Rush di Ron Howard

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Offline Nanni

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Rush di Ron Howard
« il: 24 Set 2013, 15:32 »
Ho visto ieri sera l'attesissimo "Rush", di Ron Howard.

Come lui ha detto più volte in centinaia di interviste, non si tratta assolutamente di un documentario, ma di un film. Di un soggetto e una sceneggiatura tratti da una vicenda reale.

Per gli appassionati di automobilismo sparsi in tutto il mondo, l'attesa non era spasmodica, ma quasi. Era dai tempi lontanissimi del capolavoro "Grand Prix" (1965) di John Frankenheimer e (forse da "Le Mans" girato nel 1971 da Steve McQueen, o meglio il regista che ha effetivamente firmato l'opera era Lee Katzin), che non veniva girato un film di corse "serio". Nel mezzo ci sono stati mezze bufale come "Giorni di Tuono" e vere e proprie buffonate come "Driven".

Per "Rush" no. E i risultati ci sono tutti.

Forte di una produzione fortissima (extra-Hollywood, a quanto ne so, credo sia di base Inglese) l'ex-Rikie Cunningham ha fatto le cose per bene, scegliendosi il meglio, dallo sceneggiatore Paul Morgan, quello di Frost/Nixon, fino al truccatore (magistrale davvero) che era quello che ha trasformato Meryl Streep in Margareth Tatcher. E non solo, la selezione dei montatori, musicisti, scenografi e direttori delle fotografia era quanto mai all'altezza. E poi gli attori.

Daniel Bruehl, che fa in maniera strabiliante Lauda (rubando la scena, artisticamente, persino al protagonista principe- James Hunt, a parer mio) è molto molto bravo. Per entrare in parte ha raccontato che lui Niki Lauda vero, quel signore arcigno di 65 anni che gira oggi nei box (e che un po' [...] lo è stato davvero, sempre), ha voluto frequentarlo da vicino per diverse settimane. E che Lauda l'ha ricevuto educatamente in casa sua, ma l'ha avvertito ancora sull'ingresso: "Non disfare le valigie, ragazzo, perchè se mi stai sul cazzo ti caccio via subito..."

L'Australiano Chris Hemsworth è ugualmente in parte, debbo dire. Forse, avendo conosciuto di persona i protagonisti reali della vicenda, fa un po' impressione la sua fisicità un po' più minuta, meno "invadente". Hunt quello vero era alto, con le spallone un po' gobbe, la facciaccia vissuta, la camminata sbilenca, simile in qualcosa al giovane Chinaglia per intendersi, ma più goffo. L'attore è molto più "bello", più pulito, molto meno graffiante. Comunque notevole anche lui, ripeto.

L'intento del film era, ovviamente, quello di appassionare (al film) coloro che appassionati di Formula 1 non sono e forse non sono mai stati, e magari mai saranno. Proponendo loro una storia plausibile, emozionante, a suo modo anche commovente, di sport, di sfide estreme, di amicizia virile vera, di vicende puro anni '70, con un taglio ovviamente moderno, accattivante, rumoroso e caciarone il giusto. Il "molto" giusto, non ci sono le spacconate di Bruce Willis, nè le idiozie impossibili di Fast&Furious. C'è una storia bella, un po' romanzata (forse troppo, detto da chi l'ha potuta vivere quasi in prima persona, da molto vicino), che nel secondo tempo avvince molto di più, fino ad un finale davvero serrato, di grandissimo impatto, molto buono.

Il primo tempo mi è piaciuto meno. Ero partito con una auto-raccomandazione molto seria: adesso non ti mettere a fare le pulci al film, a beccare le magagne e le incongruenze, ché non ha alcun senso. Howard l’ha detto, NON è un documentario.

