Apro questo topic come ibrido, una contaminazione tra generi diversi.
E' un topic commemorativo a 40 anni dalla morte di Pasolini, ma anche un topic critico, di riflessione storica e politica al contempo.
Parto da qui, da un bellissimo articolo di Wu Ming 1 uscito su Internazionale:
http://www.internazionale.it/reportage/2015/10/29/pasolini-polizia-anniversario-morteIn questo articolo Wu Ming 1 oltre a sottolineare gli aspetti più scomodi della vita e della produzione del celebre scrittore/regista, decostruisce in modo dettagliato la retorica costruita artificiosamente sul celebre testo di Pasolini "
Il PCI ai Giovani".
Una poesia la quale
...dopo averla letta tutta (tutta intera, non solo i 4-5 versi estrapolati e branditi come randelli da questo o quello scagnozzo) è difficile concludere che “Pasolini stava con la polizia”. Due riflessioni sono scaturite dalla lettura di questo articolo:
1) Pasolini è stato lungamente utilizzato in modo strumentale contro l'onda lunga del '68 nelle sue molteplici implicazioni. Utilizzato strumentalmente in primo luogo da quel PCI che leggeva quei movimenti come "piccolo-borghesi", "fascisti mascherati" e via cantando.
A leggere "il PCI ai giovani" viene da dire che se da una parte Pasolini critica gli studenti, dall'altra fa letteralmente a pezzi il PCI, mostrando grande lungimiranza sulla traiettoria che questo avrebbe poi seguito, fino alla miseria dei giorni nostri.
Pasolini non criticava quegli studenti per le forme di lotta o la radicalità assunta, ma perchè avrebbe voluto trasmessa quella ricchezza al Partito per rivitalizzarlo e renderlo davvero capace di assolvere il suo compito storico (ossia fare la rivoluzione, cosa che aveva da lungo tempo scordato).
2) Quanto Pasolini chiedeva "ai giovani" era assolutamente impraticabile.
Non solo perché il PCI era già irrimediabilmente segnato da quella traiettoria che avrebbe portato alla sua degenerazione progressiva, nell'esigenza di apparire un "partito responsabile" e nella presunta necessità di governare la fase storica in una sorta di collaborazione conflittuale con la DC.
Ma anche perché le modalità con cui intendeva l'ideologia comunista lo rendevano assolutamente impermeabile alle istanze portate avanti dai movimenti del sessantotto e degli anni seguenti.
Non sarebbe bastato "assalire Federazioni", "invadere Cellule", "accamparsi in via delle Botteghe Oscure".
Perché il problema era il Comunismo per come quel partito lo intendeva e per come intendeva se stesso e il suo ruolo.
Perchè a quel PCI mancava proprio l'eclettismo, la molteplicità, l'eretismo che caratterizzavano quei movimenti tanto quanto la produzione artistica di PPP.
E forse proprio per questo Pasolini chiude con quel "non ascoltatemi", rassegnandosi a salvare, sull'orlo della vergogna, "il dualismo fanatico e l'ambiguità".
E si domanda se forse non sarebbe meglio abbandonare, un po' luxemburghianamente, quel Partito e la sua (finta) rivoluzione per seguire i giovani e la loro (reale) Guerra al Potere.
Pier Paolo Pasolini, 2/11/1975 2/11/2015