la vittoria di Macri a mio avviso parla ampiamente della crisi della sinistra nell'intero sud America.
Il Brasile di Lula e post-Lula ha agito da vera e propria potenza imperialista a livello regionale nei confronti degli stati confinanti.
Piuttosto che aprire una stagione alternativa mettendosi al centro del cambiamento ha sfruttato i vantaggi della crisi economica per conquistare posizioni e oggi tale scelta la paga con una crisi profonda, politica e non solo.
Il Venezuela chavista e l'opzione bolivariana hanno vissuto una profonda regressione, in cui l'eccezionale protagonismo di popolo che aveva mantenuto Chavez al potere è stato sostituito da un regime sempre più accentratore e paternalista. Stesso dicasi per l'Ecuador e in grado inferiore per la Bolivia e l'Uruguay.
Questo perché, per dirlo con le parole di Houtart, non si è riusciti ancora a definire un nuovo paradigma in termini di "civiltà postcapitalista". Di conseguenza nei paesi citati si ha avuto piuttosto un'istituzionalizzazione dei soggetti sociali più dinamici, sussunti nelle strutture di potere (pensiamo ai movimenti indigeni di Morales o ai circoli bolivariani di Chavez).
Questo ha dato vita a sperimentazioni, anche interessanti e tutt'oggi non prive di vitalità, che però rimandano più ad un Capitalismo di Stato che non ha forme radicalmente alternative di organizzazione sociale.
Il processo non può essere dato per perso, ma è chiaro che anche queste elezioni in Argentina rappresentano un segnale chiaro. O si ha una nuova spinta progressiva, legata a passi in avanti concreti sulla via dell'alternativa, oppure il riflusso si avrà in termini sempre più importanti e a quel punto la meravigliosa speranza del continente sudamericano rischia di chiudersi davvero.