Ok, mi siedo ma (ripeto, conoscendo troppo bene la vicenda) mi è venuto facile rilevarle le cazzate e, confesso, rimanerci anche un po’ male. Tipo i contrasti esasperati fra i due, le litigate e i dissidi, molto “filmici” ma molto inconsistenti, quasi tutto “cinematografo” via. Voglio dire, la Formula 3 inglese del 1970 (ricreata in maniera assolutamente magistrale, quelle Brabham e Lotus, con i colori originali, la pista di Crystal Palace vicino Londa che non esiste più da trent’anni ricostruita in maniera sublime, davvero uno sforzo enorme) era una categoria mostruosa. La chiamavano la Fossa dei Leoni, c’erano gare con pacchetti di mischia di trenta, trentacinque macchine una dentro l’altra per tutti i giri, tutti assatanati, tutti col coltello fra i denti, a urtarsi le ruote e darsi caracche invereconde in ogni curva… e a vincere all’epoca erano stati almeno una decina di piloti in tutta quella serie infinita di gare della stagione (correvano praticamente ogni  weekend sopratutto in Inghilterra, ma anche in Europa, a Monaco, a Monza, al Nurburgring). Il film fa quasi capire che anche lì fu una lotta continua Hunt-Lauda, niente di più falso. Il giovane Lauda (due anni di meno di Hunt) si affacciò timidamente nella serie inglese con la sua Brabham privata, fece effettivamente una prima fila al Crystal Palace, come riportato nel film, ma per il resto dell’anno… non credo nemmeno che qualcuno del pubblico lo ricordi. Hunt invece in effetti faceva parte del top-level della Formula 3 di quell’anno, correndo spalla a spalla coi migliori, che erano Emerson Fittipaldi, Carlos Pace, Tim SChenken, Tony Trimmer, Mike Beuttler (tutta gente in seguito arrivata in F.1), ma soprattutto essendo rinomato per il soprannome Hunt-the-Shunt, Hunt-lo-Schianto, che gli avevano (chissà perché) affibbiato… Uno sfasciamacchine insomma…

Il film ne romanza troppo la fase-giovanile del primo tempo. Troppo. Poi, davvero nel secondo tempo decolla.
Avendo avuto l’onore di conoscerne qualcuno personalmente, devo dire che alcune scelte di attori a impersonare ruoli reali sono ottime. Una su tutti, Clay Regazzoni-Pierfrancesco Favino. Somiglianza fisica e di portamento del tutto plausibile, forse effettivamente Favino ancorchè truccato, è un po’ troppo grande. Regazzoni all’epoca aveva 33 anni, non ne aveva 40… Ottima l’attrice che fa Marlene Knaus, la prima moglie di Lauda, con cui ebbe due figli. Meno la moglie di Hunt, Suzy, che non è ben descritta, anche per il fatto che anche lei, pure se nel film sembra incredibile, con quel bellimbusto ci ha fatto due figli. Non all’altezza le altre “somiglianze”, davvero non opportune o addirittura trascurate. Tipo un banalissimo Enzo Ferrari (laddove Frankenheimer, cinquant’anni fa ci piazzò quel gigante di Adolfo Celi), un bruttissimo Lord Alexander Hesketh, e addirittura Montezemolo, all’epoca giovanissimo e rampantissimo direttore sportivo della Ferrari in camicia jeans (di Valentino…) e trasformato incomprensibilmente in una specie di capo-meccanico grosso e solido con i capelli ricci e le guancione rosse dal vino…

E soprattutto una dimenticanza seria. Questa sì, importante. Forse non funzionale alla storia, anzi, certo. Ma che avrebbe pututo dare un ulteriore taglio “mistico” (se mai ce ne fosse bisogno) alla vicenda: nel 1973 la Scuderia Ferrari era totalmente allo sbando. Venivano da quasi due anni di grandi successi, poi una macchina del tutto sbagliata, una serie infinita di ritiri, la stagione persa. A metà anno Jacky Ickx, la prima guida (una specie di Alonso di oggi) piglia e se ne va. E la squadra più importante del mondo rimane con un solo pilota, un ragazzetto secco secco di Como, un fascio di nervi , uno da 45 Marlboro al giorno, uno che ancora oggi a 70 anni suonati è ancora ingiro per circuiti a schiacciare, con macchinacce affittate, i capelli arricciolate, senza una lira e una passione per le corse perennemente bruciante: Arturo Merzario. Lui corre da solo le ultime gare dell’anno, con la macchina riveduta-e-corretta dall’Ing. Forghieri (che era stato precedentemente allontanato), e riesce tomo tomo cacchio cacchio a qualificarsi in una splendida terza fila al G.P. d’Austria (quella che oggi, a volte la Ferrari ancora si sogna…) . A fine anno la stampa italiana ne spinse a dismisura la riconferma, ma alla Ferrari prima ripresero in squadra Regazzoni e poi, grazie ai suoi buoni giudizi (avavano corso insieme alla BRM), scelsero il semi-sconosciuto Austriaco Niki Lauda. Ci furono settimane di fuoco sulla stampa italiana, si parlò di tradimento, Merzario fu costretto ad andare via, andò a correre alla Williams ma di fatto la sua cerriera in F. 1 ebbe fine. E Lauda, a Maranello vinse il Mondiale nel 1975 (dopo che Regazzoni aveva sfiorato il titolo l’anno prima).

