Dopo una seria immersione in Kuhn, Brigdman, Lakatos, Popper e Feyerabend posso riprendere la discussione.
(tutti i nominati sono filosofi della scienza che hanno trattato il tema dell'epistemologia, quasi tutti i nominati sono anche fisici. La cosa strana è che l'unico a non esserlo, Popper, è quello che sembra avere più seguito nella discussione passata).
In gran parte della discussione è emersa una concezione della scienza come cammino progressivo verso una "conoscenza rivelata" attraverso un metodo, quello scientifico degli ultimi 300 anni, che garantirebbe tale rivelazione attraverso la falsificazione progressiva delle teorie scientifiche e la loro sostituzione con teorie più "corrette".
Dinanzi all'oggettività di questo metodo la metafisica al pari della religione non sarebbe altro che pura speculazione, inutile quanto parziale.
Questa visione viene definita da Lakatos nella distinzione tra le varie scuole epistemologiche come positivismo militante. La convinzione della correttezza assoluta del metodo scientifico e della sua superiorità rispetto ad altre forme di conoscenza umane. Anzi va anche oltre perché lo stesso Popper, esponente di spicco di tale scuola, ammetteva come la metafisica restasse ciò che "guida i rappresentanti di una comunità scientifica nella ricerca".
Si perchè se c'è qualcosa che convince buona parte degli epistemologi da ormai un centinaio d'anni circa è che tale metodo, per una serie di ragioni, è tutt'altro che assimilabile al concetto di Verità. Anche non arrivando allo scetticismo di Feyerabend buona parte dei scienziati che si sono occupati di epistemologia concordano col dire che tanto le teorie quanto il metodo scientifico necessitano di premesse metafisiche per funzionare.
Tradotto: che a definire la Scienza non sia un procedimento né la trattazione razionale dei fatti, quanto alcune convinzioni metafisiche legate al contesto sociale che rendono "razionale" una cosa piuttosto che un'altra.
Quanto ho sostenuto io nella discussione delle pagine precedenti è che invece la concezione ormai ampiamente diffusa che la Scienza sia questa "scala progressiva verso la conoscenza" la rende del tutto analoga alla religione come scopo sociale e credenze personali (per quanto continui a differire nei risultati e nelle capacità di sviluppo tecnico).
Andiamo a esempi pratici per capirci.
l'astronomia tolemaica era in grado di predire buona parte dei fenomeni astronomici osservati per lungo tempo.
Viene superata dalla teoria copernicana non quando questa appare, bensì molto tempo più tardi quando una serie di bisogni sociali (e una serie di nuove concezioni filosofiche) impongono la prima sulla seconda. Non c'è Galileo senza scolastica. Non c'è pendolo senza concetto filosofico di impetus; per il caro Galileo sarebbe rimasto una semplice pietra oscillante.
Si può dire: beh, ma ormai è dimostrato che è la terra a girare attorno al sole e non il contrario.
Beh, è dimostrato anche che la fisica newtoniana non corrisponde alla realtà, eppure non essendoci il bisogno sociale di sostituirla questa rimane come base della meccanica, considerandola un "caso particolare".
Come ben spiega Kuhn questo non è altro che un artificio dialettico. Qualsiasi teoria scientifica può risultare corretta limitandone il cosiddetto "campo di validità", anche l'astronomia tolemaica.
Stessa cosa potrebbe essere riscontrata studiando le scoperte in chimica (l'Ossigeno) o relative all'elettromagnetismo. Ancor più a fondo si può vedere come i singoli concetti siano tutt'altro che oggettivi (definizione di una molecola di Elio per un fisico e per un chimico; la "Velocità" la "lunghezza" o il "tempo" sono concetti estremamente diversi a seconda di cosa stiamo misurando come ben dimostra Brigdman).
A cosa ci porta tutto questo?
Al fatto che la nostra concezione di scienza e di scienziato è in realtà un'eccezione piuttosto che la regola.
La cosiddetta Scienza Normale non lavora alla falsificazione delle teorie scientifiche dominanti, ma alla loro conferma. Gli scienziati si formano su manuali che non restituiscono l'effettivo percorso frastagliato per cui si è arrivati a quelle concezioni, ma solo il risultato finale che sembra così una via lineare verso la conoscenza che in realtà è del tutto artificiale. E' per questo, assieme al fatto che apprenderanno il "fare Scienza" all'interno di una comunità caratterizzata da convinzioni paradigmatiche, che tenderanno a confermare tali visioni piuttosto che smentirle. Anche perché, come ci ricorda sempre Kuhn, TUTTE le teorie scientifiche presentano anomalie e quindi sono TUTTE in qualche modo falsificabili. La scienza normale si pone rompicapi relativi al paradigma dominante e tenta di risolverli. Per confermarlo, non per smentirlo.
Ma ci sono sempre rompicapi insoluti. Quello che rende la necessità di superare un rompicapo insoluto attraverso una teoria alternativa è solo il bisogno sociale, la metafisica, la politica. Non il metodo scientifico, che è un metodo tendenzialmente conservatore (senza dare alcuna accezione negativa ad esso, molti epistemologi spiegano come questo conservatorismo sia essenziale per la solidità dell'impianto scientifico).
Solo a questo punto si producono diverse scuole di pensiero e la possibilità che emerga un nuovo paradigma (magari riprendendo credenze abbandonate perché ritenute inutili come molto spesso accade, dalla teoria Copernicana a quella atomica, ecc ecc).
Inoltre lo stesso metodo scientifico contemporaneo non è che una forma particolare di razionalità, che avrebbe avuto poco senso appena 400 anni fa e che probabilmente sarà ritenuto irrazionale tra altri 400 (dibattito Lakatos / Feyerabend).
Per concludere: la scienza e il suo metodo sono tutt'altro che un percorso lineare verso la conoscenza.
Rappresentano una credenza umana, è BASATA su credenze umane il cui cuore resta di carattere metafisico.
L'averla completamente oggettivizzata ha fatto sì che questa si sostituisse alla religione in termini di fede incrollabile non tanto in una teoria specifica, ma nel metodo e dunque nella sua capacità progressiva di costituire conoscenza.
In tal modo abbiamo avuto la resurrezione di Dio sotto forma della Dea Ragione anticipata da Robenspierre.
In cui l'essere umano abbandonato nel vuoto dell'Universo dalla scomparsa di un'Entità Sovrana ne ha trovata un'altra immanente che si mostra altrettanto incrollabile laddove invece tale incrollabilità è un puro carattere ideologico.
D'altronde, come diceva uno di questi grandi epistemologi, la conoscenza scientifica è anzitutto un fatto di Fede.