che non fu terrorismo ma guerra civile lo credevano giusto loro, più degli esaltati elitari avviluppati nelle loro astrazioni che gente votata all'aiutare la gente con tutti i mezzi. completamente staccati dalle compagini popolari. altro che partigiani.
ma in quali ambienti? E "loro" chi? Parliamo delle organizzazioni clandestine (BR, PL)? Dei gruppi armati? Dell'area extraparlamentare?
Possiamo mettere il sequestro di Macchiarini, quello di Moro o l'omicidio Rossa in un unico calderone?
E quale sarebbe invece l'azione politica "votata ad aiutare la gente"? è questo lo scopo di un progetto politico? (per me ad esempio no, io non faccio politica per aiutare la gente, altrimenti farei volontariato)
Mi sembra importante distinguere per essere storicamente rigorosi, soprattutto oggi in cui hai articoli che mettono BR e Lotta Continua praticamente sullo stesso piano, creando un'enorme confusione.
Sicuramente nei circoli del PCI la vulgata sugli extraparlamentari era questa.
Esaltati, astratti, violenti, separati dal "popolo", fascisti di sinistra, piccolo-borghesi.
L'Unità senza dubbio diceva questo.
Ma era vero?
Sulla linea di intransigenza il PCI detiene delle responsabilità gravissime e quindi fu assolutamente costretto a mantenere questo impianto interpretativo. In caso contrario avrebbe dovuto fare i conti con i suoi scheletri nell'armadio, con le sue malefatte, con le leggi speciali. Che non riguardano solo il rapporto con le BR o il caso Moro, ma con tutto ciò che era alla sua sinistra. Avrebbe dovuto ammettere i modi in cui aveva tradito un pezzo di classe operaia solo perché non funzionale a Botteghe Oscure.
Un caso su tutti: Bologna '77. O anche il voler evidenziare il solo epifenomeno delle organizzazioni clandestine per mettere all'indice l'intero quadro extraparlamentare, di cui il teorema calogero fu espressione più evidente.
A me sembra che la ricerca storiografica (basata anche sui rapporti degli Interni) oggi ci dica altro.
Anzitutto molte strutture di base del PCI mantennero le armi dopo la Resistenza e molto più dei servizi sovietici o di chissà quale altre trame oscure furono proprio queste armerie artigianali le primi fonti da cui attinsero i gruppi armati.
In secondo luogo un'attenta ricostruzione delle biografie farebbe subito notare che non pochi venivano proprio dall'esperienza delle giovanili di partito e dalla delusione per il suo ruolo nello scenario politico italiano.
In terzo luogo, come detto ieri, non si spiegherebbe l'elevata capacità e diffusione dell'iniziativa politica se non con il consenso che ebbe nei quartieri popolari. Certo, alcuni di loro, soprattutto quelli provenienti dal movimento studentesco, era gente di buona famiglia. Ma non è che se nascondeva ai Parioli. L'unica alternativa interpretativa che resta all'area del PCI, e non a caso è quella pompata negli anni, è quella del complotto. Ci sono riusciti perché aiutati dallo Stato deviato.
Il complotto è l'unico modo per non raccontarsi la verità, ossia che il fenomeno armato si sviluppa in un quadro più ampio di scontro sociale che aveva eccome un consenso. E grazie a questo consenso riesce a proliferare come una delle opzioni di scontro possibile, accanto all'opzione operaista, quella sinergica di LC, quella dei CUB di Avanguardia operaia, etc.
Il che non significa non ci fossero infiltrati. Certo che c'erano, come in ogni dinamica sociale da che mondo è mondo. Ma non si possono invertire i fattori arrivando a dire che la dinamica sociale fosse eterodiretta o peggio ancora separata dalla realtà sociale. Sarebbe una contraddizione in termini.
Altra cosa è dire, e su questo concordo, che il processo di militarizzazione e clandestinità portò le organizzazioni coinvolte ad una sempre maggiore separazione dalle istanze sociali e quindi anche dall'efficacia politica. Prese dalla loro guerra gli obiettivi militari (es. liberazione dei prigionieri) prevalsero su tutto. E proprio questo, più di tante altre cose, misura l'efficacia dell'azione dello Stato e l'errore madornale della strategia della lotta armata in clandestinità.
Che in un colpo solo separò quelle avanguardie dal loro mare, le piegò alla logica di una guerra non di massa ma tutta loro, su un terreno peculiare per lo Stato che ha una componente specifica ad occuparsene, finendo per fare il suo gioco e a dettare l'agenda politica e mediatica non, come all'inizio, sullo scontro sociale in atto, ma immediatamente su questa proto-guerra.
Il primo grande errore a livello storiografico e anche a livello di memoria è proprio ridurre quegli anni allo scontro stato-br. Perché già questo mi sembra il risultato condizionato dagli interessi dei vincitori. Lo stato volle deliberatamente ridurre quell'esperienza storica a questo scontro e ancora oggi riduce il tutto a questo nelle sue narrazioni. Lo Stato contro gli esaltati estremisti negli anni bui.
Quei dieci anni furono molto molto altro. Furono forse gli anni più belli del nostro dopoguerra.
Ma fece talmente paura quell'altro che va cancellato, riducendo il tutto al terrorismo. Ecco che allora la guerra non fu solo nelle menti dei brigatisti, ma quantomeno anche in chi oggi riduce a loro ciò che avvenne allora.