Bene, tutto questo preambolo perché la nemesi arrivò due anni dopo, nel rogo del Nurburgring: uno dei quattro piloti che si fermarono a soccorrere Lauda, anzi quello che più di ogni altro si buttò dentro le fiamme, con un coraggio quasi disumano, lo afferrò per le spalle e lo tirò fuori da quell’inferno, fu proprio Arturo Merzario. Ma né lui, né Harald Ertl, né Guy Edwards e Brett Lunger ebbero da Lauda (che come ho detto, [...] era [...] davvero) ebbero mai, almeno ufficialmente, un grazie. Solo molti anni dopo (forse spinto da qualche sponsor, malignarono) Niki Lauda offrì ad Arturo Merzario un orologio TAG Heuer in segno di riconoscenza. Abbastanza fuori tempo massimo.

Consiglio: andatelo a vedere (e non lavoro per l’Agenzia di “Rush”…)


Offline Cliath

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Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #1 il: 25 Set 2013, 00:14 »
Grazie mille Nanni, volevo andare a vedere il film, ma ora dopo il tuo giudizio sono ancora più curiosa.  ;)

E grazie per la descrizione della dimenticanza finale, non da poco: sarebbe stato interessante se Ron Howard fosse riuscito ad inserire anche quella...

Offline Zoppo

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Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #2 il: 25 Set 2013, 08:14 »
Grazie Nanni...

Non sono un fanatico della Formula 1...
Ma starei ore ed ore a leggere i tuoi aneddoti su quegli anni...

Anzi se puoi e se ti va, posta altro che sono curiosissimo.

P.S mi hai fatto venire voglia di vedere il film...

Offline Nanni

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Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #3 il: 25 Set 2013, 11:06 »
Un'altra cosa che ho scoperto (non svelo niente, prometto), è che nella versione originale, in inglese, la scena finale, con le immagini reali dei protagonisti, James Hunt di allora e Niki Lauda di oggi, ha la voce fuori campo che è la voce reale di Lauda sessantaquattrenne. Nella versione italiana invece è la stessa voce (giovanile) del doppiatore di Daniel Bruehl.

Strano, perchè Lauda avendo gestito per decenni la sua compagnia aerea Lauda Air, credo conosca alla perfezione tutte le lingue del mondo. Evidentemente non sono riusciti a convincerlo a doppiare nella lingua del Paese tutte le versioni internazionali del film. Perché sentire quelle frasi, anche dure, tipo "non ho avuto amici nel mondo della Formula 1" oppure del tutto inaspettate e confesso, abbastanza sconvolgenti come "l'unico dei piloti che ho davvero invidiato è stato Hunt", dette con la sua vocetta striudula e quell'inflessione tedesca, avrebbe avuto un ben altro effetto scenografico.

Poi, avendoci a lungo ripensato ieri, devo dire che un'altra cosa secondo me è "mancata". E parlo a livello di regia, come scelta programmatica, a priori: la scelta dei figuranti. Le banali somiglianze (come ho accennato prima per i casi di Enzo Ferrari e Lord Hesketh) che nel complesso del film non sono state assolutamente curate. Vedere nelle concitate riunioni dei piloti che nel film compaiono più volte, facce anonime, acconciate accuratamente alla maniera degli anni '70 con basettoni, capelli luinghi e occhiali Carrera, ma di totali perfetti sconosciuti, non mi è piaciuto. Io, fossi stato Ron Howard, o meglio il suo responsabile del casting, mi sarei divertito da matti a cercare i sosia di Jody Scheckter, di Ronnie Peterson , di Jochen Mass etc. esattamente come hanno fatto benissimo con Clay Regazzoni.
E per gli appassionati di Formula 1 è abbastanza grave. Immaginate che facessero un film sulla Lazio del 74, con protagonisti ovviamente, Chinaglia, Maestrelli, Re Cecconi e che ne so, D'Amico. Con attori scelti ad hoc, perfetti e in parte come Daniel Bruehl con Lauda. E che invece per gli "altri", i Petrelli, i Nanni, i Badiani piazzassero quattro facce anonime, non somiglianti, irriconoscibili. Come ci rimmarremmo?
Ecco, gli appassionati di Formula 1 in quelle riunioni di piloti non sono stati in grado di riconoscerne uno! O meglio, un paio sì. Perchè una era una donna, e verosimilmente impersonava l'italiana Lella Lombardi che all'epoca era l'unica ragazza che correva in Formula 1, e l'altro era un tizio con una barba enorme e baffoni risorgimentali che non poteva che essere Harald Ertl, il pilota di una Hesketh che all'epoca era davvero così acconciato. Peccato.
Peccato.

