Grazie per la segnalazione del libro di Foscardi. Ne avevo letto qualcosa tempo fa, non ricordo se tutto oppure no: devo vedere nelle mie disordinate librerie se c'è ancora.
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Corretto refusi.----
Il tema sollevato da ErNonno (e da altri prima di lui, in questo spazio) è delicato: si può esprimere un giudizio "morale", sui protagonisti di una guerra? Se nel caso degli "schieramenti storici" di un conflitto, un'analisi storico-filosofica può risolvere il problema, la questione non può dirsi risolta per i "singoli" protagonisti.
Il dibattito in materia è ampio (esempio famoso: Hannah Arendt e la "Banalità del Male").
Queste righe del filosofo Costanzo Preve, a proposito della biografia György Lukacs, aiutano a capire la posta in gioco:
In sostanza: "Etica della concretezza storica" contro "Morale astratta dei princìpi".
A fronte dei meccanismi burocratizzati ("era un ordine..."), spersonalizzanti e alienanti della riproduzione sociale - il sistema sociale che tutti ci avvolge - l'essere umano può riuscire ad evitare il conformismo che la migliore adattabilità al contesto gli suggerisce, grazie alla capacità di riflessione dell'"io".
Pensando la nostra identità - ovvero usando il linguaggio e la sua fondamentale funzione autoriflessiva, pur se mediata dal mondo che ci circonda - possiamo dunque entrare in contatto con la profonda e individuale - per quanto massificata - concezione di "essere umano" cui facciamo riferimento e decidere d'agire in base alle nostre profonde e irriducibili convinzioni morali (religiose, filosofiche, etc), calate nella concretezza storica che stiamo vivendo.
Gli "eroi" citati da ErNonno hanno scelto di fare qualcosa che il contesto suggeriva loro di non fare. E, da un punto di vista etico, sono degni della massima stima. Perchè davanti a loro - mi riferisco specialmente al soldato tedesco, chiaramente - hanno visto innanzitutto un "essere umano", "una donna incinta" e solo dopo tutte le "etichette" che le convenzioni del contesto storico-sociale attribuiva a colei con cui si rapportavano.
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Cio che fecero i nazisti e i fascisti - purtroppo - non fu una "Follia", modalità di spiegazione inconcludente e completamente destoricizzata - oggi tanto di moda: Trump è un pazzo! - che niente ci fa capire del "perchè" il "Male" accadde.
Le ragioni dell'ascesa di Hitler e Mussolini sono perfettamente spiegabili in termini storico-sociali e storico-filosofici; dunque, in termini razionali.
Fossero i "Cattivi" solo dei "Matti" (e magari in parte lo sono, ma qui dovremmo intenderci su cosa e quali siano le patologie "psichiche" e quelle "psico-sociali"), estirpare il "Male" dal mondo sarebbe molto più semplice...
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In conclusione - e rifacendomi ad alcuni post precedenti - la contraddizione tra il processo di "de-nazificazione" in Germania e quello di "de-fascistizzazione" in Italia.
Anche qui, tutto va analizzato in termini di concretezza "etica" e non in termini
astrattamente "morali"; inoltre, si trattò di un processo su più livelli: politico-istituzionale; socio-economico; socio-culturale; etc, etc.
Sul piano istituzionale (nonchè sociale ed economico; esempio: Fiat e Volkswagen) i princìpi "morali" andarono a sbattere con la necessità di continuare a far funzionare la macchina amministrativo-burocratica (e gli interessi socio-economici) dei due Paesi; all'epoca - con tassi di alfabetizzazione ben diversi da oggi (specie in Italia!) e una disoccupazione feroce - licenziare quasi tutti in tronco avrebbe significato gettare lo Stato (dunque la società) nel caos (lo stesso, incarcerando imprenditori ambigui, chiudendone le fabbriche).
Non si poteva fare di più? Certo. Ma, allora, bisognerebbe chiedersi perchè in Germania vinsero i conservatori clericali di Adenauer e in Italia la Democrazia Cristiana di De Gasperi; mica il Fronte Popolare o la Socialdemocrazia...
Dal punto di vista storico-culturale, invece, la "de-nazificazione" in Germania fu ben più massiva che la "de-fascistizzazione" in Italia.
Le ragioni di questa differenza possono essere intuite già scorrendo l'indice del libro di Filippo Focardi: la "Belva Tedesca" non è nata col nazismo, ma era un'immagine già forte nell'Ottocento, al tempo del Reich del Kaiser prussiano; a sua volta, questa era stata dedotta dalla mitologia storica del "Barbaro Invasore" del civile Impero romano...
Poi, il "senso di colpa collettivo" per il nazismo e il trauma della Seconda Guerra Mondiale furono così forti - e la legge morale dei vincitori così vincente, per fortuna - che la fine della Germania hitleriana fu percepita come una vera e propria "morte della patria": additati (in parte a ragione, ma le cose sono più complesse) come guerrafondai, colpevoli morali non solo della Seconda, ma anche della Prima Guerra Mondiale (la cui pace irresponsabile, imposta da USA-FRA-GB-Italia alla Germania guglielmina, gettò le basi per gli orrori della seconda); i tedeschi, dopo il 1945, dovettero di fatto rifondare se stessi. Prima attraverso un processo di silenziosa rimozione, poi per mezzo di un vivace dibattito culturale, post-'68, per fare i conti con il passato. Per intenderci: in Germania l'MSI (neo-fascista nell'ideale, democratico nei metodi istituzionali) non è mai potuto esistere...
In Italia questo "pentimento di massa" non avvenne, come spiega bene il libro di Focardi. Per tante ragioni: il "bonus" - atto fondativo della nostra Repubblica - della Resistenza "socialiberaledemocraticacristianacomuni
sta" dopo 20 anni di politica fascista e (ampio!) sostegno popolare al regime; la continuità dello Stato (ancora monarchico sotto il fascio, poi repubblicano); la mitologia dell'italiano bonario, pietevole cattolico, non adatto alla guerra (dalle invasioni franco-spagnole nel '500, alla dominazione austriaca, a quella napoleonica, sino a Caporetto; etc, etc).
Come diffuso luogo comune vuole: "Ah, se Mussolini non avesse seguito Hitler...". Il "primo" Mussolini fascista, per Hitler, era una fonte d'ispirazione; se non completamente in termini ideologici (questione ebraica), ampiamente in termini di metodo (purghe, botte, omicidi, istituzioni fantoccio, etc), strategia politica e simbologia del potere.
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Un grazie a ErNonno per il bel messaggio, emozionato ed emozionante.
Sarebbe una bella testimonianza da cui partire, per un lavoro storiografico incentrato sulla "Memoria".
Un abbraccio.