molto interessante.
Questa cosa si lega a quanto diceva Pan, il rapporto (malato) con la morte, che è meno scontato di quanto si pensi. Si da per scontato che la morte terrorizzi, ma è invece proprio un prodotto della modernità che ovviamente riguarda tutti, credenti o meno, perché non è che i credenti vivono in una realtà separata o non vengono condizionati dall'influsso della modernità, esattamente come i non credenti hanno una concezione della Storia di origine cristiano-paolina (lineare e segnata da "epoche", in cui si considera il dato e non le possibilità irrealizzate) seppur non ne siano coscienti, ben descritta dal famoso proverbio "la storia non si fa con i se e con i ma".
Mentre invece la Storia, per chi non si riconosce in tale tradizione teorica, si fa ESATTAMENTE con i se e con i ma.
La modernità è nevroticamente ossessionata dalla morte. Non tutte le culture, la modernità occidentale. Su questo Pan sbaglia. Ci sono innumerevoli culture al mondo che hanno tutt'altro rapporto con la morte, molto più sereno.
Vedendola - a mio avviso giustamente - come fine ineluttabile dell'Io, a cui non c'è seguito metafisico, non riesce ad affrontarla e tende a posticiparla il più possibile, nutrendo un subcosciente desiderio di immortalità.
Questo è giusto? E' un qualcosa di augurabile?
I fautori acritici del razionalismo scientifico diranno con grande tranquillità di si. Un qualcosa di quasi scontato (perché per loro è scontato che la direzione intrapresa dalla medicina negli ultimi cento anni sia oggettiva e non assolutamente soggettiva e dettata da assunti filosofici derivati della modernità).
Io dico assolutamente no. Allungare la vita umana fino a quasi 100 anni di media non è né sano né augurabile. La medicina dovrebbe occuparsi di vivere meglio intorno ai 70 anni, non di vivere così a lungo. Evitare che si muoia a 23 per un tumore o una malattia rara, non evitare che si muoia a 90.
La morte è un passaggio meraviglioso e necessario al rinnovamento della vita.
E badate bene, queste mie affermazioni possono essere corredate da tanti elementi assolutamente scientifici: le risorse disponibili e la loro distribuzione tra generazioni, la pervasività dell'impronta umana, finanché la determinazione INTERNA dello specifico umano.
E' assolutamente fisiologico che un giovane ed un vecchio ragionino in modo diverso in base alle fasi della propria vita. Il primo in modo più dinamico e aperto, il secondo basandosi sulla sua lunga esperienza.
Non è un caso che TUTTE le rivoluzioni siano state fatte da giovani , ossia da esseri umani il cui pensiero è in evoluzione e non è ancora del tutto consolidato.
Non è un caso che le nostre società occidentali soffrano di determinati problemi. Perché sono società vecchie, sempre più vecchie.
e tutto questo perché la modernità secolarizzata non ha saputo risolvere il suo rapporto con la morte e la vive con infinita ansia.
E si finisce per dire "non facciamo figli e campiamo di più".
Ma io ve risponderei "ma famo figli e accettate de morì per la miseria".
Ora, questo non significa che dovremmo uccidere i vecchi né disprezzarli. Viva i vecchi.
Semplicemente io non trovo assolutamente augurabile una società in cui si vive sempre più a lungo e in cui la ricerca medica punta a tale obiettivo.
E' una verità scientifica? No, è una concezione basata su giudizi di valore, su ciò che io credo soggettivamente.
Se tale concezione governasse il mondo la ricerca medica si dirigerebbe in altra direzione rispetto a quella attuale. Non per imposizione, ma perché sarebbe propensa di suo a farlo.
Ecco cosa significa che la scienza è SEMPRE diretta da altro rispetto al suo metodo, un "altro" che ha ben poco a che vedere col metodo scientifico.