Offline Dissi

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Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #4 il: 25 Set 2013, 11:25 »

Bene, tutto questo preambolo perché la nemesi arrivò due anni dopo, nel rogo del Nurburgring: uno dei quattro piloti che si fermarono a soccorrere Lauda, anzi quello che più di ogni altro si buttò dentro le fiamme, con un coraggio quasi disumano, lo afferrò per le spalle e lo tirò fuori da quell’inferno, fu proprio Arturo Merzario. Ma né lui, né Harald Ertl, né Guy Edwards e Brett Lunger ebbero da Lauda (che come ho detto, [...] era [...] davvero) ebbero mai, almeno ufficialmente, un grazie. Solo molti anni dopo (forse spinto da qualche sponsor, malignarono) Niki Lauda offrì ad Arturo Merzario un orologio TAG Heuer in segno di riconoscenza. Abbastanza fuori tempo massimo.



ci pensò la ferrari a ricompensarlo, seppur tardivamente
nella manifestazione che la ferrari fece a roma per il cinquantenario, con le macchine in parata per il centro, la 312-t2, in sostituzione di lauda che era in ospedale,  fu fatta guidare proprio a merzario

Offline Dusk

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Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #5 il: 25 Set 2013, 16:05 »
Dopo aver atteso per mesi questo film stavo fremendo per vederlo e avevo già programmato di andare nel weekend.
Poi che è successo? Ho letto le bellissime considerazioni di Nanni e tra un paio d'ore vado a vederlo.




(PS: Sempre sia lodato il Lux, unico Cinema, in questo piccolo paesino marginale di pochi abitanti lontanissimo dall'Occidente ed estraneo al mondo europeo chiamato Roma, a trasmettere i film in originale.)

Offline vaz

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Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #6 il: 25 Set 2013, 16:13 »
daje il Lux
ao me sa che se semo beccati inconsapevolmente

Offline Dusk

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Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #7 il: 26 Set 2013, 00:03 »
Un film emozionantissimo.

Sì, il primo tempo arranca un pochino. Il secondo però è di un'intensità indescrivibile. Sono stato con una specie di nodo alla gola per tutto il tempo. Una storia grandiosa, romanzata al punto giusto e adattata ai gusti del pubblico non avvezzo alla Formula 1, narrata magistralmente. Che bello. Lo rivedrei anche domani, quel secondo tempo.

Il difetto maggiore? Giuro che il secondo post di Nanni non l'avevo letto per timore di leggere troppe anticipazioni, ma... quanto è vero! Sono rimasto delusissimo dall'assenza totale di qualsiasi altro personaggio degno di nota. Lauda, Hunt, un po' di Regazzoni, e poi il resto dei piloti di quegli anni, che per me sono davvero mitici, avendone sentito narrare le gesta ma non avendole mai vissute, totalmente espulsi dal racconto, eclissati. Dispiace, perché davvero l'occasione era ghiotta e, come dice Nanni, anche io mi sarei divertito a fare il casting per i vari Andretti, Mass, ecc.ecc.
Davvero: un film sulla Lazio del '74 con tre o quattro facce note e il resto anonime comparse agghindate da calciatore generico dell'epoca.

Andatevelo a vedere.


(Tra parentesi, il mio solito strale anti-doppiaggio. Il film, in originale è al 60% in inglese, 30% tedesco e 10% in italiano, con addirittura inflessioni dialettali azzeccatissime. Aspetti che, immagino, nella versione italiana si perderanno totalmente.)

