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Spero che l'esempio che segue possa chiarire un po'.
Detto questo è chiaro che credenze scientifiche e religiose non hanno la stessa valenza, ma figuriamoci.
Che la "morte di Dio" sia stata un enorme vantaggio per l'umanità e che lo sviluppo scientifico lo sia stato altrettanto è una precondizione che ho introdotto nel discorso e ribadito in quasi tutti gli interventi.
Nessuno vive in funzione del convincimento in cui un giorno potrà viaggiare in un decimo del tempo.
Molti vivono nel convincimento che l'Osservazione scientifica possa spiegare il mondo circostante e che dunque essa possa avere le risposte per vivere meglio (biologicamente, socialmente, economicamente, ecc).
Non devi considerare le implicazioni della singola scoperta, ma dell'intera Struttura.
Come consideri non le implicazioni di un singolo rito religioso, ma dell'intera Struttura.
Ho detto intenzionalmente onestamente giusta, perche' voglio dire che la risposta puo' anche essere sbagliata, ma e' quella giusta oggi al meglio delle nostre possibilita', e siamo pronti a cambiarla. Per me c'e' un abisso, ma saro' io.
E' proprio questo il punto. "al meglio delle nostre possibilità" allude ad un approccio ad esse unicamente quantitativo.
Come se le possibilità umane fossero un progresso scalabile attraverso la conoscenza, una "linea della Verità" che va dal basso (ignoranza) verso l'alto (conoscenza) , laddove invece le "nostre possibilità" si danno sempre anche in termini qualitativi.
Cosa implica questo? Che non c'è conoscenza giusta, perché non c'è conoscenza "al meglio delle nostre possibilità", ma solo conoscenza segnata da possibilità specifiche, localizzate, scelte o indotte che siano.
No, calma, quella è la conclusione a cui arriva un ricercatore incapace.
È come la barzelletta dell'addestratore di pulci, che ordina alla pulce di saltare, e dopo averle tagliato tutte le zampette, visto che non salta più conclude che è diventata sorda.
Mi immagino il titolo su una rivista di entomologia ottocentesca: Sulla sordità degli esapodi procurata dal taglio degli arti.
La ricerca scientifica può anche essere una cosa seria - mica sempre.
Mi state dicendo, tu e syrinx che dunque tutto si risolve con la categoria della serietà?
Ma veramente dite?
Dunque il problema epistemologico del metodo scientifico si può risolvere semplicemente "facendo i seri"?
Beh in effetti fate bene a prendere in giro la metafisica con una certa supponenza perchè voi si che vi siete liberati da credenze, superstizioni e dogmi rassicuranti....
Torniamo all'esempio della donna e a quello della pulce, perché a mio avviso calzano bene.
1) Altro che ricercatore incapace, un ricercatore capace avrebbe dedotto 300 anni fa che le donne sono un genere inferiore. Semplicemente perchè era così.
Conosco molto bene il principio per cui
correlation does not imply causation, in statistica si utilizza l'esempio neri/prigione negli USA o in alternativa drogati/prigione.
Ma se prendiamo l'esempio delle donne (ma potrei farlo anche, che ne so, con gli indiani prima della colonizzazione inglese) non rientra in ciò che dite. Il dato non è semplicemente dovuto ad una relazione di causalità attribuita ideologicamente.
Ogni evidenza empirica, ogni esperienza concreta, avrebbe dimostrato esattamente questo. La contemplazione non avrebbe di certo cambiato un dato esperenziale omogeneo: il genere femminile è sensibile, ingenuo, non avvezzo a gestire il potere. Insomma al di là dell'inferiorità o superiorità (che a mio avviso sarebbe stata comunque dimostrabile), si sarebbe potuta definire una "femminilità". Il genere femminile per come si era storicamente determinato. E su base di quella determinazione era assolutamente plausibile teorizzarne un'inferiorità più strutturale.
Ciò che cambia il genere (e non solo la sua visione) non è la contemplazione scientifica, ma l'azione storica, il femminismo.
Ed è solo una conseguenza dell'azione che oggi sia possibile una contemplazione diversa da quella di 300 anni fa.
Se ci fossimo limitati alla contemplazione, all'osservazione scientifica, questa non avrebbe fatto altro che confermare le credenze di allora (ruolo conservatore dell'osservazione scientifica di per se stessa).
Oggi l'osservazione scientifica opera allo stesso modo, seppur credendo di fare l'opposto.
Non è un caso che "la fine della Storia" è l'idea dominante oggi.
Perché se l'Osservazione mi consegna il dato di fatto, tale dato di fatto scientifico e comprovato, verificato, non se capisce se e in che termini possa essere superato.
Se oggi osservo l'economia e questa opera secondo leggi ipotizzate, allora riterrò tali leggi ipotizzate giuste.
La verifica mi consegna la validità della mia ipotesi, la sua conferma e dunque mi porta a confermare anche le conclusioni.
Da questo punto di vista, paradossalmente, il ricercatore che strappa le zampe alla pulce e osserva che essa non può saltare è decisamente più serio, altro che incapace.
Perchè non nasconde il ruolo imprescindibile del soggetto nella conoscenza e rende palese il legame tra azione e osservazione. La pulce non zompa perchè gli ho tagliato le zampe.
Le donne sono eguali perchè la loro uguaglianza l'hanno affermata centimetro per centimetro, non perché qualcuno l'ha osservata prima ancora che effettivamente ci fosse.
Ciò che osserviamo è il risultato di un'azione (consapevole o meno), non di una realtà/verità di fatto.
E' questo che la contemplazione di per sè non coglie e anzi tende a smentire.
Così come non coglie il dato qualitativo rispetto a quello quantitativo, proiettando un'immagine della conoscenza che è una progressione assoluta e lineare, laddove invece è una dimensione molteplice che non può essere studiata "al meglio", ma solo operando una scelta e solo quella scelta determina il dato osservato.
Ma al di là di questa mia posizione opinabilissima, mi sembra che l'atteggiamento che mostrate non sia poi così diverso da quello di un LL quando parla con un Gio.
Siete rassicurati da concetti che credete inossidabili, laddove questa inossidabilità rimanda solo ad un vostro convincimento (dogma?) interiore, non ad altro.
Credete, fortissimamente credete, fatevene una... ragione.
Dire che tutto è uguale a tutto - come fai tu -
Ecco, tanto per fare un esempio, dove avrei detto questo?
Oh, eppure ho scritto una cifra. E in questa montagna di parole non mi sono nemmeno avvicinato a dire questo.
Mai detto che Scienza e religione sono uguali. Mai.
Dunque perché hai la necessità di forzare a tal punto il discorso?