appena arrivato sul set (prima puntata della prima serie): Biascica gli chiede “de che squadra sei?”. Alessandro lo squadra bene bene, si rende conto di chi ha davanti e risponde “Roma?”, per la soddisfazione del beota giallorosico e di noi laziali.
Me pare.