Offline Dusk

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Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #8 il: 26 Set 2013, 00:03 »
daje il Lux
ao me sa che se semo beccati inconsapevolmente

Me sa. E se non ricordo male ne avevamo pure parlato, qui. ;)
Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #9 il: 26 Set 2013, 05:17 »
Visto qualche sera fa.
Condivido abbastanza i giudizi di Nanni, considerando comunque che non è appunto un documentario e la storia è molto molto romanzata.
Ho vissuto quegli anni da piccolo con i miei zii, dentro nel mondo delle corse e, con tutti i difetti del film possibili
(e la storia in se alla fine non è una cosa eclatante, condita da tante forzature), l'aria scanzonata di quel circo, la paura dopo qualsiasi botto, la tensione prima, la gioia dopo le corse, sono riprodotti perfettamente e così fedelmente che fanno soprassedere alla mancanza dei basettoni di Vittorio, il profilo di Mario, il sorriso di Jacky, il biondo Ronnie, Jody sei ruote, le carrellate troppo veloci a quelle macchine così diverse, allora riconoscibili anche senza sponsor, artigianali.

Offline Nanni

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Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #10 il: 26 Set 2013, 13:25 »
Ma infatti, ciò che viene riportato in maniera appropriata e molto emozionante nel film è proprio quell'atmosfera di pericolo latente, ma immanente, che non scompare mai, quella paura cruda che ti fa friccicare lo stomaco anche quando li vedi che scherzano, quando ridono, bevono, giocano e scopano. Che è molto simile in qualsiasi altro film di tensione o di pericolo che vediamo, no? penso a certi western, a un film d'avventura ambientato dove vuoi, nella jungla coi leoni, nello spazio con gli alieni o in mezzo ai terroristi, ai soldati nemici o ai dinosauri. Dove c'è in ballo anche la vita. La propria vita.

Il fatto, decisivo e fondamentale, è che in quegli anni '70 e poi fino a tutti gli anni '80 e '90 (la tragedia di Elio de Angelis è del 1986, Senna e Ratzenberger del 1994, Alboreto del 2001), la morte era davvero una compagna di viaggio abituale per i corridori, sia di moto che di macchine.

Loro vivevano DAVVERO così, con lo stomaco strizzato, sempre.

Senza andare indietro agli anni '30, '40 o '50, quando davvero di quei 25/30 ragazzi che iniziavano una stagione di corse, a fine anno ne arrivavano poco meno di una dozzina, anche negli anni '70 un incidente fatale non era davvero un'eventualità remota. Solo un anno prima della vicenda del film, nel 1975, la Lola-Ford di Stommelen volò oltre il guardrail al GP di Spagna a Barcellona e morirono quattro spettatori; quattro mesi dopo al GP d'Austria morì l'americano fortissimo Mark Donohue, vincitore della 500 Miglia di Indianapolis. Dei "protagonisti" del film, Tom Pryce morì a Kyalami meno di sei mesi dopo l'incidente di Lauda, Ronnie Peterson a Monza nel 1978, Patrick Depailler a Hockenheim nel 1980, Rolf Stommelen nel 1983 in America. Da far tremare i polsi.

Certo, di progressi ne sono stati fatti, la sicurezza delle macchine e sopratutto delle piste ha fatto passi da gigante. Incidenti mortali ancora accadono (sopratutto fra le moto, ma anche nelle corse di auto) ma sono ridotti davvero quasi a livello di casualità.

Ciò ha comportato la caduta di certe prerogative insite nella natura stessa delle corse: il pericolo, l'audacia, il coraggio disumano, la capacità di reggere le tensioni, anche le più estreme. Portandoci però a quei circuiti di adesso, strasicuri ma anonimi, brutti, banali, mosci. Ci esaltiamo come pazzi per l'Eau Rouge di Spa-Francorchamps, l'unica curva-da-palle ancora esistente nel mondiale di F.1, forse solo perchè è l'unica curva "vera" che ancora esiste. Le altre, oggi le ha disegnate al computer l'architetto Tilke, tutte uguali, tutte senz'anima, tutte con vie di fuga ampissime, sicure. E completamente evirate, private di tutto il fascino, e il mordente. Ce n'erano altre, simili per concetto all'Eau Rouge: la Curva Signes a Le Castelet, le Acque Minerali a Imola, la Nordkurve a Hockenheim, il Karrousel al Nurburgring, la Doppia di Lesmo a Monza, la Curva Tarzaan a Zandvoort. Le hanno tolte, cancellate, modificate, snaturate, fatte sparire, tutte.

Proprio questo gli appassionati veri di automobiliamo un po' rimpiangono. Quell'atmosfera, che nel film debbo dire è resa molto bene, un po' epica, un po' pazza, un po' picaresca. Di quei trenta ragazzi più o meno benestanti, che si divertivano a giocare con la vita, col sorriso beffardo sulle labbra (e con l'anima in subbuglio, però).

I piloti di oggi, i ragazzi che corrono oggi non hanno quegli stessi sentimenti?
Ma certo che sì! Vallo a chiedere a Simoncelli, va'! Vallo a chiedere a Dan Wheldon, quello che vinse a Indianapolis nel 2012 e che è morto a Las Vegas manco cinque mesi dopo, perso in un mucchio di quindici macchine accartocciate correndo a 220 miglia all'ora su un circuito ovale.

Però loro, i piloti di adesso lo sanno che per qualsiasi errore, o guasto, o contatto, o banale imprevisto gli capiti, non troveranno mai un guardrail, un muretto, un palo telegrafico, lo spigolo di una casa o un albero a bordo pista. E questo, inconsciamente li fa andare di più, ovviamente, li spinge a rischiare e spesso a esagerare, senza alcuna remora, liberi, quasi immuni.

Allora, nel 1976, quando Niki Lauda e James Hunt correvano in giro per Spa-Francorchamps, al Nurburgring o a Watkins Glen, quello trovavano. Alberi, case, pali, muretti, al massimo la lama di un guardrail, che spesso faceva pure più male. E lo sapevano benissimo.

Offline MadBob79

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Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #11 il: 26 Set 2013, 14:14 »
Cacchio Na', la F1 m'ha sempre fatto addormentare (io una volta ero appassionato di motociclismo pure se ho sempre avuto terrore delle moto) ma ti starei a leggere per ore e ore.

cuchillo

cuchillo

Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #12 il: 26 Set 2013, 14:53 »
La cosa divertente, nel mio caso, è che odiando l'automobilismo e tutto ciò che è macchine, motori, cilindri e pistoni (per me un'automobile equivale a un frigorifero, a un rasoio o a un ferro da stiro), non sapevo come andava a finire.
Cioè, davvero non sapevo nulla, manco chi fosse questo Hunt. Mai sentito prima. 
Quindi, nel mio caso anche tanta suspence.

Dice...Ma perché ce sei annato? Perché cerco di vedere tutto.
Voglio dire, non mi sognerei mai di leggere saggi (o vedere trasmissioni) di gente che dice che esistono i vampiri. Ma i film sui vampiri li adoro.
Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #13 il: 27 Set 2013, 02:19 »
Nanni, ancora oggi c'è lo stomaco strizzato e quell'atmosfera picaresca... tra le moto.
Cercati il TT all' Isle of Man o la north west e se parli con qualche motociclista minimamente appassionato ti dirà che i piloti più forti sono Joey Dunlop,
Mc Guinness, Guy Martin... non i fighetti del motomondiale.
Guarda se non lo conosci "TT3D: Closer to the Edge".

P.s.: l'ultimo incidente mortale in F1 in gara o prove nel weekend è stato Senna (e Ratzenberger il giorno prima), vent'anni fa.
Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #14 il: 27 Set 2013, 09:17 »
Mi e' piaciuto molto, come sempre mi capita quando i film hanno una storia e una struttura 'forte' sotto.
Avevo 10 anni all'epoca, ma mi ricordavo benissimo le vicende, anche se non sapevo i retroscena.

Una domanda per Nanni, ma e' banale e forse anche un po' scema, ma visto che ha vissuto da vicino la storia...

Ma e' veramente accaduta la scena di Lauda e la futura moglie che danno un passaggio a quei due emigranti italiani?  :beer:

Offline Dusk

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Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #15 il: 29 Set 2013, 03:46 »
Mi e' piaciuto molto, come sempre mi capita quando i film hanno una storia e una struttura 'forte' sotto.
Avevo 10 anni all'epoca, ma mi ricordavo benissimo le vicende, anche se non sapevo i retroscena.

Una domanda per Nanni, ma e' banale e forse anche un po' scema, ma visto che ha vissuto da vicino la storia...

Ma e' veramente accaduta la scena di Lauda e la futura moglie che danno un passaggio a quei due emigranti italiani?  :beer:

Da Il Post:


Nel film Lauda conosce la sua futura moglie Marlene mentre sta andando via da una festa, dove era stato invitato da Regazzoni. Come ha raccontato di recente Lauda, la ricostruzione è abbastanza accurata: Marlene non riconobbe subito Lauda, pensò di avere a che fare con un tennista e, come nel film, gli diede un passaggio. In Rush c’è una scena divertente in cui due italiani, molto stereotipati, ottengono un passaggio sull’auto di Marlene e Lauda che si sono da poco conosciuti. Lauda ricorda l’episodio e ha confermato di avere guidato a grande velocità sui colli, come viene mostrato nel film. Lauda è rimasto sposato con Marlene fino al 1991, anno in cui ha divorziato.
Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #16 il: 29 Set 2013, 04:31 »
Mamma mia Nanni, che bella analisi  :))
Di solito non leggo mai post troppo lunghi, questa volta non ho potuto fare a meno.

Ho visto il film questa sera, condivido davvero tutto ciò che hai scritto, sia i pregi che i difetti.

Bello, lo consiglio. E consiglierei anche, nel caso non conosceste la storia di Lauda, di non andare a cercare informazioni prima di vedere il film.

Offline fabichan

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Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #17 il: 29 Set 2013, 14:17 »
L'ho visto ieri sera.
Devo dire la verità, mi è piaciuto più leggere il post di Nanni.  :beer:

Non che sia un brutto film, anzi, bravi attori e bella la ricostruzione di un'epoca. Però boh, ha un ritmo strano, proprio a livello di sceneggiatura non mi ha convinto.

Per inciso, di automobilismo non so nulla (ma davvero NULLA) e sono nato nel 76.

Offline Omar65

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Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #18 il: 29 Set 2013, 19:27 »
Nanni, ma perché non ci racconti qualcosa di quegli anni, visto che eri dell'ambiente?

E poi ormai credo la curiosità ce l'abbiamo tutti, quale era il tuo ruolo?

Offline Nanni

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Re:Rush di Ron Howard
« Risposta #19 il: 15 Set 2014, 16:13 »
Ho rivisto il film l'altra sera, l'hanno dato su Sky Cinema.
E il giorno dopo mi sono rivisto il secondo tempo a Sky-Cinema +1.

Lo ricordavo bene, e a distanza di un anno mi è piaciuto ancora.

Delle cose che avevamo scritto, confermo la delusione nel non fermarsi a contemplare le varie macchine, davvero di una varietà e di una singolarità davvero sublime, paragonate alle vetture-fotocopia degli ultimi dieci, quindici anni.

Tempo fa su un magazine inglese provarono a fare un gioco coi lettori, pubblicando le foto delle macchine prive di colori, numeri, sponsor, etc. Solo la silhouette. Ed era davvero difficile, se non impossibile riconoscere una Ferrari da una McLaren, una Sauber da una Williams. Quest'anno è diverso, per il nuovo regolamento che ha obbligato i progettisti a inventarsi tutti quei musi diversi, a proboscide, a tricheco, brutti da morire.

Ma allora, nel 1976 ne avevi di vedere di cose: la Lotus nera, la Ferrari bassa e larga per via di quel motore 12 cilindri boxer. Vale a dire, coi cilindri contrapposti, tipo la moto BMW che ha quelle due protuberanze davanti ai piedi di chi la guida... solo che la Ferrari 312 ne aveva sei per lato... Praticamente un motore a sogliola, basso, largo e lungo, che occupava tutta la parte (bassa) posteriore della macchina. E poi la March arancione di Vittorio Brambilla, un omaccione, un meccanico Milanese con le manacce da meccanico che esordì in Formula 1 a 39 anni... Oppure la Tyrrell a 6 ruote! tremenda, veramente innovativa. Il suo sviluppo fu bloccato perchè la Goodyear non voleva produrre le quattro gomme (piccolissime, cerchi da 10' in seguito le utilizzarono sulle Fiat-Abarth 500) del treno anteriore.

 

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